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UE-Grecia: udienza sull’accordo con la Turchia

La Corte suprema amministrativa greca deciderà sui casi di rimpatrio verso la Turchia

(Atene, 09 marzo 2017) – Il 10 marzo la Corte suprema amministrativa greca esaminerà un caso – che potrebbe andare a costituire un precedente – riguardante due richiedenti asilo siriani che rischiano di essere rimpatriati in Turchia. Le domande di asilo dei due siriani sono state respinte in forza dell’accordo sottoscritto dall’Unione Europea con la Turchia nel marzo 2016 al fine di contrastare i movimenti migratori via mare verso la Grecia.

Data la rilevanza del caso, il 15 febbraio la Camera bassa del Consiglio di Stato ha rinviato il caso alla Grande camera per ottenere una decisione definitiva.
Un rappresentante di Human Rights Watch sarà presente al Consiglio di Stato, ad Atene, e a disposizione per le interviste.

Allo scopo di mettere in pratica l’accordo UE-Turchia, il Governo greco ha istituito procedure di frontiera accelerate, atte a consentire alle autorità di effettuare il rimpatrio dei migranti in Turchia. L’accordo è basato sul fallace presupposto secondo cui la Grecia e l’Unione Europea non sono tenute a valutare le esigenze di protezione individuale di quanti arrivano in Europa attraversando il Mar Egeo, nella misura in cui la Turchia è da ritenersi come un “paese terzo sicuro” o un “primo paese di asilo”.

Ad oggi non ci sono ancora stati casi di richiedenti asilo rimpatriati forzatamente in Turchia sulla base del fatto che la loro domanda di asilo fosse da ritenersi inammissibile perché gli stessi avrebbero potuto ottenere una protezione effettiva in Turchia. Molte delle decisioni in prima istanza, alle quali gli ufficiali addetti all’asilo provenienti da altri stati membri UE hanno preso parte, hanno stabilito che tali richieste di asilo fossero inammissibili. Tuttavia, precedentemente al giugno 2016, le commissioni di asilo responsabili delle decisioni di appello in Grecia hanno spesso rovesciato tali decisioni sostenendo che la Turchia non fosse un paese sicuro e che le domande d’asilo dovessero essere ammesse in Grecia per essere valutate regolarmente nel merito.

In seguito ad una modifica, intervenuta nel giugno 2016, alla composizione delle commissioni d’appello, in almeno 17 casi tali enti hanno riconosciuto la Turchia come paese sicuro, inclusi i casi dei due siriani le cui istanze saranno discusse in udienza il 10 marzo.

Sebbene nessun richiedente asilo sia stato ancora rimpatriato coattivamente, l’imminente sentenza della Grande camera potrebbe aprire la strada alla possibilità che numerosi richiedenti asilo vengano rimpatriati verso la Turchia senza che le rispettive richieste siano state prima valutate nel merito.

La Turchia mantiene in atto una limitazione geografica all’applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951, secondo la quale lo status di rifugiato non può essere riconosciuto ai richiedenti non europei. I richiedenti asilo siriani in Turchia incorrono in una serie di ostacoli in materia di registrazione, accesso all’istruzione, occupazione e assistenza sanitaria, nonostante che essi abbiano accesso allo status di protezione temporanea. Richiedenti asilo di altre nazionalità, inclusi iracheni e afgani, non possono fruire della protezione temporanea. In definitiva, il confine turco con la Siria rimane di fatto chiuso.

La sentenza della Grande camera metterà alla prova in maniera decisiva i presupposti alla base dell’accordo UE-Turchia e le discutibili argomentazioni secondo cui la Turchia sia capace di offrire una protezione effettiva ai rifugiati”, ha affermato Eva Cossé, ricercatrice per la Grecia presso Human Rights Watch .
Per i due richiedenti siriani, e molti altri in situazione analoghe, di fronte all’imminente pronuncia della Grande camera la posta in gioco non potrebbe essere più alta.”