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da La Nuova Venezia del 7 settembre 2002

Venezia – Badanti da regolarizzare? Paga il Comune

Così, ieri, ha deciso: il Comune di Venezia – unico in Italia – pagherà alle famiglie (naturalmente, quelle meno agiate) i 330 euro necessari per la regolarizzazione di colf e badanti straniere e, inoltre, si accollerà anche le spese per il pagamento dei loro contributi.

Ieri, la giunta ha approvato le linee di indirizzo, su proposta dell’assessore alle Politiche sociali Beppe Caccia. Ora toccherà a lui tradurle in una delibera, da portare quanto prima in giunta. I tempi sono molto ristretti: le famiglie hanno, infatti, solo due mesi per regolarizzare la posizione di colf o badanti.

In tutto, per il Comune, si tratta di un impegno di spesa che si dovrebbe aggirare tra i 300 e i 400 mila euro l’anno. Dove prenderli, ancora non è chiaro. «E’ un investimento per il futuro», spiega l’assessore Caccia, «perché altrimenti ci ritroveremmo a dare assistenza a centinaia di anziani non autosufficienti che, rimasti senza aiuto domestico, avrebbero bisogno di un ricovero in casa di riposo».

A spingere l’amministrazione ad intraprendere questa strada apripista in Italia – aggiunge l’assessore – è «il rischio concreto che altrimenti i meccanismi della Bossi-Fini abbiano un effetto intimidatorio sulle famiglie, sia per il costo della sanatoria sia per l’incertezza per il futuro, per gli alti costi della regolarizzazione dei contratti», spiega Caccia, «perciò abbiamo deciso di intervenire, per evitare che solo pochissimi decidano di regolarizzare la loro posizione, aggravando invece la posizione di questi stranieri, ricacciati in una clandestinità senza futuro, ma anche quella dei servizi sociali».

Il Comune, in questi mesi, ha studiato la situazione, ipotizzando la presenza nel territorio di circa 1300 stranieri – per lo più donne provenienti dall’est europeo, impiegate come colf o badanti, irregolarmente in Italia – con uno stipendio medio variabile tra i 800 e i 1000 euro, totalmente in nero. La sanatoria darebbe loro visibilità e contributi, con un aggravio di spese per le famiglie di circa il 20-25 per cento in più al mese e con il rischio che alla fine le spese per la sanatoria siano messe in conto alle stesse lavoratrici.

«Abbiamo deciso di favorire al massimo le regolarizzazioni», conclude l’assessore alle Politiche sociali, «agevolando così l’assistenza a casa, anche riparando ai guasti della legge. Andremo incontro alle famiglie con due strumenti: pagando una tantum i 330 euro necessari alle pratiche di regolarizzazione, stabilendo naturalmente una soglia di reddito, che potrebbe essere quella che attualmente viene presa a riferimento per la concessione dell’assistenza in casa di riposo. Il secondo strumento è quello del pagamento, anche per il futuro, dei contributi previdenziali e assicurativi di queste lavoratrici. Il rischio è che altrimenti in pochissimi accettino di regolarizzare le badanti, magari mettendo loro in conto i costi a scapito dello stipendio, oppure rinunciando al loro aiuto fondamentale, per poi venire comunque a chiedere assistenza alle strutture: un’eventualità che ci costerebbe ben di più, oltre ad essere meno umana per tutti».