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Novità interessanti per chi perde il posto di lavoro in fase di sanatoria

La scelta di alcune prefetture

Finora è risultata bloccata la situazione di chi, pur avendo presentato regolarmente domanda di regolarizzazione, ha perso il posto di lavoro.
Una circolare del Ministero dell’Interno ha previsto per queste situazioni la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno per sei mesi per ricerca lavoro, come previsto in via generale per chi perde il posto di lavoro. Esiste infatti il divieto di revocare il permesso di soggiorno nei confronti di chi perde il posto di lavoro e la garanzia di un periodo minimo di sei mesi per la ricerca di una nuova occupazione. Nonostante questa circolare prescriva anche per chi è in attesa del perfezionamento della regolarizzazione la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno di sei mesi, sappiamo che presso le diverse prefetture questa possibilità non è di fatto riconosciuta.

In altre parole chi presenta con la lettera di licenziamento del datore di lavoro e presenta una domanda per l’ottenimento del pds per sei mesi per trovare un nuovo datore di lavoro (magari già disponibile per l’assunzione regolare) non si vede accettare le istanze dalle prefetture.
In alcune prefetture invece questo è possibile. Si accetta e si risponde che si potrà prendere in considerazione la pratica, quindi disporre la convocazione, però solo quando la pratica verrà recuperata cioè quando arriverà su supporto magnetico, smistata tramite il centro elaborazioni date delle Poste e quindi tramite la polizia. Sapendo che lo smistamento di queste pratiche sono lunghissime non è possibile contare sul fatto di avere la disponibilità delle pratiche già verificate per prefazionare la procedura presso le prefetture.

Per questo, da più parti si richiede di accelerare le procedure e consentire da subito una nuova regolare attività lavorativa da parte di chi ancora attende (e chissà per quanto) la convocazione e soprattutto attende la trasmissione della pratica già verificata presso la sede provinciale competente.

Anche su questo c’è poca chiarezza perché la circolare del Ministero dell’Interno parla di persone che perdono il posto di lavoro e questo ha indotto una interpretazione restrittiva ovvero si prende in considerazione solo un lavoratore che viene licenziato e non quello che se ne va di sua volontà attraverso le dimissioni.
Spesso le dimissioni vengono date per una giusta causa cioè perché il datore di lavoro non rispetta uno degli obblighi principali del rapporto di lavoro (es: non pagare lo stipendio). Il lavoratore è legittimato a dare le dimissioni immediatamente, senza dover rispettare un termine di preavviso.

Comunque è pur sempre un generale diritto di tutti i lavoratori poter dare le dimissioni anche se non c’è un giustificato motivo, salvo l’obbligo di rispettare i termini di preavviso, regolato dai contratti collettivi per ogni categoria di lavoro.
Ma allora….se è sacrosanto il diritto per il lavoratore di dare le dimissioni non si capisce perché non è riconosciuta la stessa possibilità a chi è in fase di sanatoria che da le dimissioni e limitare i casi solo a chi viene licenziato.

Un problema che può verificarsi è dimostrare l’esistenza del licenziamento. Spesso i datori di lavoro più furbi preferiscono far finta che il lavoratore si sia allontanato dal posto di lavoro, molti si stanno preparando a dire che guarda caso il giorno dopo che hanno presentato la domanda il lavoratore è scomparso…. In questo modo possono avere il vantaggio di non pagare i contributi per il periodo di lavoro successivi e beneficiare della estinzione di tutte le violazioni già commesse a fronte del pagamento del contributo forfettario che normalmente è stato fatto dal lavoratore e non dal datore di lavoro.

Nel caso in cui un lavoratore sia licenziato con un provvedimento verbale e non scritto ha tutto l’interesse a documentare la situazione. Per dimostrare il provvedimento il lavoratore dovrà fare una lettera raccomandata (magari con l’assistenza di organizzazioni sindacali) nella quale dichiara di essere e rimanere a disposizione per l’attività lavorativa. Se poi il datore di lavoro mette il lavoratore in condizione di non proseguire effettivamente l’attività lavorativa potrà considerare il comportamento del datore di lavoro come un vero e proprio licenziamento, naturalmente contrario alla legge (il licenziamento deve essere presentato in forma scritta con motivazione). Il lavoratore dovrà fare una successiva raccomandata definita di impugnazione ovvero di opposizione del licenziamento dimostrando in questo modo che il datore di lavoro ha allontanato illegalmente il lavoratore dal posto di lavoro. Questa documentazione potrà sostituire la lettera di licenziamento e dimostrare l’effettiva condizione del lavoratore allo scopo di poter chiedere (ci auguriamo ottenere) il pds per sei per ricerca nuova occupazione.

