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Viaggiare domandando. Sguardi da sud su #overthefortress

Foto di Yamine Madani

La domande è tutt’altro che retorica: qual è il senso di un viaggio lungo, complesso e faticoso, che attraversa territori distanti tra loro e molto spesso mal collegati, lungo le tortuose strade del sud Italia, intorno alla questione migratoria, come quello intrapreso dagli attivisti di overthefortress?
Può essere l’occasione giusta per aggiornare la cassetta degli attrezzi collettiva con la quale interpretiamo le politiche di accoglienza e quelle di esclusione? Come mettere in luce prospettive, linguaggi e sguardi nuovi, che aiutino a mettere in discussione molte delle nostre certezze, anche di quelle militanti, con le quali ogni giorno ci occupiamo di migrazioni?

Dentro e oltre l’emergenza

Fare un viaggio a sud, occupandosi delle storie delle e dei migranti e delle politiche pubbliche di gestione degli arrivi, vuol dire fare i conti, innanzitutto, con la parola emergenza, a patto di metterci davvero i piedi e la testa dentro. Non si tratta, evidentemente, di un’emergenza delineata, di per sé, dal numero delle persone che sbarcano a sud. L’emergenza è una retorica potentissima e, allo stesso tempo, un concreto strumento di governo e di disciplinamento del fenomeno migratorio. Lo schema è semplice quando inquietante: il numero totale dei posti di accoglienza ordinaria è, da anni, gravemente sottostimano. Proliferano, al contrario, varie forme di accoglienza straordinaria, contribuendo a dare l’impressione, lontanissima dalla realtà, di territori sotto assedio.
Sotto la scure dell’emergenza, infatti, le politiche pubbliche di gestione dei flussi migratori sono state configurate come strutturalmente precarie, gravemente sottostimate, inique e restringenti. Ci sono spazi per costruire politiche di accoglienza altre rispetto a quelle delineare dalla disciplina dell’emergenza?
E’ uno dei grandi temi posti, fin dai primi interventi, dagli attivisti di overthefortress, attualmente in viaggio in Sicilia, e i primi riscontri sul campo aprono le porte ad un mondo – quello dell’accoglienza degna e delle reti solidali – che quasi sempre scompare nelle narrazioni mainstream in tema di sud e immigrazione.
Il viaggio overthefortress, attraversando territori tra loro distanti e diversi, può essere anche un’opportunità per raccontare un territorio, quello del sud, profondamente disomogeneo, pieno di ambivalenze e, quindi, di possibilità. Il sud reale è lontano e diverso dalla rappresentazione stereotipata di un territorio piatto, facilmente raccontabile, indolente e fermo. Proprio il tema delle migrazioni è un punto di vista privilegiato per cogliere il dinamismo che attraversa le regioni meridionali, facendo particolare attenzione a come esse si ripensino, pensando all’immigrazione.

Arcipelago hotspot

Più nel dettaglio, il sud è anche un grande laboratorio delle politiche di contenimento dei flussi. Proprio a sud, infatti, hanno sede gli hotspot, il nuovo paradigma di gestione delle donne e degli uomini in fuga. Da questo punto di vista, la decisione di dare inizio al viaggio partendo dall’hotspot di Pozzallo ha un significato non solo simbolico ma indica un’evidente scelta di campo. Attraversare il sud può voler dire analizzare il funzionamento degli hotspot e il loro rapporto con la società, mettendo in luce le violazioni del diritto di accesso alla procedura di richiesta di asilo, spesso anticamera della produzione legale di persone in condizione giuridica di illegalità.

Le tendenze introdotte dalla politica degli hotspot non riguardano, evidentemente, soltanto le regioni meridionali. Hotspot è la nuova politica di contenimento dei flussi e, in quanto vero e proprio modello di gestione, investe tutta la filiera dell’accoglienza. Funzionano come hotspot – impedendo l’accesso alla richiesta d’asilo, illegalizzando potenziali richiedenti asilo – anche molte questure di altri territori, a cominciare da quelle prossime ai posti di confine con Francia, Svizzera e Austria. Studiare il funzionamento degli hotspot, provando a cogliere anche le differenze di funzionamento tra i vari luoghi di sbarco, indagando come operano queste fabbriche di clandestinità, può essere un’occasione per comprendere i cambiamenti in corso nelle politiche di accoglienza/esclusione su scala europea.

