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19 agosto 2015: Gli ultimi giorni a Lesbo

La denuncia della volontaria Miriam dall'isola greca: "con l'aumento degli sbarchi è diventato lampante come gli sforzi di tutti, soprattutto delle ONG, non siano sufficienti"

Gli ultimi giorni a Lesbo.
Dopo sei settimane che sono qui ho capito che la situazione resta instabile, rischiosa e difficile da inquadrare: non saprai mai se il sindaco, il comune, la polizia portuale, la guardia costiera o le ONG faranno ciò che hanno promesso.
Credo che la maggior parte del mio lavoro sia stata raccogliere informazioni e contatti dei responsabili di ciascuna delle situazioni che si sono verificate.
Sono arrivata completamente sola e sono grata di poter essere stata con un attivista di “the village of altogether”. Ho cercato di supportarlo come meglio ho potuto.
Tuttavia, i miei sforzi erano molto più ambiziosi, addirittura più di quanto pensassi.
All’inizio non potevo nemmeno sopportare ciò che mi si parava davanti agli occhi. Non c’erano ONG presenti a Karatepe, né nei dintorni di Moria. The village of altogether è collassato sotto il peso dei bisogni delle persone e a causa dell’inacessibilità di tutti gli altri attori responsabili dell’accoglienza.
Sono passate delle settimane e le cose sono cambiate (fortunatamente) solo per ritornare a cambiare durante gli ultimi giorni della mia permanenza. Nelle ultime settimane sono arrivati sempre meno rifugiati, mentre negli ultimi giorni il numero degli arrivi è cresciuto e i campi profughi sono tornati ad essere stipati come prima. Durante tutti questi giorni, è diventato lampante come gli sforzi di tutti, soprattutto delle ONG, non siano stati sufficienti.
Non so più cosa dire riguardo alla situazione di Lesbo. Quello che credo sia necessario fare in futuro è migliorare la struttura del sistema di aiuti. Le ONG non dovrebbero solo parlare con i responsabili dell’accoglienza locali, ma dovrebbero anche lavorare con loro. Collaborare con gli attori locali, costruire dei gruppi di lavoro veri, creare centri di informazione e fare in modo che le persone come me – i volontari – possano arrivare, restare e lavorare è cruciale per la condizione attuale in cui versa Lesbo.
È stata una grande opportunità lavorativa collaborare all’interno delle strutture di accoglienza dell’isola. Ho ricevuto dei feedback molto positivi dai miei amici in Germania. Alcuni di loro vorrebbero partecipare di persona. Vorrei poter avere delle risposte concrete da dar loro. Sogno un centro in cui i volontari possano avere lo spazio di restare, supportare e organizzare l’assistenza. Questa, secondo me, sarebbe una delle cose più importanti da fare, dato che i rifugiati continuano ad arrivare. Non siamo neanche in settembre. E poi verrà l’inverno.
Sono venuta a Lesbo per portare un cambiamento.
E nonostante il mio contributo pratico, come distribuire beni di prima necessità e venire al campo ogni giorno, penso – come ho già detto prima – che i miei sforzi più grandi si siano concentrati sulla conoscenza delle strutture già esistenti e sui rapporti con tutti gli altri attori.
Il 9 agosto è arrivato dalla Germania il mio amico Sebastian per darmi una mano. Io, lui e gli altri nostri amici e attivisti dalla Germania abbiamo raccolto un buon numero di donazioni che useremo esattamente per lo scopo per cui sono venuta a Lesbo: creare un cambiamento.
Avevo un’idea di cambiamento nella mia testa dal primo giorno in cui sono arrivata. Questo cambiamento era radicale e comprensivo. E anche irrealizzabile. Siamo stati tutti risucchiati in un sistema di burocrazia, pigrizia e insicurezza.
Quindi sono arrivata al punto in cui ho rotto con la me stessa di sei settimane fa, quella che voleva creare un altro mondo. Ho capito che aiutare tutte le persone, per esempio, (fuori l’area) di Moria per una sola settimana, è, effettivamente, come aiutare tutti. È tutto quello che posso fare, proprio perché posso farlo adesso. Adesso!
Io e il mio amico Sebastian abbiamo deciso di usare le donazioni per:
– Creare dell’ombra un una delle costruzioni abbandonate al di fuori di Moria costruendo un tetto provvisorio.
– Costruire dei filtri per l’acqua dei gabinetti e delle docce, per sbarazzarci finalmente delle zone paludose che vi si creano attorno e per garantire delle condizioni igieniche più stabili per…
– …finalmente pagare una compagnia di pulizie che pulisca a fondo e disinfetti i bagni e le docce quattro volte ogni due settimane. Speriamo che le ONG e il comune se ne occupino in seguito, come promesso.

Perché Moria?

Moria non si trova all’interno della cittadina stessa, ma fuori di essa, vicino all’autostrada. Coloro che si accampano al di fuori di Moria (ciò di cui parlo sempre, non ho avuto la possibilità di vederne l’interno. Nessuno può entrarvi, è un centro di detenzione e quindi inaccessibile a noi volontari) sono principalmente afghani. Ciò significa che tutte le altre nazionalità eccetto i siriani, vengono mandate a Moria. I siriani vengono diretti a Karatepe.
Mentre i rifugiati siriani scappano dal loro paese per sfuggire alla guerra, a volte portano con sé un po’ di denaro. Con gli afghani la mia esperienza è diversa. Di solito non si possono permettere una bottiglietta di acqua da 50 centesimi.
E anche se ce li avessero, non ci sarebbe alcun supermercato nei dintorni. È una lunga camminata per andare giù a Mitilene o a Moria città.
Sono tornata a Berlino ieri sera. Il mio amico continua i nostri sforzi, costruendo le cose che si siamo ripromessi e pagando la compagnia di pulizie. Lui partirà all’inizio della prossima settimana.
Per ora, io e i nostri collaboratori (e anche i rifugiati dei centri che ci hanno aiutato ad aiutarli) hanno già ultimato il tetto.
Non ho alcun materiale visivo per adesso, ma continuerò ad aggiornare questa pagina sullo stato dei lavori.
Vorrei aver fatto di più. Vorrei essermi fermata di più. Ma non potevo. Dopo sei settimane sono stanca e frustrata.
Rifletterò su quello che è successo, continuerò ad aggiornare il mio blog e ad occuparmi delle problematiche dei rifugiati, che è in realtà una problematica di globalizzazione e strutture mondiali, come continuano a dirci, e come possiamo vedere noi stessi e assecondarle.
Durante i prossimi giorni e settimane, aggiornerò questo blog con le informazioni e le foto che i miei amici attivisti mi manderanno da Lesbo, e lo tradurrò finalmente in tedesco.
Grazie per la vostra pazienza, e continuate a seguirci.