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Ventimiglia: cronaca di tre settimane di orrori

di Ilaria Bucca

Ventimiglia è una città ligure della provincia di Imperia, a una decina di chilometri dalla Francia, in cui arrivano centinaia di migranti, provenienti dall’Africa (in maggioranza sudanesi ed eritrei) e dall’Asia (dal Pakistan e dall’Afghanistan). Alcuni di loro non sono ancora stati identificati, altri invece hanno rilasciato dati e impronte negli hotspot del Sud Italia. Da Ventimiglia sperano di arrivare in Francia, alcuni per restarvi, altri per continuare verso il Nord Europa. Molti di loro hanno attraversato la Libia, dove sono stati incarcerati perché clandestini e dove hanno subito le torture della polizia. In Europa sperano di trovare uno stato di diritto, che li tuteli in quanto individui: ma quando arrivano in Italia, le difficoltà non sono ancora finite.

Gli stranieri che si trovano a Ventimiglia hanno status giuridici diversi. C’è chi non ha mai rilasciato le impronte digitali, né nome né cognome: in questo caso si parla di stranieri in transito. Nel nostro Paese, questo equivale a non avere nessun diritto, se non quello di poter usufruire del Pronto Soccorso. La Polizia ha costretto molti di loro a lasciare le impronte: alcuni sono stati picchiati, torturati con spray urticanti per gli occhi o con pinze elettriche ai genitali. Due di loro hanno tentato il suicidio: uno impiccandosi con un cavo elettrico, un altro bevendo dell’inchiostro in Commissariato (gli episodi risalgono alla fine di maggio).

Abbiamo chiesto a un ragazzo eritreo di raccontarci che cosa ha subito dalla Polizia, ma sentendola nominare l’unica cosa che riesce a fare è piangere. C’è poi chi ha rilasciato le impronte e ha fatto richiesta d’asilo, ma ha ricevuto un rifiuto. A questo, segue un decreto di espulsione: per la maggior parte delle volte, si tratta di un provvedimento non valido a causa di vizi di forma e in quanto tale impugnabile davanti al Tribunale, ma nel termine dei 60 giorni dalla notifica. Spesso i destinatari, che non parlano nessuna lingua europea, non capiscono neanche che cosa c’è scritto nel foglio che viene loro consegnato e che li etichetta come clandestini. Infine, c’è chi ha rilasciato le impronte e ancora attende l’esito della domanda di asilo: queste persone non possono lasciare la provincia presso cui hanno fatto domanda: se le forze dell’ordine le trovano a Venitmiglia, le riportano indietro.

La situazione di Ventimiglia si è evoluta in fretta, nelle ultime tre settimane. I circa 200 migranti che si erano rifugiati in un accampamento sotto al ponte dell’autostrada hanno ricevuto venerdí 27 maggio l’ordinanza di sgombero. È quindi iniziato l’esodo di queste persone, dalla spiaggia della foce del Roia alla chiesa di San Nicola, poi, dopo la manifestazione in frontiera di martedí mattina, in seguito alla mediazione della Caritas, in un’altra chiesa, quella di San Antonio, proprio di fronte a dove sorgeva il campo. Intanto, da lunedì 30 maggio è iniziato il Piano Alfano: gli stranieri vengono fermati dalla polizia italiana sui treni, in città e, insieme a quelli respinti dalla frontiera dalla polizia francese, caricati su pullman e portati verso gli hot spot o i centri di accoglienza del Sud Italia. Alcuni di loro hanno subito percosse dalla Polizia francese, non solo calci e pugni. Un ragazzo è stato spinto giú dagli scogli, di notte, mentre cercava di passare il confine e ha subito la frattura di una vertebra. Un altro è stato morso dal cane poliziotto sguinzagliatogli contro dagli agenti.

Alcune associazioni hanno iniziato a trattare con le istituzioni locali, per aprire un centro dove potranno soggiornare 400 persone, per un tempo massimo di due o tre giorni. Il Palaroja, inizialmente individuato come luogo adatto, è stato scartato a causa dell’opposizione degli abitanti del quartiere di Roverino, in cui si trova. Il numero di persone che si trovano in chiesa, intanto, continua a scendere, a causa degli arresti e dei trasferimenti forzati.

Ventimiglia, il confine svuotato dalle deportazioni silenziose

Il modo in cui il Governo italiano controlla la situazione di Ventimiglia, per evitare che la città si riempia di stranieri, è quello dei trasferimenti forzati di centinaia di individui, stranieri considerati irregolari, in centri di accoglienza nel Sud Italia. Si tratta di un meccanismo di dubbia moralità e legalità: chiudere decine di persone con la pelle nera su un pullman e portarle via, senza dire dove, è una pratica che odora di razzismo. Non solo: la segretezza con cui viene messa in atto e il modo in cui le forze di polizia locali cercano di spaventare chi prova anche solo a guardare ciò che succede ricorda il fascismo.

