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Modifiche approvate dal Senato al disegno di legge di conversione del decreto legge per la regolarizzazione dei lavoratori immigrati

Il provvedimento passa ora alla Camera per l'approvazione definitiva

1) Regolarizzazione di persone colpite da provvedimenti di espulsione

Importante novità per i casi di espulsione: è stato deciso di consentire la regolarizzazione anche a chi è stato colpito da un provvedimento di espulsione (non solo nel caso di espulsione a seguito di mancato rinnovo del permesso di soggiorno ma anche in tutti i casi di espulsione dei c.d. “clandestini”) assegnando ai Prefetti il potere di disporne la revoca in base alla verifica di circostanze obiettive che dimostrino l’inserimento sociale dell’interessato.
Le verifiche, di fatto, sono attribuite a Questura, Prefettura, Ufficio del Lavoro e riguardano il rapporto di lavoro in corso da almeno tre mesi e la disponibilità di un alloggio.

Non è ancora chiaro se la revoca del provvedimento di espulsione dovrà essere formalmente richiesta caso per caso, con apposita istanza scritta da parte del lavoratore straniero, o se avverrà AUTOMATICAMENTE (come è già previsto avvenga per le espulsioni a seguito di mancato rinnovo del permesso di soggiorno).
Se in tutti i casi di espulsione, laddove è prevista la revoca, questa avvenisse automaticamente si acquisterebbe una notevole velocità dei tempi e delle procedure per la regolarizzazione.
In questo momento, se non altro per prudenza poiché non vi sono ancora indicazioni sulla possibilità di disporre d’ufficio -ovvero senza apposita istanza-la revoca dell’espulsione, dovremmo consigliare a chi ha fretta di inoltrare la domanda di regolarizzazione di farlo allegando alla busta anche una specifica istanza di revoca dell’espulsione indirizzata al prefetto che a suo tempo ha emesso il provvedimento e, per conoscenza, anche alla prefettura che dovrà poi valutare la pratica di regolarizzazione; ancor più prudenza vorrebbe poi che detta istanza di revoca fosse inoltrata anche separatamente con apposita raccomandata a/r.

2) I casi di impossibilità di revoca delle espulsioni

– chi, oltre ad essere colpito da espulsione, è denunciato o condannato per qualsiasi delitto non colposo, anche per reati più lievi di quelli previsti dagli articoli 380, 381 del Codice di Procedura Penale.
– chi, in base al provvedimento di espulsione, è stato accompagnato con la forza alla frontiera e ha fatto rientro in Italia illegalmente.
– chi, colpito da espulsione, ha lasciato il territorio italiano spontaneamente, al proprio paese si è presentato all’Ambasciata Italiana per inoltrare la domanda (indirizzata al Ministero degli Interni) per l’autorizzazione a rientrare nonostante l’espulsione (articolo 13, comma 13 Testo Unico) ed é poi è rientrato illegalmente.

3) Proroga dei termini

E’ stata pure votata la proroga all’11 novembre del termine di scadenza per la spedizione delle domande di regolarizzazione da parte dei datori di lavoro nei diversi settori produttivi, allineando la scadenza con quella già prevista per la regolarizzazione di colf e badanti.

Il problema dei “licenziamenti”

Sono numerose le notizie di datori di lavoro che licenziano i lavoratori clandestini per eliminare il problema della regolarizzazione, oppure li allontanano dal posto di lavoro spiegando che “in questo momento non c’è lavoro”. Si registra una forte diffidenza da parte delle aziende alla procedura di regolarizzazione per diversi motivi, anche a causa delle informazioni imprecise ed allarmanti che in molti casi vengono divulgate e che generano confusione e timori.

Di fronte a queste situazioni sempre più diffuse cosa si può fare dal punto di vista legale?

La legge prevede che, se il datore di lavoro non dimostra alcuna disponibilità a inoltrare la domanda di regolarizzazione, il lavoratore immigrato non ha nessuna possibilità di accedervi.
Di conseguenza si tratta di convincere il datore di lavoro e, al momento, l’unica possibilità per il lavoratore straniero è di IMPUGNARE IL LICENZIAMENTO.
L’impugnazione avviene tramite un atto scritto, spedito attraverso raccomandata con ricevuta di ritorno entro 60 giorni dal licenziamento o dall’allontanamento dal posto di lavoro, come previsto dall’articolo 6 della legge 604/1996.

