Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da l'Unità del 15 dicembre 2001

Diritti agli immigrati per non perdere i nostri di Vittorio Angiolini

La gran parte delle misure che si vorrebbero varare, oltre che affette da illegittimità costituzionale, sono di allarmante rozzezza: inasprimento delle misure di espulsione forzosa e di trattenimento in via amministrativa degli immigrati contro i principi affermati dalla Corte costituzionale; visione riduttiva del diritto di asilo, contro l’applicazione diretta della Costituzione quale emerge dalla giurisprudenza ordinaria; ostacoli ulteriori ai ricongiungimenti familiari, portati al punto di inventare la repressione della “simulazione matrimoniale”.

Il “contratto di soggiorno”, coniugato ad una generalizzata contrazione dei tempi per la stabilizzazione degli immigrati, ne dà conferma. Da un lato, con banale disinvoltura, la validità e l’efficacia del permesso di soggiorno è resa strettamente dipendente da quella del contratto di lavoro dell’immigrato; mentre d’altro lato, la validità e la durata del rapporto di lavoro sono condizionate alla validità e durata del permesso di soggiorno. Il nucleo essenziale, e inaccettabile, del disegno governativo sta, tuttavia, nel semplificare drasticamente le cose, in confronto alle pretese di integrazione e di solidarietà sociale della legislazione del centro-sinistra.

Il Governo Berlusconi chiede di essere messo alla prova nello sperimentare una disciplina dell’immigrazione basata sul riconoscimento esplicito che lo straniero è un potenziale nemico da sottomettere. E questa sfida di restituire l’Italia agli italiani, ossia di riaffermare come innato il diritto della popolazione autoctona a conservare solo per sé il territorio nazionale, diventa l’incivile punto di forza del progetto. Si fa leva, in modo artefatto, su di un reale disagio e su timori diffusi, originati dall’elementare evidenza che il vivere accanto al diverso, per lingua, tradizioni, costumi, comportamenti e capacità economica, per qualunque italiano, e soprattutto per chi sia già in situazione precaria e di insicurezza, è un peso arduo da sopportare.

Non basta replicare soltanto che l’immigrazione è un fenomeno internazionale ed epocale, il quale si può regolare ma è illusorio voler bloccare. Quest’affermazione, per quanto assistita dalla ragione sul piano storico-politico, può essere fatta passare come manifestazione di debolezza, di fronte alla promessa demagogica del centro-destra, di una difesa più agguerrita dell’identità acquisita degli italiani, quale che essa sia.

Ciò che deve essere frontalmente contestato è che la limitazione effettiva dell’immigrazione possa essere perseguita anche al prezzo di considerare in partenza l’immigrato come un soggetto disuguale ed inferiore al cospetto dei cittadini italiani. La previa negazione di ogni diritto all’eguaglianza per gli immigrati, che ci sono e continueranno ad esserci, non può invero che recare ad un progressivo imbarbarimento della stessa società italiana.

Come è costantemente accaduto nella storia, la proclamazione di una fondamentale disuguaglianza tra persone, o categorie di persone, non può che produrre, a cascata, ulteriori disuguaglianze, sino a dividere a brandelli la società ed a cancellare la possibilità di una convivenza pacifica. L’immigrato che fosse ritenuto all’origine disuguale per la libertà personale o per i diritti del lavoro e della famiglia, non può non esserlo poi per altri molteplici aspetti, come del resto pure si legge tra le righe della proposta governativa, da quello dell’istruzione a quello dei servizi sanitari o a quello della previdenza. Si dischiuderebbe insomma la porta ad una gamma tendenzialmente ricchissima di fattori di discriminazione sociale.

E queste discriminazioni, finirebbero per riguardarci tutti; perché, nel restringere indebitamente per gli stranieri libertà che la Costituzione assicura egualmente a tutti gli uomini in quanto tali, si mettono in dubbio, fatalmente, le stesse garanzie per gli italiani. Il discorso non riguarda solo il campo delle libertà sociali, in cui è scontato che il ricatto verso i lavoratori stranieri è il presupposto per la ricattabilità di qualunque lavoratore. Il discorso investe anche le più elementari libertà civili. Ne è testimonianza la bella “finzione giuridica” – proposta da G. Sartori e ripresa dal progetto governativo – per cui l’immigrato che violi la legge sul soggiorno si potrebbe presumere non presente in Italia; che mai potrebbe esserne, della nostra stessa libertà quando l’autorità, constatata una violazione giuridica, potesse agire come se la persona non esistesse ?

Il lato oscuro del progetto governativo sull’immigrazione sta dunque proprio nel tipo di società italiana che esso sottintende e prepara: società che non può non essere conflittuale, o meglio belligerante, perché in essa l’eguaglianza sarebbe facoltativa e la disuguaglianza di trattamento e di opportunità, per chiunque, sarebbe normale.

E’ sul terreno dell’eguaglianza e della pari dignità delle persone immigrate nell’esercizio delle libertà e nella soggezione ai doveri sociali faticosamente acquisiti per gli italiani, che occorre muoversi con un’iniziativa meno esitante e più inflessibile anche rispetto alla legislazione varata dal centro-sinistra; recente passato; giacché solo questa è la strada che, eliminando o attutendo le occasioni di scontro in nome di identità date per incomunicanti ed incommensurabili, può anche avviare a soluzione, o rendere meno drammatici, i molti e non facili problemi dell’ immigrazione.