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Un bilancio record di oltre 1.000 morti tra i migranti nel 2017, mentre le ONG sono sotto attacco per la loro attività di soccorso nel Mediterraneo

Lizzie Dearden, Independent - 22 aprile 2017

Photo Credit: Reuters

Più di 1.000 migranti sono annegati nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno, mentre continuano gli attacchi nei confronti delle organizzazioni umanitarie che lottano per arginare queste cifre record.

L’Agenzia dell’ONU per i Rifugiati (UNHCR) ha già registrato almeno 1.073 tra morti e dispersi nel tragico tratto di mare fra Libia e Italia, un lugubre traguardo che lo scorso anno era stato raggiunto solo alla fine di maggio.

Secondo l’Unicef, almeno 150 sono bambini, ma la stessa organizzazione avverte che il dato reale è probabilmente molto più alto perché le morti dei minori non accompagnati spesso non vengono registrate.

Il rischio di morire è così elevato che i migranti, imbarcati su fragili barconi, arrivano a scrivere sui giubbotti salvagente i numeri di telefono delle loro famiglie, perché possano essere avvertite in caso di ritrovamento del cadavere.

Solo nel weekend di Pasqua sono stato salvate più di 8.300 persone e alcune di loro hanno riferito alle squadre di soccorso che circa 100 dei loro compagni di viaggio erano morti durante la traversata.

Molti gommoni si sono rovesciati, facendo annegare i circa 170 migranti che erano stipati a bordo, mentre altri sono stati rinvenuti sui barconi morti per soffocamento, ipotermia o denutrizione, durante la deriva in mare.

E continua a crescere il numero di barconi messi in mare dagli scafisti, favoriti dalle migliorate condizioni meteo e per anticipare le voci di un possibile inasprimento dei controlli da parte della guardia costiera libica, con il supporto di finanziamenti e mezzi italiani.

Questa crisi senza precedenti ha contribuito al moltiplicarsi degli interventi da parte delle organizzazioni non governative (Ong), che hanno attivato le loro unità navali di soccorso, dotate di staff medici e di equipaggiamenti adatti a integrare gli sforzi messi in campo dall’UE con l’Operazione Sophia.

Dopo l’iniziale gradimento da parte delle autorità europee, il loro ruolo sempre più presente e attivo nel Mediterraneo ha incominciato a essere guardato con crescente sospetto da parte di esponenti politici e gruppi di destra, che oggi accusano le Ong di “collusione” con gli scafisti.

Medici Senza Frontiere (MSF), il cui personale opera su due navi soccorso, ha rigettato queste insinuazioni definendole “prive di fondamento”.

Stefano Argenziano, direttore operativo per i migranti di MSF, ha dichiarato di respingere ogni accusa di accordo con gli spietati scafisti libici, che hanno trasformato una crisi umanitaria in un prosperoso giro d’affari, contribuendo ad alimentare la guerra in corso nel Paese.

E’ un’accusa assurda, che distoglie l’attenzione dal vero problema”, ha dichiarato a The Independent.

Il vero problema è che le persone continuano a morire. Il sistema di assistenza è assolutamente inadeguato e incominciamo a chiederci se questo non faccia parte di un vero e proprio piano studiato per fermare il flusso migratorio: … la morte come deterrente.”

Argenziano sostiene che gli interventi effettuati per mezzo delle risorse UE, con l’eccezione della guardia costiera italiana, sono stati spesso “molto scarsi e tardivi” e critica pesantemente il rifiuto europeo di organizzare corridoi umanitari e rotte alternative.

Le operazioni di ricerca e soccordso dei naufraghi non sono il problema, ma non sono neanche la soluzione”, aggiunge Arenzano.

E’ necessario salvare delle vite, dato che i politici non riescono a produrre un’alternativa sicura e legale.”

Dopo chela rotta del mar Egeo è stata chiusa ai migranti dopo la firma del discusso trattato UE – Turchia dell’anno scorso, anche gli sforzi per una cooperazione con il fragile Governo di Accordo Nazionale della Libia sono stati intensificati.

L’Italia, con il sostegno dell’Unione Europea, ha firmato lo scorso febbraio un accordo per ridurre il traffico di barconi attraverso il Mediterraneo centrale, accordo che è stato poi sospeso dal Ministero della Giustizia di Tripoli e rimane a oggi in una situazione di stallo.

Roma ha accettato di fornire supporto alla guardia costiera libica (la stessa che è accusata di omicidi e violenze a danno dei migranti), con la dotazione di 10 nuove imbarcazioni e un finanziamento di milioni di euro per iniziative rivolte al problema dei flussi migratori.

Le organizzazioni internazionali ritengono che lo scopo ultimo di tale accordo, (trasferire alla Libia la responsabilità dei soccorsi in mare e trattenere i migranti presso centri di detenzione sul suolo libico), non sia umanamente sostenibile, considerando la guerra in corso e la tristemente diffusa pratica per cui i richiedenti asilo sono imprigionati, detenuti in condizioni di schiavitù, torturati e sottoposti a estorsione.

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Rob Mac Gillivray, direttore del programma di recupero e salvataggio in mare di Save the Children, sostiene che respingere i barconi a terra da acque internazionali sarebbe illegale.