Perché promuovere l’impugnazione

Va detto che la legge, in vigore fino ad oggi, non consente al lavoratore in condizione irregolare il reintegro al posto di lavoro.
Però le impugnazioni dei licenziamenti possono essere opportune per un motivo molto semplice: sarà possibile (attraverso l’assistenza di organizzazioni sindacali o legali) avviare una TRATTATIVA con il datore di lavoro per cercare di convincerlo a revocare il licenziamento.
Nel momento in cui il datore di lavoro, avendo la possibilità di regolarizzare il rapporto istaurato con l’immigrato, ritira il licenziamento, ecco che dal punto di vista strettamente giuridico si può dire che il rapporto di lavoro non ha avuto interruzione ma è sempre stato in corso (sempre tenendo presente che la norma richiede sia iniziato da prima del 10 giugno 2002).
La revoca del licenziamento di solito è pattuita e formalizzata in apposito verbale di conciliazione.

Dunque, a partire da questo momento il rapporto di lavoro si ricostituisce con effetto retroattivo, cosicché il rapporto di lavoro, instaurato da più di tre mesi, continua anche se c’è stato un “licenziamento” in seguito revocato.
A questo punto, nel momento in cui il datore di lavoro presenta la domanda di regolarizzazione dichiarando che il lavoro è in corso da più di tre mesi, dice la verità perché giuridicamente, con la revoca del licenziamento, si considera il rapporto di lavoro proseguito a tutti gli effetti.

Il datore di lavoro che NON utilizza l’opportunità di regolarizzare il rapporto di lavoro può essere colpito da tutta una serie di SANZIONI per le violazioni legate all’avviamento al lavoro di un cittadino straniero senza permesso di soggiorno.
Le violazioni sono tante e pesanti, dal punto di vista civile, amministrativo, penale e fiscale.

Vogliamo sperare che se, in buona parte dei casi, al datore di lavoro si spiegano chiaramente le conseguenze alle quali andrebbe incontro (anche su denuncia del lavoratore) si convinca a regolarizzare il rapporto di lavoro.
Se, una volta regolarizzato, il rapporto di lavoro dovesse successivamente terminare (per licenziamento, dimissioni o in base ad una risoluzione concordata tra datore e lavoratore) NON SARA’ un problema, l’importante è salvare la possibilità di presentare la domanda di regolarizzazione, sanando il rapporto di lavoro e il lavoratore immigrato.
Il datore di lavoro deve capire che non ha nulla da perdere a presentare la domanda, anzi, ha tutto da guadagnare perché così facendo evita di essere punito per tutte le violazioni commesse in precedenza.
Per dare un’idea chiara del rischio cui si sottopone il datore di lavoro che non si avvale dell’opportunità di regolarizzazione abbiamo predisposto uno schema dettagliato delle violazioni e delle relative sanzioni normalmente connesse all’impiego irregolare di lavoratori extracomunitari.


Una circostanza che spinge molto spesso i datori di lavoro a rifiutare la regolarizzazione è la preoccupazione di non poter garantire la CONTINUITA’ di occupazione del lavoratore assunto in regola. Si tratta di aziende che spesso lavorano per conto terzi (soprattutto nel settore edile) e che non hanno la certezza di avere commesse di lavoro per tutto l’anno.
Ricordiamo che per la regolarizzazione in corso il contratto di lavoro a tempo determinato deve avere la durata minima di un anno.

In questi casi bisogna tenere presente che è sempre possibile, sia prima che dopo la presentazione della domanda di regolarizzazione, che tra il datore di lavoro e lavoratore intervenga -magari in ragione della momentanea carenza di lavoro – un accordo che consente una temporanea sospensione del rapporto di lavoro. Si tratta di un accordo lecito (mentre non sarebbe lecita la decisione unilaterale del solo datore o del solo lavoratore), che comporta anche la sospensione, per lo stesso tempo, dell’obbligo contributivo.

A tutt’oggi ci troviamo costretti a dare indicazioni prudenti e senza poter garantire certezza assoluta per il fatto che i Ministeri di Interni e Lavoro non hanno ancora emanato circolari che forniscano adeguati chiarimenti per l’applicazione della norma, con l’evidente conseguenza che i funzionari competenti non possono al loro volta fornire indicazioni specifiche.
La circolare del Ministero del Lavoro n. 50 del 20 settembre 2002 fornisce alcune precisazioni su aspetti già noti ma nulla dice rispetto ai casi di licenziamento e di sospensione unilaterale del rapporto di lavoro.