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Ungheria: la campagna del terrore

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Immagine tratta da Hungarian Helsinki Committee

Budapest è la più bella città del Danubio; una sapiente auto messinscena, come Vienna, ma con una robusta sostanza e una vitalità sconosciute alla rivale austriaca. Budapest dà la sensazione fisica della capitale, con una signorilità e un’imponenza da città protagonista della storia” scriveva Claudio Magris nel 1986. Nulla di più vero. Budapest è davvero una città protagonista della storia, lo è sempre stata, ma ora solo in senso negativo.

Budapest. La parola stessa evoca l’idea di una città in crescita. È sinonimo di libertà recuperata, che si rivela ogni passo, è il futuro di persone che guardano avanti” anche questa frase del “The London Times” del 1894 è ancora del tutto attuale.

Budapest è brillante e improntata al futuro, ma fa male vedere l’individualismo di questa nuova e finta libertà. Non scriverò del fatto che gli ungheresi fino a soli 27 anni fa erano loro dall’altra parte del muro, è un concetto ormai inflazionato e scontato. Quello di cui vorrei parlare è la sensazione di finta libertà e di terrore che avvolge l’Ungheria e i suoi abitanti.

L’Ungheria è stata inondata, nuovamente, di cartelloni giganteschi anti-migranti (vedi sotto). L’anno scorso erano messaggi, scritti in ungherese, rivolti ai migranti, in cui venivano “invitati” a rispettare le regole del Paese e a non rubare il lavoro agli ungheresi. Questa volta il governo ha deciso di inviare un messaggio a Bruxelles, o almeno questo è ciò che appare a primo impatto. Potremmo domandarci quanto faccia comodo all’Europa intera questa politica di chiusura, quanto il governo nazionalista ungherese sia funzionale alla propaganda europea che punta a scoraggiare anche solo l’idea di raggiungere il suolo europeo, come se questo poi potesse bastare. Si potrebbe azzardare che l’Ungheria stia svolgendo in area Schengen il ruolo che la Turchia ha alle porte del continente europeo. In realtà, come vedremo, per l’Ungheria, è pura propaganda politica in vista delle prossime elezioni politiche, per capire quanto sostegno ha ancora il governo di Orbán.
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La strategia del capo del governo ungherese è una farsa che rientra nel campo della manipolazione elettorale, una manovra destinata prima di tutto a rafforzare la sua popolarità sul piano interno. Il dibattito europeo circa la necessità di ridistribuire i rifugiati in arrivo tra gli stati membri è stato sul tavolo delle trattative per almeno un anno prima di giungere a conclusione.

Nel febbraio 2016, Viktor Orbán, primo ministro ungherese, ha tenuto un discorso passionale in cui ha chiesto un referendum nazionale per dire “NO” al sistema delle quote UE per la ridistribuzione dei richiedenti asilo.
Il referendum si svolgerà il 2 ottobre 2016. Nel suo discorso, Viktor Orbán ha enfatizzato che il sistema delle quote UE ridisegnerà l’identità etnica, culturale e religiosa dell’Ungheria e dell’Europa. Il referendum chiederà agli 8 milioni di elettori ungheresi: “Vuoi che l’UE possa prescrivere il trasferimento obbligatorio di cittadini non ungheresi in Ungheria senza l’approvazione del parlamento ungherese?” [Akarja-e, hogy az Európai Unió az Országgyűlés hozzájárulása nélkül is előírhassa nem magyar állampolgárok Magyarországra történő kötelező betelepítését?]

Immagine tratta da Hungarian Helsinki Committee
Immagine tratta da Hungarian Helsinki Committee

Orbán ha anche detto che nessuno ha chiesto ai cittadini dell’UE un parere per quanto riguarda il sistema delle quote, ed è per questo l’Ungheria terrà questo referendum. Se non vi è nulla di sbagliato in un referendum, anzi, il modo in cui si pone la domanda è abbastanza importante. Sembra che nessuno in Ungheria abbia dato un secondo sguardo al quesito referendario, o meglio, forse è stato studiato ad hoc. Fatto che ci pone a credere sempre più che si tratti di una manovra politica per guadagnare sempre più consenso.
Quindi, cosa c’è che non va nel quesito?
In primo luogo, la domanda si riferisce ai cittadini “non-ungheresi“, il che non si limita solamente ai richiedenti asilo.

I “non-ungheresi” potrebbero essere italiani che investono nel mercato immobiliare ungherese, o francesi che vengono ad insegnare la lingua, insomma chiunque non abbia un passaporto ungherese. In secondo luogo, la parola “előír”, significa prescrivere, ordine, o ordinare, ed è una strategia perfetta. Perché? Basti pensare che nessuno vuole ricevere degli ordini da qualcun altro. La connotazione di questa parola è semplicemente troppo fuorviante per essere in una frase referendaria, che il governo mette sullo stesso livello di importanza, come il referendum per l’accesso all’UE. Il verbo viene anche rafforzato con la parola “obbligatoriamente“.

Infine, il quesito referendario che contiene questa parte: “senza l’approvazione del Parlamento Ungherese”? Essa conduce l’elettore ad una sensazione terribile, alla sensazione che l’UE sta facendo qualcosa contro la volontà del proprio governo. Anche questa è un’ottima strategia politica, poiché nessuno, senza conoscere veramente i fatti, sarebbe in grado di votare “si”.

Secondo il meccanismo di ridistribuzione, l’Ungheria dovrebbe accettare 1.294 rifugiati da hotspot di Italia e Grecia. Questo non è nemmeno il numero di dieci Boeing 737 pieni che portano regolarmente i turisti alla scoperta di Budapest. E, a proposito, ci sono una decina di voli che atterrano ogni due ore all’aeroporto di Budapest.
Una precedente campagna del governo ungherese sosteneva che rifugiati destinati all’Ungheria sarebbero dovuti essere 160.000, cifra che però era il numero totale da ridistribuire in tutta la UE. Tuttavia questa cifra può ancora essere vista sul sito del governo (http://kvota.kormany.hu) qui la versione in inglese.

Un’altra questione che ci fa pensare ad una sola e semplice manovra politica è ciò che riguarda le sanzioni per chi non accetta i richiedenti asilo designati. La proposta dell’UE è che per ogni richiedente non accettato lo Stato debba pagare 250.000€, il che significa che se Orbán respingesse tutti i 1.294 richiedenti si troverebbe a pagare l’astronomica cifra di 323.500.000€, cifra che il governo ungherese non sarebbe mai in grado di sostenere.

Sinceramente, se fossi ungherese e se non facessi questo lavoro, anche io sarei terrorizzata “dall’imminente invasione dello straniero che bussa alle porte”. Da anni ormai la stampa è controllata dal governo e mai si sente parlare di Idomeni o Lampedusa, la sensazione che è stata creata è che tutti vogliano andare solo in Ungheria. Ai cittadini non è dato sapere cosa accade negli altri Paesi, poiché questo porterebbe a far pensare che in Ungheria il problema dell’immigrazione è pressoché inesistente ora. Sicuramente una campagna elettorale efficace!

Qui sotto le fotografie di alcuni cartelloni di propaganda elettorale con cui è letteralmente tappezzata la città: