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#dirittodiscelta – Emergenza Nordafrica: arrivano i permessi umanitari ma il 31 dicembre… si salvi chi può!

Il Governo verso il rilascio dei permessi fuori tempo massimo, intanto pronte le linee guida per l'uscita del 31 dicembre

Foto di Lorenzo Masi

Mesi e mesi di campagna, oltre 15.000 firme raccolte tra amministratori locali, artisti, professionisti, attivisti, volontari, un coro di voci che fin dal dicembre 2011 ha chiesto al Governo Monti il rilascio di un titolo di soggiorno ai richiedenti asilo approdati sulle nostre coste durante il conflitto libico. Cittadini di altri stati che in Libia avevano cercato una nuova vita costretti a fuggire nuovamente, dalle bombe della coalizione o dalle violenze di chi li accusava di essere mercenari al soldo di Gheddafi, mentre lo stesso dittatore preparava i loro viaggi verso Lampedusa, lanciati in mare come proiettili umani, sono stati per oltre un anno e mezzo figli di nessuno.

Inseriti in un circuito di accoglienza “fai da te”, affidato alla Protezione Civile, hanno atteso per lungo tempo di conoscere il loro futuro, alcune volte supportati dagli enti locali, altre dalle associazioni del volontariato, altre volte, troppe volte, abbandonati a loro stessi.

Un permesso umanitario per non morire, dicevano a Trento pochi mesi fa, ed oggi quel permesso sembra diventato una possibilità concreta.

Sono sempre più insistenti le voci che trapelano dai corridoi del Viminale secondo cui verrà data indicazione (forse con un decreto forse con provvedimenti interni) affinché venga rilasciato loro un permesso di soggiorno umanitario dopo la sottoscrizione della rinuncia alla domanda d’asilo: una sorta di ricatto che poco ha a che vedere con la voglia di riconoscere diritti.

In ogni caso si tratta di una grande vittoria per noi, e di un nuovo problema per loro.
E’ la vittoria della campagna #dirittodiscelta e di tutte quelle voci che hanno richiesto questo provvedimento, ma contemporaneamente appare anche come una decisione presa fuori tempo massimo. Oggi non é il maggio 2011 e quella che poteva diventare una grande occasione per tutti, il rilascio di un permesso che consentisse a migliaia di richiedenti asilo di progettare e costruire un loro futuro autonomo ed indipendente, diventa un nuovo problema per questo governo che ha scelto di rilasciare il titolo solo a ridosso (mancano ormai meno tre di mesi) della data di scadenza dei progetti di accoglienza.

Una scelta insomma che sembra più dettata dall’esigenza di “liberarsi” di migliaia di persone ormai stanche ed esasperate per l’attesa, in vista del 31 dicembre, quando con la fine del percorso di “accoglienza” i nodi verranno al pettine.

Non è un caso che contemporaneamente il Governo, lo scorso 26 settembre, abbia predisposto insieme alla Conferenza Unificata Stato Regioni un documento di indirizzo peril superamento dell’emergenza nordafrica, un mix di descrizioni tragiche, buoni propositi e scenari irrealizzabili che, proprio in vista della data del 31 dicembre, si cimenta in un’ultima disperata arrampicata sugli specchi.

Il 31 dicembre 2012? Si salvi chi può
Il documento del governo sancisce di fatto la fine del programma di accoglienza dei profughi.

Il compito del documento è quello di delineare le metodologie per superare la fase emergenziale, caratterizzata in buona misura dagli aspetti legati all’accoglienza dei profughi in arrivo dalla Libia o dai paesi dell’area, coinvolti nei sommovimenti sociopolitici che hanno caratterizzato la stagione della “Primavera Araba”.
L’intento, come viene sottolineato, è quello di sostituire questa prima fase con una successiva basata principalmente sull’inserimento sociolavorativo dei migranti.

Il documento fotografa, abbastanza fedelmente (e impietosamente, aggiungiamo), le molte criticità finora emerse, sia sul versante dell’accoglienza che sul piano della mancanza di chiare garanzie giuridiche da predisporre nei confronti di persone che, come sottolineato nel documento stesso, sono “cittadini di altri stati africani che vivevano all’interno del territorio libico da anni, intrattenendo rapporti di lavoro o offrendo servizi all’interno del tessuto sociale libico e costrette a scappare a causa delle persecuzioni all’interno dello stato, non di origine ma “terzo”, molte delle quali non direttamente collocabili nella figura giuridica del titolare di protezione internazionale”. Una scoperta che incredibilmente il Governo sembra fare dopo oltre un anno e mezzo.

Viene confermato il 31 dicembre 2012 come expiration date del programma di accoglienza “Emergenza nord africa”, nonostante l’impossibilità oggettiva di attivare buona parte delle misure, di per sé già insufficienti, previste per la nuova fase, e illustrate nel documento governativo.

