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Trento, report tavolo di lavoro “Agire sui Confini”

Una proposta per un'azione di monitoraggio e supporto dei migranti lungo l'asse del Brennero

“Senza confini” è il titolo dell’Olteconomia Festival 2016. E la mattina di giovedì 2 giugno si è riusciti a creare l’occasione perché si incontrassero coloro che combattono la crescente inviolabilità dei confini, o che vogliono imparare a farlo. Attivisti dal Brennero, da Calais, dalla Sicilia, da Ventimiglia, e persone che a Verona e Trento vivono la preoccupazione per il futuro del confine del Brennero, si sono trovate sotto i tendoni del festival. Ne è scaturito uno scambio di informazioni, pratiche, timori per l’evolversi repressivo della gestione delle rotte intraprese all’interno dell’Italia da quei migranti che non lasciano che la loro scelta autodeterminata di muoversi, anche a rischio della vita, sia compromessa dall’idiozia e inadeguatezza del sistema Dublino (per cui dovrebbero rimanere nel primo paese europeo cui mettono piede) o dall’arbitrio burocratizzato dell’oltretutto fallimentare programma di ri-allocazione tra Stati europei (solo 1500 le persone ri-allocate da Italia e Grecia sulle 160.000 previste 1 ).

Il dibattito è girato intorno a due bisogni, percepiti da tutti come cruciali in quello che si è condiviso essere un compito di facilitazione di una scelta, quella di spostarsi liberamente, presa dai e dalle migranti: l’informazione e la partecipazione.

Informazione come necessità di intercettare i migranti, creare legami di fiducia ed avere quelle conoscenze che permettono di spiegare loro quali sono i diritti che saranno costretti a pretendere perché non gli verranno riconosciuti, quali i rischi e quali le opportunità che incontreranno durante il viaggio. Un bisogno di informazione legato a doppio filo a quello di partecipazione: alla necessità di decostruire la sfiducia che il sistema gerarchico e militare di gestione dei flussi migratori genera nel migrante, all’importanza di attivare i migranti stessi nelle reti di solidarietà, di modo che anche le figure più fragili, come gli analfabeti e quelle nazionalità che non dispongono di forti reti informali di sostegno, abbiano accesso all’informazione. Sono stati fatti preziosi esempi pratici: dall’Alarm Phone, numero che già in Nordafrica viene consegnato a chi si vuole imbarcare, o ai suoi familiari, in modo da avere un contatto prezioso in caso di rischio della propria vita in mare; alla pratica dell’auberge des migrants di Calais di dotare i migranti di fogli che indicano la consapevolezza dei propri diritti da consegnare alla polizia in caso di fermo; alla guida “Welcome to Italy” che, all’interno di una rete europea, fornisce ai migranti una panoramica di diritti, rotte e contatti che possono attivare in Italia ed oltre.

E’ emerso, però, anche un forte monito di consapevolezza che la potenzialità di intercettare i migranti, di creare quelle occasioni di condivisione, di melting pot costruttivo che a Calais ha permesso di creare forti collaborazioni, è resa sempre più difficile in tutta Europa. Lo dimostra la repressione di Ventimiglia, dove la pratica dei fogli di via per gli attivisti e dello sgombero violento dei campi informali, arrivato fino all’ingresso in chiesa della polizia per “prelevare” migranti e solidali, cerca di minare quel clima di condivisione e scambio che i pranzi in comune in spiaggia erano stati in grado di creare. Lo ha spiegato bene Lucia di Borderline Sicilia nel descrivere gli “hotspot” non tanto come dei luoghi fisici, ma come una forma diffusa di dominio sui diritti delle persone che le schiaccia in percorsi burocratizzati, sempre più soffocanti, dove uomini in divisa decidono del diritto di qualcuno a restare immediatamente dopo lo sbarco. Nella Sicilia dell’approccio Hotspot gli attivisti incontrano i/le migranti spesso già dopo che qualcuno ha deciso della loro vita, ha minato le possibilità di fiducia e relazione. Lo ha descritto bene la situazione al Brennero, dove chi fa monitoraggio incontra sempre meno persone, perché il “muro del Brennero” non è al confine con l’Austria, è un muro di divise della polizia alla stazione di Verona o Bolzano, dove si fermano le persone in base al colore della pelle. La violenza, che lo stesso ministro dell’Interno Alfano pubblicamente vanta, è un sottofondo crescente in tutto questo: violenza poliziesca che in molti casi ha oltrepassato i confini della tortura, e che deve essere sempre più documentata e denunciata.

In questo contesto, la lotta contro i confini richiede sempre più formazione. Conoscenza dei diritti dei migranti e di chi li sostiene, per poter offrire quel sostegno solido che solo la competenza può garantire, come dimostrano i 4 minori a settimana circa che a Calais raggiungono la Gran Bretagna non nascosti in un camion ma a bordo di un Eurostar, grazie al faticoso lavoro di sostegno legale dei volontari del campo. E sempre più assunzione di rischio, nella consapevolezza che chi sostiene l’autodeterminazione dei migranti è osteggiato dal proprio Stato anche con la repressione.

Info: [email protected]

  1. http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/what-we-do/policies/european-agenda-migration/background-information/docs/20160518/factsheet_relocation_and_resettlement_-_state_of_play_en.pdf