Forza lavoro migrante

Un ulteriore elemento qualificante del rapporto tra sud e immigrazione non può che riguardare la specifica composizione della forza lavoro migrante. A sud sono spesso più visibili le forme acute di sfruttamento lavorativo, a cominciare dal lavoro stagionale di raccolta dei prodotti agricoli. Anche da questo punto di vista, parliamo di una tendenza – per altro ormai strutturale – che investe tutta la filiera produttiva italiana, in nessun modo confinabile nelle regioni meridionali.

Qual è l’attuale composizione della forza lavoro migrante? Ci sono alcune caratteristiche in divenire che attraversano i ghetti meridionali (si pensi, ad esempio, alle soglie elevatissime di ricattabilità che ormai caratterizza le prestazioni lavorative e le forme di vita di un numero crescente di richiedenti asilo e titolari di protezione) a partire dalle quali è possibile analizzare la composizione generale del lavoro migrante e immaginare dove possano nascere punti di rottura e nuove conflittualità.

Anche da questo punto di vista, la scelta di assumere fin da subito questa prospettiva di indagine, come avvenuto ad esempio durante il monitoraggio svolto all’interno dell’hotel Sudan di Cassabile durante una delle prime tappe di viaggio, rappresenta un dato programmatico irrinunciabile: è nella ricattabilità lavorativa che è possibile comprendere il meccanismo di funzionamento dei dispositivi legislativi di precarizzazione giuridica e sociale, e come le narrazioni marginalizzanti e vittimizzanti favoriscano il sorgere di marginalità e potenziali vittime di sfruttamento.

Oltre la coltre, overthefortress

Quali possono essere gli strumenti per raccontare il funzionamento della retorica dell’emergenza, le sperimentazioni in corso nel laboratorio hotspot e la composizione della forza lavoro migrante, provando allo stesso tempo a dare la giusta visibilità alle strategie di resistenza di migranti e attivisti, che sperimentano forme di solidarietà e accoglienza degna?

Il controllo della mobilità migrante è, evidentemente, una delle ossessioni delle politiche pubbliche di gestione dei flussi. Denunciando quanto questa presa sui corpi sia iniqua e arbitraria, è politicamente fondamentale cogliere la portata dei mille tentativi di sottrazione, rifiuto, resistenza messi quotidianamente in scena dal movimento dei migranti.

Questa doppia analisi – dei dispositivi di cattura e delle strategie di disobbedienza dei migranti – può consentire, agli attivisti di overthefortress e a tutti gli attivisti che a sud intrecceranno il loro percorso, di intraprendere collettivamente un viaggio nel viaggio, che aiuti a decentrare l’usuale prospettiva con la quale leggiamo i fenomeni migratori. Ogni racconto, infatti, non descrive soltanto la realtà, ma la organizza.

Mettendo letteralmente i piedi dentro le contraddizioni e producendo, allo stesso tempo, uno sguardo di insieme sul meridione, il sud smette di apparire soltanto come territorio di sbarchi, di precaria accoglienza delle anime salvate, di marginalizzazione e vittimizzazione nelle campagne. È anche un laboratorio di pratiche solidali innovative, sperimentazioni di economie degne e accoglienza autogestita, conflittualità nel mondo del lavoro e rifiuto collettivo di occupare i margini della politica e della storia. Traiettorie, queste ultime, inevitabilmente overthefortress.

Francesco Ferri

Sono nato a Taranto e vivo a Roma. Mi occupo di diritto d'asilo, politiche migratorie e strategie di resistenza sia come attivista sia professionalmente. Ho partecipato a movimenti solidali e a ricerche collettive in Italia e in altri paesi europei. Sono migration advisor per l’ONG ActionAid Italia.