Importanti decisioni di alcune prefetture

La Prefettura di Roma ha già dato prova di prendere in considerazione non soltanto il licenziamento disposto dal datore di lavoro ma anche, alle stesse condizioni, le dimissioni volontarie del lavoratore (con o senza giusta causa). Sono stati già predisposti i moduli sia per richiedere il rilascio di un pds per ricerca lavoro sia nel caso in cui sia deceduto il datore di lavoro della cosiddetta badante.
Non è chiaro invece come la prefettura di Roma intenda smaltire queste domande, se intenda ancora condizionare l’esame e la loro soluzione all’arrivo dal centro elaborazioni dati nazionale (con tempi molto lunghi) o se invece intenda darne subito seguito rilasciando autorizzando il rilascio del pds per sei mesi, salvo verificare in seguito i dati relativi alle domande quando saranno disponibili dal centro elaborazione nazionale.

Altre prefetture stanno intervenendo positivamente sulla questione.
La prima che ha dato una soluzione chiara e corretta su quanto detto è stata la prefettura di Bergamo che ha diffuso un comunicato stampa in cui rende noto che sono da ritenere legittimi tutti i rapporti lavorativi sorti dopo l’11 novembre 2002 con datori di lavoro diversi da quello che ha presentato la domanda di regolarizzazione, quando il primo rapporto di lavoro sia nel frattempo cessato e a condizione che il nuovo datore di lavoro abbia regolarizzato la posizione contributiva dell’interessato.
Quindi la Prefettura di Bergamo ha preso una posizione nettissima. Non solo riceve le domande di autorizzazione del rilascio del pds per ricerca lavoro ma considera che il nuovo rapporto di lavoro (anche se non c’è ancora un vero permesso di soggiorno) è regolare che non può essere sottoposto a sanzioni di nessun tipo, a condizione che il datore di lavoro abbia fatto la sua parte cioè denuncia regolare dell’assunzione e il versamento dei contributi per il lavoratore.

La Prefettura di Bologna la pensa esattamente come quella di Bergamo. Nei giorni scorsi il Prefetto ha disposto che “lo straniero in attesa di regolarizzazione che abbia perso il posto di lavoro per motivi come licenziamento o chiusura dell’azienda può trovarsi una nuova occupazione senza incorrere in sanzioni”.

Anche la prefettura di Genova ha deciso che “gli immigrati in attesa di regolarizzazione, che nel frattempo hanno perso il posto di lavoro, potranno cercarne un altro a patto che notifichino poi la loro nuova assunzione a prefettura e questura”.

La Prefettura di Milano ha invece steso un vero e proprio protocollo di intesa che stabilisce che il lavoratore immigrato potrà cambiare datore di lavoro “in caso di cessazione del rapporto di lavoro nei seguenti casi:A) licenziamento, B) decesso del datore di lavoro o dell’assistito, C) dimissioni, D) cessazione di attività dell’azienda” prevedendo il rilascio di un permesso di soggiorno da parte della Questura della durata di un anno.
La particolarità della scelta milanese sta nella validità del pds rilasciato cioè un anno se le persone si presenteranno allo sportello con un nuovo datore di lavoro. Questo senza dover attendere il reperimento e la verifica della pratica tramite il centro elaborazione dati delle Poste. Questo permetterà di accorciare i tempi di attesa e soprattutto di mandare subito al lavoro in modo regolare (senza condizioni di sfruttamento e ricatto).

Riepilogando, sempre più prefetture hanno deciso di permettere subito ai lavoratori immigrati che perdono il posto di lavoro di instaurare un nuovo regolare rapporto di lavoro. Ci auguriamo che anche in Veneto vengano prese analoghe decisioni. A questo riguardo sono in corso richieste da parte delle associazioni e organizzazioni sindacali presso tutte le prefetture per arrivare alla stipula nell’ambito dei Consigli Territoriali di accordi dello stesso tipo.