Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

A cura di Fulvio Vassallo Paleologo - ASGI

Per i diritti fondamentali dei migranti

Per tutti e per tutte, le Questure italiane, su istigazione del Ministero degli Interni hanno pronta una sola ricetta, foglio di espulsione o decreto di respingimento, e poi centri di accoglienza (come le principali testate siciliane chiamano i centri di detenzione) ed accompagnamento forzato in frontiera su voli charter appositamente noleggiati. Ma in questi giorni assistiamo anche alla deportazione ed alle espulsioni collettive vietate dalle convenzioni internazionali, con il ritardo strumentale nella emanazione dei provvedimenti di allontanamento, in modo da evitare il controllo dei giudici e l’intervento degli avvocati, con pratiche detentive illegali come la detenzione degli espellendi in strutture improvvisate prive dei requisiti minimi di sicurezza ( cd. centri di transito).. Come la palestra “Campo” di Trapani, dove gli immigrati dormono per terra con le luci accese tutta la notte. Alla fine quello che conta per il Ministero e per il Governo è solo il numero dei rimpatri eseguiti da sbandierare nelle conferenze stampa: non importa quali e a che costo. No, i centri di accoglienza, quelli veri, sono un’altra cosa, e per quelli i soldi sono pure finiti, come conferma la vicenda dei 35 sudanesi richiedenti asilo da mesi ospiti del Centro Santa Chiara di Palermo, senza nessun supporto da parte delle istituzioni.

I fatti veri vengono taciuti, come la rivolta e la fuga di alcuni immigrati dal Vulpitta di Trapani la scorsa settimana, o l’affondamento di una imbarcazione con 12 clandestini a bordo al laro delle coste tunisine; oppure relegati ai margini della cronaca, come il rilascio di centinaia di immigrati clandestini, giunti sulle nostre coste e rimessi in libertà con il foglio di espulsione perché non erano disponibili posti nei centri di detenzione italiani. Profughi tamil, kurdi e cingalesi, ma anche pakistani e di altre nazionalità, vengono “visitati” e minacciati dai loro consoli nei centri di detenzione della Puglia e della Calabria, a molti si nega il diritto di asilo riconosciuto direttamente dall’art. 10 della Costituzione, per tutti questi rimane solo la certezza di essere consegnati dalla nostra polizia alla polizia del loro paese, con altro carcere, e torture, se non la morte. Anche per donne e bambini, oppure con la lacerante separazione di interi gruppi familiari che non riescono a provare in queste condizioni i rapporti di parentela. E che dire delle decine di prostitute nigeriane, rastrellate a Palermo ed a Catania, e rimpatriate in Nigeria dopo essere passate dalla sezione femminile dei centri di detenzione come quello di San Benedetto ad Agrigento: povere donne che in qualche caso possono anche rischiare la sorte di Safya, e che dopo il rimpatrio in Nigeria rischiano se non la morte, ogni tipo di violenza e di umiliazioni. Le questure italiane ancora faticano a comprendere che l’accesso al permesso di soggiorno ex art. 18 del TU 286 del 1998 è consentito alle donne prostituite che dichiarano di volersi sottrarre alla organizzazione che le traffica, trovandosi per questa sola ragione in pericolo. Non occorre, a differenza di quanto ritiene qualche zelante funzionario di polizia, che la donna faccia i nomi dei protettori, ed in ogni caso questo tipo di pressione sulle donne è deleteria perché crea sfiducia nelle istituzioni e rafforza il vincolo di solidarietà tra le donne ed i loro sfruttatori.

Noi resteremo a fianco dei migranti incarcerati in attesa di espulsione con tutti i mezzi a nostra disposizione, raccordando le difese legali, anche davanti alle Corti internazionali, informando direttamente le comunità di immigrati presenti sul nostro territorio, denunciando ai mezzi di informazione quanto sta avvenendo, battendoci con altre e più incisive iniziative di mobilitazione contro il disegno di legge Bossi Fini e contro tutte le pratiche repressive che, anche in violazione della normativa ancora vigente ne stanno anticipando i contenuti peggiori.

Denunciamo il silenzio di tanti, a partire dall’ACNUR, Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dei rifugiati, che si rifiutano di intervenire presso il governo italiano per impedire in Puglia la deportazione di massa dei richiedenti asilo tamil, kurdi, irakeni e pakistani.

Denunciamo l’indifferenza di quegli intellettuali che animano le manifestazioni per le vie delle nostre città e sottoscrivono documenti in nome della libertà di opinione, ma si rifiutano di agire concretamente per difendere i migranti vittima di abusi di ogni tipo da parte delle istituzioni.

Utilizziamo i Forum sociali e le reti delle associazioni indipendenti, come l’ASGI. L’ICS e l’ARCI, per raccogliere, anche a livello regionale, le denunce delle violazioni più gravi dei diritti umani, violazioni che si stanno diffondendo a macchia d’olio in queste ore, per creare un clima di terrore tra i migranti nella fase decisiva di approvazione della nuova legge.

Nessuno potrà continuare a dire in futuro: non sapevo.

I lager e le deportazioni esistono ancora nell’Europa del ventunesimo secolo, ed oggi, in nome del contrasto alla criminalità, le pratiche dell’allontanamento forzato dello straniero assumono il maggior rigore contro le povere vite di uomini e donne migranti, costretti alla clandestinità dalla chiusura degli ingressi legali, e risultano di minima efficacia per un effettivo contrasto del traffico e della tratta che tutti -a parole- proclamano solennemente di volere combattere.