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Un laboratorio radiofonico per i migranti di Calais

Constance Léon, Info Migrants - 7 febbraio 2018

Photo credit: Antoine Lalanne-Desmet

Radio Secours Catholique” annuncia al microfono un ragazzo. Lanciata la settimana scorsa, la radio dell’associazione vuole affrontare una sfida ben precisa: dar voce ai migranti di Calais. Negli spazi di Secours Catholique a Calais, alcuni migranti, sostenuti dai volontari, si alternano al microfono per raccontare, a turno, la loro vita, fatta di attese in Francia e le loro speranze e dei loro desideri in Inghilterra.

Con un paio di occhiali tondi calati sul naso, Hisham Aly, animatore di Secours Catholique e ideatore di questo laboratorio radiofonico, prende nota di tutto. “In questo progetto i migranti sono attori della loro vita, grazie alla parola” sottolinea Hisham Aly.

Un brusio conviviale risuona in sala. Non lontano, una sessantina di persone caricano i loro cellulari o si riposano sul pavimento. Altri fumano sigarette in terrazza, a 10 minuti a piedi dal centro di Calais.

Una radio per liberare la voce dei migranti

Ma intorno al tavolo trasformato in studio radiofonico, i migranti hanno preso i microfoni e sono giornalisti per un giorno. Due giovani migranti iraniani si siedono e dialogano con un educatore del centro in farsi. Jacky Verhagen, di Secours Catholique, invece è al microfono con Daniel, un giovane migrante che conosce da tre settimane.
Il radio laboratorio permetterà ai nostri amici migranti di esprimersi liberamente, senza per forza parlare delle loro condizioni di vita a Calais”, afferma Vincent de Coninck di Secours Catholique, parlando del programma. “Possiamo saperne di più sulle loro vite e questo ci farà sentire tutti più vicini”.

Ascoltando Daniel, due ragazzi annuiscono, d’accordo con quanto stanno ascoltando. Lo conoscono bene. Daniel è il loro vicino di tenda nella foresta contigua a rue des Verotières a Calais. David e Jacob sono fratelli e sono arrivati insieme in Francia. Di origine afgana sono cresciuti a Teheran, in Iran. Oggi pomeriggio hanno camminato 40 minuti, come gli altri, per spostarsi dalla zona industriale in cui abitano, agli spazi del Secours Catholique. Jacky li chiama “i bambini”: hanno rispettivamente 22 e 21 anni.

Siccome la radio permette di restare anonimi, a noi va bene raccontare la nostra storia. Il nostro obiettivo è andare in Inghilterra” racconta David. Ieri mattina, David e Jacob sono stati testimoni dello smantellamento dell’accampamento in cui avevano trovato rifugio. “Vorrei parlarne al microfono perché sono ancora sotto choc. Non sappiamo dove dormiremo” confida Jacob.

Un prototipo e una formazione per creare il laboratorio radiofonico

Le testimonianze raccolte sono registrate con uno strumento concepito appositamente per il laboratorio, che consente di realizzare un programma radiofonico, registrato o in diretta, dopo una sola giornata di formazione.

Photo credit: Constance Léon
Photo credit: Constance Léon

Il prototipo è stato creato tra marzo e luglio 2017 da Alexandre Plank, regista di France Culture, Mathieu Touran, tecnico del suono di Radio France e una quindicina di studenti dell’ENSCI, (Istituto Nazionale di creazione industriale) con il loro insegnante Roland Cahen. Il prototipo dovrebbe rimanere a Calais per qualche mese.

Vicino al tavolo, un ragazzo fa qualche schizzo su un quaderno con aria divertita. Osserva gli atteggiamenti dei volontari che ha appena formato. Antoine Lalanne-Demet ha fondato con Cloé Chastel, in novembre 2016, il progetto Radio Activité. Nell’ambito della loro iniziativa MicroCamp, l’associazione propone dei laboratori radiofonici itineranti nei campo dei rifugiati in Francia, in Iraq e in Georgia. “Abbiamo constatato che si sentiva parlare spesso di migranti, ma che loro non avevano modo di far sentire la propria voce”, ricorda il giornalista.

La radio dei migranti, uno strumento politico

Vincent de Coninck sorride. “In trasmissione i migranti parlano della loro esperienza con la procedura Dublino. Secondo me i deputati che lavorano al disegno di legge sull’asilo dovrebbero ascoltare, forse ne parlerebbero in modo diverso” dice. “Il laboratorio potrebbe presto diventare uno strumento politico”.

Nello studio radiofonico è il momento di chiudere. Un migrante si rivolge ai nuovi ascoltatori online “Vi invito a venire, un giorno, a vedere coi vostri occhi cosa succede a Calais” conclude.