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La drammatica testimonianza dell’on. C. Miccichè dal CPT lager di Agrigento

Memoria delle visite effettuate il 30 novembre 2002 e il 09 dicembre 2002

Premesso che mi ero già recato al Centro di Permanenza Temporanea di Contrada San Benedetto in Agrigento il 30 novembre scorso in occasione della giornata nazionale per la chiusura dei CPT.

La sera prima della visita mi era stato accordato, via Fax, l’ingresso ma mi era stata negata la possibilità di essere accompagnato da alcuni miei collaboratori e il permesso di fare entrare un operatore video con relativa video camera.

La cosa mi suonava strana dato che io in passato più volte ero andato al CPT e mai erano sorti problemi sul numero della delegazione autorizzata all’ingresso.

Visto questo mi recai al C.P.T, munito di una videocamera personale, per documentare la visita e riprendere le condizioni interne del Centro.

Durante la visita riscontrai una situazione drammatica; le condizioni igieniche erano inesistenti, feci e urine ovunque e le camerate sembravano dei Lager di antica memoria.

Un fatto grave però avvenne quando, i funzionari della polizia, mi sequestrarono, in maniera violenta, la telecamera e cancellarono le immagini che avevo filmato.

All’uscita mi recai in Prefettura per chiedere l’immediata chiusura del CPT, il Prefetto, giunto poco dopo insieme al Questore, mi allargo le braccia promettendo comunque un miglioramento di quel luogo ormai diventato un centro di detenzione.

Tornato a Palermo scrissi immediatamente al Presidente della Repubblica e presentai un ordine del Giorno all’Assemblea Regionale Siciliana (tutti atti che allego alla presente) per chiedere la chiusura del CPT di Agrigento e in generale per criticare la politica dei centri di permanenza.

Venerdì 06 dicembre presentai richiesta al Prefetto per effettuare una nuova visita, nel giorno di lunedì 09 dicembre alle ore 16.00, al Centro, allo scopo di appurare se la situazione igienica e di vivibilità fosse veramente migliorata.

Mi risposero, tramite fax, il 07 dicembre che il permesso era accordato.

Lunedì alle ore 16.10 mi presentai davanti il Centro di Permanenza e feci il mio ingresso accompagnato da due funzionari della Polizia e dal capo di gabinetto del Prefetto.

Purtroppo notai subito, che nonostante un tentativo di pulizia straordinaria effettuata poche ore prima del mio arrivo, le condizioni del centro continuavano ad essere invivibili per gli esseri umani:

-camerate sudice dove sono stipati moltissimi extracomunitari, sporcizia, e in generale la negazione di ogni minimo diritto civile come potrebbe essere quello di avere una minima intimità nell’ espletamento dei propri bisogni corporali .

Intimità negata dal fatto che non esistono porte a dividere i vari spazi ma tendine ridotte a brandelli e impastate con escrementi.

Visto questo, e per avere un promemoria della mia visita, cominciai a scattare delle foto con una macchina fotografica digitale che avevo acquistato per l’occasione.

Dopo alcuni scatti i funzionari di polizia, che avevo al fianco, mi invitarono a consegnargli la macchina perché, secondo loro, stavo infrangendo il regolamento interno del Centro, io non considerando legittimo tale regolamento, declinai l’invito semplicemente perché stavo svolgendo le mie funzioni di Parlamentare Regionale.

Pian Piano che continuavo a riprendere quelle immagini di indicibile dolore, con l’approvazione degli Ospiti del centro che vedevano in quella mia azione una difesa ai loro diritti negati, i funzionari di polizia trasformavano l’invito, di consegnargli la macchina, in un ordine, difronte a questo, con la massima calma, invitai i funzionari della polizia a farsi tramite con il Prefetto riferendogli che se voleva consegnata la macchina fotografica doveva venire lui stesso a prendersela in modo da constatare le condizioni di vita in cui sono tenuti gli Extracomunitari.

E comunicai ai poliziotti che fino al momento dell’arrivo del Prefetto non solo non sarei uscito dalla struttura ma, siccome giudicavo illegittima la sua disposizione, avrei continuato a scattare le foto e a raccogliere le testimonianze dei reclusi del Centro.

Il funzionario riferì prontamente e il Prefetto, che era a Palermo, gli comunico che sarebbe arrivato al più presto e quindi, a conti fatti, non prima delle 21.00.

Nell’attesa dell’arrivo raccolsi dagli extracomunitari le testimonianze più terribili, da prima mi ringraziarono dicendomi che a seguito dell’ultima visita erano state effettuate delle pulizie mai poi mi fecero presente che le condizioni di vita erano rimaste terribili.

Il freddo la sporcizia, l’allungamento del periodo detentivo da trenta a sessanta giorni, la promiscuità di razze e religioni diverse, la presenza massiccia nel centro di ex detenuti e di Rom che provengono dal campo nomadi di Agrigento e Bollate (MI) sono alcune delle cose che saltano subito agli occhi e mi portano a comprendere lo stato di prostrazione degli immigrati che sono arrivati fino al punto di ingerire delle batterie e delle molle di metallo pur di uscire da questo capannone industriale diventato un vero e proprio Lager.