Questo non fermerebbe certamente i viaggi dei barconi, ma anche nell’eventualità che funzionasse, servirebbe solo a dirottare i flussi verso altre rotte, come per esempio l’Algeria, la Tunisia o l’Egitto”, aggiunge Mac Gillivray, che respinge tutte le accuse di collusione con gli scafisti dirette alle Ong.

I trafficanti di uomini non si pongono il problema della sicurezza e useranno qualunque mezzo capace di galleggiare per mandare le persone attraverso il Mediterraneo.”

Se i soccorritori smettessero di operare domani, pensiamo che i trafficanti scomparirebbero o si farebbero da parte?

Nel 2015, le operazioni di recupero e soccorso erano condotte soprattutto dalla polizia italiana e dalle navi di EUNAVFOR Med o Frontex. Le navi delle Ong sono state coinvolte per meno del 5% dei salvataggi.

Ma oggi sono impiegate per rispondere a circa la metà delle missioni da parte del Centro di Coordinamento per il Soccorso in Mare di Roma, a cui fanno riferimento anche imbarcazioni della Marina Militare e della Guardia Costiera, oltre a navi commerciali.

Basta una rapida ricerca in Internet per trovare innumerevoli blog che accusano le Ong di collusione nel traffico illegale di migranti e, contemporaneamente, sono venute alla ribalta parecchie teorie complottistiche intorno a quella che i commentatori di estrema destra chiamano “l’invasione d’Europa”.

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L’ultimo personaggio politico che spinge per la chiusura della rotta mediterranea centrale è Wolfgang Sobotka, il Ministro degli Interni austriaco.

Il salvataggio in alto mare non può essere un biglietto d’ingresso per l’Europa, perché fornisce agli scafisti organizzati tutti gli argomenti per convincere i cosiddetti migranti economici a partire”, ha dichiarato all’agenzia di informazione tedesca DPA.

Fermare le partenze è il solo modo per far cessare le tragiche e assurde morti nel Mediterraneo.”

Sobotka, del Partito Popolare, un movimento austriaco di destra, ha reclamato il diritto del suo Paese a erigere frontiere nel caso di forte afflusso di migranti, e ha dichiarato che i numeri del 2015 “non devono ripetersi”.

Il governo di Vienna, come molti altri, ha stabilito un limite all’accettazione dei richiedenti asilo, dichiarando di voler ulteriormente dimezzare l’attuale quota annua di 17.000.

In Italia, il Procuratore Capo di Catania ha costituito una task force per approfondire le accuse di collusione tra Ong e trafficanti.

Carmelo Zuccaro ha ammesso di non avere prove al riguardo e il pubblico ministero ha deciso di non avviare un’indagine ufficiale, ma il Parlamento italiano ha aperto una commissione parlamentare d’inchiesta.

Anche Frontex, l’agenzia di frontiera UE, ha espresso preoccupazione sui presunti contatti fra i trafficanti e le navi di soccorso.

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In un rapporto riservato, reso pubblico in dicembre, si dice che ai migranti venivano date “prima di partire, precise indicazioni sulla rotta da seguire per raggiungere le navi delle Ong”. Lo stesso rapporto accusa le organizzazioni umanitarie di mettere in guardia i richiedenti asilo invitandoli a non collaborare con le autorità italiane.

Un altro rapporto pubblicato da Frontex in febbraio accusa le Ong coinvolte nei recuperi di migranti vicino alla costa libica di “aiutare involontariamente le organizzazioni criminali a raggiungere i loro obiettivi al minimo costo e a rafforzare la formula dei loro affari aumentando le probabilità di successo”.

Il rapporto ammette anche che le operazioni di soccorso sono state fin qui necessarie per rispettare gli obblighi del diritto internazionale e si auspica l’apertura di corridoi umanitari alternativi, ma, nello stesso tempo, sostiene che la presenza di navi vicino alle acque territoriali libiche ha rappresentato un “fattore di attrazione” (pull factor).

L’organizzazione umanitaria Moas (Migrant Offshore Aid Station), che ha sede a Malta, ha sottolineato che i tentativi di attraversamento di quel tratto di mare erano aumentati anche quando l’Italia aveva chiuso la sua operazione Mare Nostrum e ha ricordato che un recente studio dell’Università di Oxford dimostra come i recuperi in mare abbiano “pochissima o nessuna influenza sul numero degli arrivi”.

Un portavoce ha dichiarato che il problema dei migrati viene sempre più “usato dai politici europei per alimentare il crescente nazionalismo“ e aggiunge: “Il fenomeno migratorio non è destinato a scomparire e puntare l’attenzione solo sul presidio delle frontiere UE non è assolutamente la soluzione”.

Con quasi 37.000 nuovi arrivi in Italia in questi mesi del 2017, soprattutto dalla Guinea, dalla Nigeria e da altre nazioni africane, la crisi non sembra proprio dare segnali di rallentamento.

Sophie Beau, la co-fondatrice di SOS Mediterraneo, sostiene che le Ong sono state costrette ad agire dal “fallimento degli Stati europei”, che dovrebbero invece aumentare la loro efficacia e la loro capacità d’intervento.

Le Ong sono sotto accusa per la loro presenza, ma le istituzioni dovrebbero esserlo per la loro assenza”, ha aggiunto.

C’e una crisi umanitaria che si sta dispiegando davanti ai nostri occhi, alle porte dell’Europa e non possiamo limitarci a non vedere”.