Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Un canale umanitario per non morire

Tanta commozione davanti ai morti in mare che in questi giorni hanno riempito le pagine di tutti i notiziari mainstream, il Mediterraneo diventa sempre più tristemente noto per le guerre che lo circondano e per il sangue versato a causa dei numerosi naufragi che ci sono, a largo delle coste italiane, ma non solo. Dall’inizio del 2015 è aumentato in modo consistente il numero dei migranti che arrivano in Italia, che è una delle principali porte di ingresso nell’Unione Europea, tra questi le persone che hanno perso la vita sono troppe ed è un peso che diventa sempre più insopportabile sostenere.

E’ dagli inizi degli anni ’90 che si parla di flussi migratori nel nostro Paese, i quali però non possono essere regolati e, come è stato fatto per troppo tempo, non si può risolvere la questione respingendo coloro che arrivano con leggi restrittive che alimentano la clandestinità. Le operazioni millantate dal nostro Premier per punire direttamente i trafficanti non sono che frutto di commenti ipocriti atti solo a lavarsi la coscienza, quando invece la soluzione da intraprendere adesso sarebbe quella di istituire un corridoio umanitario per agevolare l’arrivo in sicurezza di chi decide di scappare dalla sua terra e stabilire la possibilità di ottenere il diritto di asilo in luoghi attrezzati vicini alle zone di fuga.

Con l’eliminazione di Mare Nostrum, un’ operazione nel suo complesso insufficiente, ma che almeno ha garantito la salvezza di migliaia di profughi durante il 2014, e con l’istituzione di Triton, l’Italia e l’Unione Europea non hanno fatto che l’ennesimo passo indietro in materia di immigrazione: prevedere il controllo delle acque internazionali solamente fino a 30 miglia dalle coste italiane con lo scopo principale di controllare la frontiera e non attivarsi per il soccorso non può considerarsi accettabile.

Rafforzare le file di Triton raddoppiandone i fondi ancora meno.

Ancora una volta alla luce di quanto sta accandendo in questi giorni riprendiamo l’appello scritto prima della tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013, che resta tragicamente oggi ancora valido, in quanto – ora più che mai – vi è la necessità di :

– aprire dei percorsi autorizzati e sicuri di ingresso per chi fugge dalle persecuzioni

– una degna accoglienza a partire dal riconoscimento del titolo di soggiorno oltre che di percorsi di inserimento nel territorio

– un’immediata apertura dei confini interni all’Europa che privano migliaia di persone del diritto di scegliere dove arrivare.

Invitiamo tutti e tutte nelle diverse città a scendere in piazza per avviare una campagna di sensibilizzazione rispetto a quanto accaduto e per non fermarsi al minuto di silenzio, in quanto la dignità e il rispetto della vita umana vengono prima di tutto. Per questo è importante partecipare, non solo restare in silenzio. Agire e moltiplicare le lotte antirazziste e contro i confini, per costruire un’Europa non più fortezza.