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Venezia – Ricordando Zaher

le parole di Don Nandino Capovilla l'11 dicembre al porto di Venezia

Pubblichiamo l’intervento che Don Nandino, cappellano della Diocesi del Porto di Venezia a dedicato a Zaher Rezai, ma anche a tutti i migranti che lottano per i loro diritti e per la loro dignità, nel giorno in cui si manifestava contro tutti i respingimenti e contro la “sanatoria truffa”e veniva deposta di fronte al Porto una lapide con su scritto: “A Zaher, ragazzino e poeta fuggito dalla guerra e ucciso a una frontiera che sognava di pace”

Non so ancora quale sogno mi riserverà il destino,
ma promettimi, Dio, che non lascerai finisca la primavera
.”
(Zaher Rezai)

RI-COR-DARE
portare ancora una volta dentro. Sì perchè tutto fuori si dimentica presto.

Zaher lo dice anche a Dio: … tu non ti dimenticare!

Non dimenticheremo!

DALL’ALTO dei tetti e delle gru… tanti migranti hanno gridato…mentre tu, Zaher hai scritto poesie in un bigliettino : Il sogno di essere riconosciuti esseri umani…

“…E alla fine Arun, Sayad, Rachid e Jimi sono scesi dalla gru. Dietro alla storia di Arun e degli altri ragazzi c’è un disagio profondo. E, soprattutto, c’è una legge, la Bossi-Fini, che non ha permesso la loro regolarizzazione. È una legge ai limiti della costituzionalità e che crea discriminazioni persino tra gli stessi immigrati, per cui badanti e colf possono essere regolarizzati, ma falegnami e fabbri no.

• Quando si chiede a questi ragazzi il rispetto della legalità si dimentica che la legge porta con sé tali problemi e contraddizioni da renderne ardua l’osservanza. Questo è il presupposto da cui parte la tragedia di Brescia e da cui partono molte altre tragedie dei nostri giorni. Alcune grandi e “pubbliche” come questa, altre piccole, che si compiono nel silenzio e spesso si celano tra le carte e le pieghe della burocrazia.

• Migliaia di persone, a causa del cosiddetto “reato di clandestinità”, si sono trovate ad essere “fuorilegge” da un giorno all’altro, Siamo di fronte ad una legge che calpesta l’idea di legalità e che sembra accanirsi contro chi fugge dalla miseria, dalla discriminazione, dall’oppressione, dalle guerre.

• Cambiare la legge non compete certamente né alla questura, né alla prefettura, né ai sindacati, né a una diocesi: è una questione di buon governo e di buon impegno politico. E il governo su questi temi non ha certo dato un buon esempio. La vicenda ha fatto sì che dai territori, dalle autorità competenti e dalla società civile emergesse una richiesta forte: dobbiamo riprendere in mano la Bossi-Fini e riscriverne quantomeno alcune parti. Quello che è accaduto a Brescia si inserisce in una questione che riguarda tutto il Paese: non si può da una parte appellarsi al bisogno di legalità e di tolleranza zero e dall’altra non mettere lo straniero che cerca regolarità nelle condizioni di poterla realizzare.

• Certo, viviamo in un momento in sono forti anche la chiusura e gli egoismi, ma credo che ci siano dei buoni anticorpi, come anche questa vicenda ha dimostrato. Ed è su questo che noi, con Arun e con gli altri, continueremo a lavorare.

Nei lunghi mesi in cui il nostro Zaher era in viaggio per cercare di aggrapparsi ad una speranza di vita, a Lampedusa vemiva inaugurata una porta, una “porta d’Europa”. Un monumento su di un promontorio proteso verso l’Africa. Per l’occasione la poetessa Alda Merini volle dedicare a tutte le vittime migranti di questi viaggi questa poesia:

Una volta sognai
di essere una tartaruga gigante
con scheletro d’avorio
che trascinava bimbi e piccini e alghe
e rifiuti e fiori
e tutti si aggrappavano a me,
sulla mia scorza dura.
Ero una tartaruga che barcollava
sotto il peso dell’amore
molto lenta a capire
e svelta a benedire.
Così, figli miei,
una volta vi hanno buttato nell’acqua
e voi vi siete aggrappati al mio guscio
e io vi ho portati in salvo
perché questa testuggine marina
è la terra
che vi salva
dalla morte dell’acqua.