Come dicevamo, il documento del governo parte da una disamina della situazione, pienza zeppa di criticità autoprodotte proprio dalle scelte fatte (senza riconoscerlo), con qualche aggiunta assolutamente falsa (per esempio l’assistenza legale che sarebbe stata fornita ai richiedenti asilo) e rende bene l’idea delle mancanze strutturali del sistema messo in campo, per poi soffermarsi e concludersi con una serie di proposte operative per il superamento dell’emergenza che assomigliano più ai buoni propositi di chi vuole inziare la dieta o smettere di fumare piuttosto che ad un documento redatto da un governo tecnicissimo.

La prima cosa che balza agli occhi è l’assoluta mancanza di indicazioni sugli interventi di garanzia sociale e giuridica da adottare all’atto della chiusura della fase di accoglienza, con il rischio reale che circa 15-20mila persone si aggiungano alla quota di richiedenti asilo senza fissa dimora, con un costo umano, sociale ed economico che andrà a pesare, in buona sostanza, sugli enti locali, sulle istituzioni di prossimità, già in difficoltà per l’effetto congiunto della crisi e dei sempre maggiori tagli imposti dallo stato centrale.
Una mancanza di programmazione e lungimiranza, oltre che di volontà politica, che rischia di produrre risultati deleteri, in un contesto di tensioni sociali generate per effetto della crisi stessa. La data del 31 dicembre sarà quindi il vero e proprio punto di non ritorno per qualsiasi intervento, sia emergenziale che di prospettiva.
Gli interventi previsti, pur se in buona parte condivisibili, non possono ovviamente non tenere conto di questa vera e propria spada di Damocle. Almeno così vorrebbe il buonsenso.

Basti pensare ai progetti di avviamento e inclusione nel mondo del lavoro. Come sarà possibile attivare, entro il 31 dicembre, come prevede il documento, l’inserimento di 10.000 richiedenti asilo nel sistema produttivo, da finanziare con le risorse della Comunità Europea, se ad oggi non sono nemmeno state avviate le fasi di negoziazione in sede comunitaria?
Restano quindi le 1.000 doti formative individuali con finalità occupazionali, su un complesso di presenze nel territorio nazionale di oltre 26.000 migranti coinvolti dall’emergenza nord africa. Anche se si riuscisse miracolosamente ad attingere ai fondi europei, attivando immediatamente i percorsi d’inserimento, cosa ne sarà dei circa 15.000 esclusi?
La confusione sui numeri sembra spiegabile solo con la speranza da parte del Governo che con il rilascio dei permessi umanitari molti profughi abbandonino volontariamente i progetti.

Buone proposte pratiche tendenzialmente non mancano, ma vengono depotenziate nella loro capacità di fornire risposte concrete dalle ristrettezze di mezzi e fondi. Positivo ad esempio, ma non per questo sufficiente, l’innalzamento dei posti di accoglienza in dote allo SPRAR da 3.000 a 5.000, anche se bisogna sottolineare che 1.000 di questi sono legati a eventuali disponibilità di bilancio, cosa tutta da vedere. Positivo ma non sufficiente perché, forse è bene ricordarlo, il nostro paese registra circa 20mila domande presentate annualmente da richiedenti asilo non afferenti alla “emergenza nord africa”.

Allo stesso modo l’attivazione di tavoli di coordinamento tra le diverse istituzioni coinvolte, a vari livelli gerarchici, è un primo passo nella giusta direzione, che però non contempla l’inserimento organico del mondo dell’associazionismo e del privato sociale, che ha fino ad oggi sopperito notevolmente alle mancanze degli attori istituzionali, limitando di fatto la discussione, la programmazione e l’esecuzione collegiale degli interventi previsti. Un meccanismo ad escludendum che non valorizza e relega a meri esecutori tante realtà che, lavorando sul campo, hanno accumulato un prezioso carico di conoscenze e competenze.

Il giudizio è critico anche per quanto concerne il previsto consolidamento delle pratiche di rimpatrio assistito, misura che ha visto un aumento considerevole del plafond garantito a coloro volessero accedervi ma che è un modo, a nostro parere, non di risolvere quanto di liberarsi del problema.

In buona sostanza, gran parte delle questioni e delle contraddizioni che erano emerse in tutta la fase operativa dell’Emergenza nord africa rimangono sul tappeto, e questo rischia di inficiare complessivamente qualsiasi piano d’interventi per il superamento dell’emergenza. Dopotutto, il 31 dicembre è dietro l’angolo, con il rischio concreto che la situazione deflagri definitivamente. Il si salvi chi può, che è in definitiva il succo del discorso contenuto nel documento del governo, in questo caso è poca cosa. Vista la scarsità di scialuppe di salvataggio, quello che si profila è un tragico naufragio.

Documento di indirizzo per il superamento dell’Emergenza Nordafrica

Olol Jackson, Neva Cocchi, Nicola Grigion
Progetto Melting Pot Europa

Diritto di scelta – Petizione per il rilascio di un titolo di soggiorno ai richiedenti asilo provenienti dalla Libia