Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Servizio immigrazione e promozione dei diritti di cittadinanza (Venezia)

L’ipocrisia della guerra

A cura di Rosanna Marcato

Qui sono accolti maschi adulti che provengono dai tanti paesi in guerra, dai tanti paesi con regimi dittatoriali: Iraq, Afganistan, Iran, Turchia, Siria, Palestina, Cecenia, Georgia, Nigeria, Liberia, Sudan, Eritrea, Etiopia, Somalia, Gongo, Angola, Sierra Leone, Costa D’Avorio, Colombia, e ancora appartenenti a minoranze all’interno di queste nazionalità.
Un grogiolo dei dolori del mondo.
Cosa significa per loro la guerra, per loro che l’hanno già sperimentata, cosa significa la repressione, la violazione dei più elentari diritti umani, cosa significa la tortura, i trattamenti disumani, cosa significa vedere i corpi straziati dei propri figli.
Alcuni di loro hanno la famiglia sotto i terrificanti bombardamenti a Bagdad, a Mosul, a Kirkuk, molti hanno parenti che stanno combattendo su al Nord.
Due operatori del Servizio Rifugiati non sono riusciti a lavorare, in quel giorno.
Sono andati a casa ad aspettare notizie, ad essere pronti se mai dovesse arrivare una telefonata che dica “siamo vivi”.
Le posizioni sulla guerra non sono uguali, ci sono tante contraddizioni: alcuni sperano che tutto ciò serva almeno a liberarli da quell’incubo quotidiano che è Saddam Hussein. Chi ha sperimentato sulla propria pelle la prigionia, la tortura, il terrore,la morte o la sparizione di familiari, chi ha visto sterminare migliaia di persone con armi vecchie e nuove, permesse o vietate, ha una vaga speranza che tutto ciò serva a mettere le basi per un paese pacificato e democratico. Ma nello stesso tempo è davvero altrettanto forte la consapevolezza dell’ingiustizia di questa guerra, della prevaricazione anglo-americana alla ricerca non tanto di liberare un popolo ma di petrolio e di potere.
Ali, un richiedente asilo kurdo-iracheno, che è riuscito a fuggire prima della condanna a morte emanata da un tribunale di Saddam, è tornato disperato dall’audizione che gli è stata riservata dalla Commissione Centrale. Il tono usato, le domande poste sono state vissute come offensive, vessatorie, stupide. La migliore delle domande, una vera perla, è stata “perché non hai aspettato il verdetto del tribunale prima di scappare?” Questo è quello che una parte dell’Italia riserva ai dissidenti di Saddam. Non sappiamo, se al di la della stupidità e cattiveria umana, la risposta della Commissione sarà positiva o negativa ma di sicuro per Ali, che ha lottato per la libertà del suo paese, tutto ciò è apparso come una tragica farsa che ha sgretolato quelle poche speranze che ancora lo sostenevano dopo anni di fuga, di esilio, di sofferenze.
Ali non è altro che uno dei tanti richiedenti asilo ai quali è riservata un audizione superficiale e sadica.
Il ministro Bossi non vuole profughi e lo dice apertamente, ma ciò che succede nella attuale realtà è ancora peggio.
Il diritto d’asilo è calpestato, le persone continuano ad arrivare e a trovare il nulla davanti a se, in silenzio il governo sta affossando progetti e interventi, gli uffici di accoglienza alle frontiere continuano ad essere ignorati e continuano i respingimenti dei richiedenti asilo, da parte della polizia di frontiera, siano essi iracheni o meno.
Alla TV si assiste alla kermesse delle figurine da esporre e al nostro ufficio chiamano le redazioni di tante trasmissioni, non per raccontare come sono trattati i rifugiati in Italia ma per spiare i loro sentimenti mentre aspettano notizie da casa, per esporre le loro lacrime ad uso e consumo dei tanti programmi no stop sulla guerra.
Nel sito dello sportello troverete l’appello per la protezione delle vittime di guerra fatto da ICS, Amnesty International e Medici senza frontiere. In questo appello si chiede che il governo italiano cominci a pensare su come accogliere gli eventuali profughi ed emani un decreto legislativo ad hoc così come si è fatto per la guerra in Iugoslavia. Qualcuno ci penserà o ci ritroveremo come al solito a gestire situazioni di emergenza ampiamente annunciate ma deliberatamente ignorate dagli organismi istituzionali competenti?