Nel frattempo, tra un’insistenza e l’altra dei funzionari dello Stato per la consegna della macchina fotografica, comunicavo tramite telefono cellulare con i miei collaboratori all’esterno informandoli dell’accaduto onde evitare spiacevoli sorprese.

Faccio presente che anche i miei collaboratori all’esterno venivano controllati e identificati da due volanti della polizia.

Intorno alle 21.30 faceva il suo arrivo il Prefetto che da subito mi chiedeva la consegna della “memory card” della macchina fotografica, facendo capire che era venuto non per incontrarmi o per accertarsi delle condizioni di vita del centro ma per impedirmi di portare all’esterno le immagini del CPT.

Io gli chiesi, invece, di accompagnarmi nella visita e di rimandare questa eventuale consegna a dopo.

Durante la visita il Prefetto, anche minimizzando le cose, si trovò d’accordo con me sull’inadeguatezza della struttura, ma allargandomi le braccia, per la seconda volta, mi disse che non aveva il potere di chiudere il Centro ma che si stava attivando per renderlo più vivibile.

Giunti nel piazzale e di fronte anche a molti inservienti della “Misericordia” (Ente morale che cura la manutenzione del Centro) feci per salutare il Prefetto comunicandogli l’insoddisfazione per la sua posizione.

Il Prefetto, per tutta risposta, allungando la mano mi richiese la consegna della “memory card” dove erano impresse le immagini del centro, immediatamente rifiutai la consegna ripetendogli che la sua richiesta non era motivata da nessuna ragione effettiva.

Dato il mio inaspettato rifiuto i funzionari della polizia presenti mi chiesero di continuare la discussione all’interno di una stanza e soprattutto lontano da occhi indiscreti.

Rifiutai la proposta dicendogli che non avevo niente da nascondere.

Il Prefetto, a quel punto, mi fece presente che il protrarsi del mio diniego avrebbe portato certamente al deterioramento del nostri rapporti e a delle gravi conseguenze tra rapporti istituzionali.

Feci presente, al Prefetto, che le sue parole suonavano come minacce e che i continui interventi dei funzionari di polizia che mi accusavano di stare profittando del mio incarico parlamentare e che la colpa di questa discussione era loro che non mi avevano prima sottratto con la forza la macchina fotografica, stavano delineando una situazione insostenibile dal punto di vista morale e psicologico.

Il Prefetto pur sembrando scosso dalle mie parole continuò a pretendere la “memory card” ponendola su una questione di ruoli istituzionali, continuando comunque a ventilare il mutamento dei rapporti che sarebbe seguito al protrarsi del mio rifiuto esercitando cosi in me una violenza psicologica inaudita e una coazione di fatto.

Vistomi con le spalle al muro consegnai la “memory card” direttamente nelle mani del Prefetto, piegandomi cosi alla violenza dello Stato che esercitava un potere illegittimo nei confronti di un rappresentante delle istituzioni che stava solo svolgendo le sue funzioni di parlamentare.

All’uscita dal CPT disgustato dal comportamento di un’ alto organo dello stato, che di fatto mi impediva per la seconda volta di smascherare, tramite immagini, la vergogna del Centro di Permanenza Temporanea di Agrigento, rilasciai una dichiarazione al Osservatorio Permanente per l’Immigrazione che si trovava fuori dalla mura con una telecamera.

Aperto il cancello, e vista la presenza delle telecamera, il Prefetto scendeva dalla macchina e rilasciava anch’esso una dichiarazione, nella quale confermava che il locale era inadeguato ad ospitare un Centro di Permanenza, e confermava anche di avere voluto da me la memoria della macchina fotografica.

Alla domanda di un operatore dell’O.P.I di Agrigento che chiedeva se avesse qualcosa da nascondere, il Prefetto rispondeva risentito che “el Centro non c’era niente da nascondere” ma nel contempo confermava il divieto d’ingresso alle telecamere.

Alle ore 23.00 facevamo ritorno alla mia segreteria.

Sono convinto che non ci fosse alcun motivo valido per impedirmi di riprendere immagini all’interno del CPT.

E sono certo che il sequestro da parte del Prefetto della “memory card” sia avvenuto in maniera illegittima attuando, sulla mia persona, una pressione psicologica inacettabile.

Dato questo sto valutando l’idea di presentare denunzia nei confronti del Prefetto di Agrigento.

Fermo restando che continuerò, assieme a chi lo vorrà, la mia battaglia di civiltà fino alla chiusura del CPT di Agrigento che è attualmente un vero e proprio campo di concentramento che riporta alla mente immagini di quei Lager che sembravano cancellati dalla storia.

In Fede

On. Calogero Miccichè