Come giornalista, di due diversi giornali, ho cercato di tracciare i movimenti delle forze di polizia che raccoglievano i migranti in arrivo con i treni e, dopo averli radunati in questura, li caricavano sui pullman. Ho fatto solo il mio lavoro: seduta ai tavolini dei bar davanti alla stazione o davanti all’imbocco dell’autostrada, ho visto centinaia di persone caricate sui bus della compagnia Riviera Trasporti, che dal 30 maggio al 12 giugno sono partiti inesorabilmente da Ventimiglia. Tutti i giorni, per più volte al giorno, sono stata identificata da agenti in divisa o in borghese, che all’improvviso mi comparivano davanti (ma da dove?) e mi chiedevano: “Signorina, può mostrarci i documenti, prego?”. Nonostante ciò, sono riuscita ad assistere a molti dei rastrellamenti avvenuti per opera della Polizia e dei Carabinieri nella stazione di Ventimiglia e alla partenza di tutti i bus carichi di stranieri non identificati o senza documenti in regola. Ho aspettato di veder passare questi mezzi, con 25 migranti e 25 poliziotti, ogni giorno dall’ultimo lunedì di maggio, il giorno in cui è iniziato il Piano Alfano.

Il primo bus è partito lunedì 30 maggio dalla stazione di Ventimiglia centrale. Il pullman è arrivato davanti alla stazione circa alle 8,30 del mattino, scortato da un reparto della celere e da tre blindati della Polizia. Lo aspettavamo in tanti: oltre a noi giornalisti, anche alcuni ventimigliesi. A bordo c’erano già una decina di stranieri, caricati probabilmente in questura, dopo essere stati arrestati in nottata. Un’altra decina di persone è stata fatta salire, si trattava di quelli fermati all’arrivo in stazione. In totale 25 persone, africani per la maggior parte, tutti senza documenti, identificati in un’altra città o con un decreto di espulsione. I 25 stranieri arrestati perché considerati non in regola erano scortati da un poliziotto ciascuno.

Solo il primo dei pullman è partito sotto le luci della ribalta. Per gli altri, la strategia è cambiata: gli stranieri considerati clandestini venivano arrestati in stazione, all’arrivo del treno, o per strada. Radunati in questura, venivano poi portati alla frontiera francese, dove venivano caricati sui pullman, insieme a quelli che avevano provato ad attraversare la frontiera in nottata ed erano stati respinti dalla Polizia francese. Centinaia di persone sono partite da Ventimiglia in questo modo: io le ho viste portare via tutte, e di una sola che si trovava su uno di quei bus so dov’è andata.

Sotto ai miei occhi, sono state trasportate, contro la loro volontà, verso mete ignote, centinaia di persone. Ho visto tre bambini eritrei di 16 anni, conosciuti poco prima sul treno, chiusi nella sala d’aspetto della stazione, il luogo in cui vengono trattenuti gli stranieri arrestati sui treni. I minori hanno diritto, in Italia, all’accoglienza senza identificazione. I tre avevano in mano una richiesta d’asilo a testa. Sono stati arrestati all’arrivo del treno, trattenuti nella sala d’aspetto della stazione contro la loro volontà e poi portati via sui pullman, sotto ai miei occhi, mentre la Polizia mi chiedeva i documenti. La mia unica colpa era di assistere a questa pratica, come se il solo vederla, e quindi testimoniarne l’esistenza, fosse di per sé una denuncia della sua illegalità.

I pullman partiti da lunedì 30 maggio a venerdì 10 giugno sono andati all’aeroporto di Genova, dove li attendeva un aereo della Mistral, una compagnia posseduta dalle Poste Italiane. E’ stato più difficile tracciare il percorso di quelli partiti nel fine settimana successivo, che probabilmente hanno proseguito verso la Toscana o il Lazio in autostrada. L’Italia sta cercando di fare degli accordi con il Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Etiopia, Giordania e Libano, ma anche con la Costa d’Avorio e il Gambia, per poter rimpatriare una parte degli stranieri che considera clandestini, oltre a rallentarne il flusso in entrata. E’ questo l’obiettivo dell’Italia al prossimo vertice europeo del 28 e del 29 giugno: una soluzione drastica che rende drammatica la pratica dei trasferimenti forzati.

Ilaria Bucca è laureata in Informazione ed Editoria e, dopo una collaborazione con Thesocialpost.it, ha iniziato a scrivere per genova.erasuperba.it e per tgvallesusa.it, seguendo con assiduità la situazione di Ventimiglia per quanto riguarda l’emergenza migranti.

– Vedi anche il video: L’accusa dei medici: “Sui corpi dei migranti a Ventimiglia le violenze al confine”, Repubblica.it

– Leggi il resoconto del Presidio No Borders di Ventimiglia “Cronaca di ordinarie deportazioni