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Modifiche all’art. 33 della Legge Bossi – Fini

Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 9 settembre 2002, n. 195, recante disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari

Art. 33 (Dichiarazione di emersione di lavoro irregolare)

1. Chiunque, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, ha occupato alle proprie dipendenze personale di origine extracomunitaria, adibendolo ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, può denunciare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la sussistenza del rapporto di lavoro alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio mediante presentazione della dichiarazione di emersione nelle forme previste dal presente articolo. La denuncia di cui al primo periodo del presente comma è limitata ad una unità per nucleo familiare, con riguardo al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. La dichiarazione di emersione è presentata dal richiedente, a proprie spese, agli uffici postali. Per quanto concerne la data, fa fede il timbro dell’ufficio postale accettante

2. La dichiarazione di emersione contiene a pena di inammissibilità : a) le generalità del datore di lavoro ed una dichiarazione attestante la cittadinanza italiana o, comunque, la regolarità della sua presenza in Italia ; b) l’indicazione delle generalità e della nazionalità dei lavoratori occupati ; c) l’indicazione della tipologia e delle modalità di impiego ; d) l’indicazione della retribuzione convenuta, in misura non inferiore a quella prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento.

3. Ai fini della ricevibilità, alla dichiarazione di emersione sono allegati : a) attestato di pagamento di un contributo forfettario, pari all’importo trimestrale corrispondente al rapporto di lavoro dichiarato, senza aggravio di ulteriori somme a titolo di penali ed interessi ; b) copia di impegno a stipulare con il prestatore d’opera, nei termini di cui al comma 5, il contratto di soggiorno dall’articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dall’articolo 6 della presente -legge ; c) certificazione medica della patologia o handicap del componente la famiglia alla cui assistenza è destinato il lavoratore. Tale certificazione non è richiesta qualora il lavoratore extracomunitario sia adibito al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

4. Nei venti giorni successivi alla ricezione della dichiarazione di cui al comma 1, la prefettura – ufficio territoriale del Governo competente per territorio verifica l’ammissibilità e la ricevibilità della dichiarazione e la questura accerta se sussistono motivi ostativi all’eventuale rilascio del permesso di soggiorno della durata di un anno, dandone comunicazione alla prefettura – ufficio territoriale del Governo, che assicura la tenuta di un registro informatizzato di coloro che hanno presentato la denuncia di cui al comma 1 e dei lavoratori extracomunitari cui è riferita la denuncia.

5. Nei dieci giorni successivi alla comunicazione della mancanza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 4, la prefettura – ufficio territoriale del Governo invita le parti a presentarsi per stipulare il contratto di soggiorno nelle forme previste dalla presente legge e alle condizioni contenute nella dichiarazione di emersione e per il contestuale rilascio del permesso di soggiorno, permanendo le condizioni soggettive di cui al comma 4. Il permesso di soggiorno è rinnovabile previo accertamento da parte dell’organo competente della prova della continuazione del rapporto e della regolarità della posizione contributiva previdenziale ed assistenziale del lavoratore extracomunitario interessato. La mancata presentazione delle parti comporta l’archiviazione del relativo procedimento.

6. I soggetti di cui al comma 1, che inoltrano la dichiarazione di emersione del lavoro irregolare ai sensi dei commi da 1 a 3, non sono punibili per le violazioni delle norme relative al soggiorno, al lavoro, di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale nonché per gli altri reati e le violazioni amministrative comunque afferenti all’occupazione dei lavoratori extracomunitari indicati nella dichiarazione di emersione, compiute antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge. Fino alla data del rilascio del permesso di soggiorno ovvero fino alla data della comunicazione della sussistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno non si applica l’articolo 22, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina con proprio decreto i parametri retributivi e le modalità di calcolo e di corresponsione delle somme di cui al comma 3, lettera a), nonché le modalità per la successiva imputazione delle stesse sia per far fronte all’organizzazione e allo svolgimento dei compiti di cui al presente articolo, sia in relazione alla posizione contributiva, previdenziale e assistenziale del lavoratore interessato in modo da garantire l’equilibrio finanziario delle relative gestioni previdenziali. Il Ministro, con proprio decreto, determina altresì le modalità di corresponsione delle somme e degli interessi dovuti per i contributi previdenziali concernenti periodi denunciati antecedenti ai tre mesi di cui al comma 3.

7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro che occupino prestatori d’opera extracomunitari a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l’inserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non può essere in ogni caso disposta nell’ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso, ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 13, comma 13, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni. Le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato di cui all’articolo 3, comma 4, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, come sostituito dall’articolo 3, comma 2, della presente legge, sono decurtate dello stesso numero di permessi di soggiorno per lavoro, rilasciati a seguito di revoca di provvedimenti di espulsione ai sensi della presente lettera ; b) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato ; c) che risultino denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che i relativi procedimenti si siano conclusi con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso ovvero nei casi di archiviazione previsti dall’articolo 411 del codice di procedura penale, ovvero risultino destinatari dell’applicazione di una misura di prevenzione, salvi in ogni caso gli effetti della riabilitazione.

Le disposizioni del presente articolo non costituiscono impedimento all’espulsione degli stranieri che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato.

8. Chiunque presenta una falsa dichiarazione di emersione ai sensi del comma 1, al fine di eludere le disposizioni in materia di immigrazione della presente legge, è punito con la reclusione da due a nove mesi, salvo che il fatto costituisca più grave reato.