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Voci dal Sud – Quei delinquenti del campo sinti. Quando i giornali infamano.

rubrica a cura di Riccardo Bottazzo

Vivo in un quartiere di delinquenti e, di conseguenza, sono un delinquente pure io. Per buona sorte sono di razza padana e nessuno si sogna di dichiarare al Gazzettino che la mia casa dovrebbe essere abbattuta e l’intero quartiere smantellato.
Fossi di “etnia nomade” – come mi è capitato di leggere sullo stesso giornale – non godrei del medesimo trattamento di favore. E se scrivere “etnia nomade” è una tal fesseria da farci scompisciare dalle risate anche senza bisogno di aver studiato antropologia con Lévi Strauss, che dovremmo dire quando ci tocca scoprire che il “nomade” Tal Dei Tali arrestato assieme a 18 italianissimi personaggi, cinque righe più sotto, “risiede” in una normalissima casa di una normalissima città veneta? E ancora, altre cinque righe più sotto, che ha anche la cittadinanza tricolore pur se il suo cognome finisce con “vich”? Che è come dire che è italianissimo pure lui considerato che le leggi razziali, in Italia, non ci sono più da quando hanno appeso il Benito a testa in giù. Giusto? Ma allora perché distinguerlo?

Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da incazzarsi neri. Perché a continuare ad incarognirsi su quella povera gente del villaggio sinti di Mestre che ha il solo torto di non sapersi difendere con gli avvocati, è una infamata bella e buona. Soprattutto se considerate che il vero scopo di tutta questo giornalismo di merda è gettare benzina per alimentare la politica della paura e della discriminazione. Altra merda.

Brutte, bruttissime storie che periodicamente escono come carogne dalle fosse proprio come gli zombi dei film di Romero. Sempre sul Gazzettino. Mercoledì 6 giugno 2012. Titolone: “Nullatenenti con ville e Ferrari”. Tra gli otto arrestati, si legge nell’articolo, c’è anche un residente del villaggio sinti. Uno. Ma evidentemente basta a fare testo. Il giorno dopo, a firma dello stesso giornalista, esce la smentita (costruita in maniera tale da sembrare una precisazione. Trucchi del mestiere…). Il “nomade” risiedeva da tutt’altra parte. A Dese, su un terreno agricolo di sua proprietà (alla faccia del “nomadismo”). Nel villaggio sinti di via del Granoturco abita comunque la moglie separata con un figlio (entrambi incensurati). Come dire che non abbiamo sbagliato più di tanto. E poi si sa che tale padre tale figlio. Il titolone che riprende la notiziona è un capolavoro di schifezze e di bugie: “Valige di soldi falsi nel campo sinti”. Nel testo si legge chiaramente che nessuno degli arrestati risiede nel campo sinti anche se il titolo fa pensare esattamente al contrario. Ma è questo contrario quello che resta in testa alla gente. Puro veleno, come direbbe il mio amico Tex Willer che avrebbe di sicuro preso a cazzotti il giornalista.

Perché qui non è solo questione di opinioni diverse che andrebbero comunque rispettate. Qui la notizia – e per essa intendo molto banalmente il racconto dei fatti accaduti – è stata mandata affanculo per far posto ad una deformazione della realtà volta ad avvantaggiare un pensiero politico dichiaratamente razzista e xenofobo. Non è un caso che questi popò di articoli escano sempre con un box di commento affidato al leghista di turno. Nel caso citato, l’onore dei riflettori tocca al consigliere comunale della Lega Nord Alessandro Vianello che non perde l’occasione di sparare: «Il campo sinti si svuoterà a suon di arresti. Quello che non fa il sindaco di Venezia, lo faranno le forze dell’ordine e la giustizia». Intanto, chi si sta svuotando a suon di arresti è la Lega Nord e non il campo sinti.

Oggi, sempre nel Gazzettino, ci tocca leggere sul titolo di apertura della seconda pagina della cronaca di Mestre di un cosiddetto “blitz al campo sinti”. Leggiamo tra le righe che si tratta di una operazione di polizia che ha portato alla custodia cautelare di 10 cittadini italiani. La banda finita nel mirino degli inquirenti è costituita da sinti e da non sinti. Eppure, sia nel titolo che nel sottotitolo, sia nelle foto che nelle didascalie viene enfatizzata solo la presenza dei sinti. Anche a leggere le locandine appese davanti alle edicole pare che ci sia stato sul serio un qualche blitz nel campo di Mestre. Così il messaggio (falso) raggiunge anche chi come me la carta igienica la compra a rotoli e va a vedersi la programmazione dei cinema su internet. Anche in questo caso, il commento viene affidato a uno che “non va per il sottile”, come ci specifica, casomai ce ne fosse bisogno, lo stesso articolista: il consigliere comunale Renato Boraso che urla che in via del Granoturco “va smantellato tutto”. E chi se ne frega se il campo sinti non c’entra un beato piffero in tutta questa storia? Nove dei dieci arrestati risiedono in normalissime case Ater o di proprietà tra Favaro, Mestre e il Friuli. Solo uno, si legge alla fine, abita nel campo sinti. Solo uno? No! Neanche quello. Si tratta infatti della stessa persona già ospite delle patrie galere a seguito dell’operazione ricordata in apertura. Quella dei “Nullatenenti con la Ferrari”. Lo stesso tipo che, come ci ha informato – il giorno dopo – lo stesso Gazzettino, ha la residenza in quel di Dese. In via del Granoturco vive solo l’ex moglie separata con il figlio. Perché allora Boraso non propone di “smantellare” Dese? O Favaro? O Mestre? Meglio ancora: “smantellate” il quartiere dove abito io! Di fronte a casa mia abita una persona il cui padre è in galera. Due calli più in là hanno arrestato da poco una coppia per spaccio. E ne conosco un altro, proprio sulle mie scale, il cui cugino è un noto poco di buono. Di per me, sono ancora a piede libero, per adesso, ma ho qualche sana denuncia per diffamazione a mezzo stampa che mi fa ben sperare per il futuro.

Fatta la debita proporzione, ci sono più delinquenti qui, attorno alla mia umile dimora, che nel campo sinti. Certo, qui sono tutti delinquenti di “razza padana” e non di “etnia nomade”. Ma che significa? Mica siam razzisti! Pretendiamo di essere infamati sui giornali e minacciati di “smantellamento” pure noi. Ecco!

Una nota a margine. Siccome non si può sempre fargliele passar lisce, sul caso del “blitz al campo sinti” che non è un “blitz al campo sinti”, l’Osservatorio contro le discriminazioni Unar Venezia, istituito con un protocollo di intesa tra il Comune di Venezia e il Ministero per le Pari Opportunità, ha deciso di segnalare l’articolo all’Ordine dei Giornalisti del Veneto chiedendo ai probiviri e al presidente Gianluca Amadori di intervenire e di prendere una posizione consona ai doveri sanciti dalla Carta istitutiva dell’Ordine riguardo l’aderenza ai fatti, ed ai protocolli sottoscritti dai giornalisti sul rispetto delle etnie. Rispetto che per quanto riguarda i sinti adesso proprio non c’è.

E se non ci credete fate questa prova. Sostituite, in uno di questi articoli, la parola “campo sinti” con il termine “ghetto ebraico”, e l’aggettivo “sinti” con “ebrei”. Leggete tutto d’un fiato e vi garantisco che vi si accapponerà la pelle!

Riccardo Bottazzo

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.