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La protezione temporanea degli sfollati

Il recepimento della Direttiva 2001/55/CE del Consiglio dell'Unione Europea, del 20 luglio 2001

La direttiva europea è stata emanata il 20 luglio 2001, ma la notizia vera è che la scorsa settimana è stata recepita dall’Italia (Decreto Legislativo 7 aprile 2003, n.85) e non si tratta di un provvedimento immediatamente applicabile ai profughi in fuga dalla guerra in Iraq.

La direttiva 2001/55 altro non stabilisce che gli standard minimi per l’ipotesi in cui il Consiglio dell’U.E. decida (a maggioranza qualificata) di aprire le frontiere all’esodo di massa da parte di sfollati che necessitano di protezione temporanea (art. 5), quindi di dichiarare lo stato di emergenza ed adottare misure di accoglienza temporanea. Secondo quanto specificato all’articolo 4 della direttiva, la durata della protezione temporanea è pari ad un anno, salvo proroga automatica di sei mesi in sei mesi per un periodo massimo di un anno, con possibilità di proroghe ulteriori, qualora persistano motivi per la concessione della protezione temporanea. Quest’ultima può essere revocata anticipatamente (art. 6) nel caso in cui venga meno (prima del tempo previsto) lo stato di emergenza nelle zone di provenienza degli sfollati e sia, quindi, possibile un rimpatrio sicuro e stabile nei paesi d’origine.

La direttiva, quindi, istituisce norme minime volte ad assicurare la protezione temporanea agli sfollati, garantendo una tutela immediata a tali persone, salvo poi rimettere la sua operatività vera e propria a una decisione adottata dal Consiglio dell’U.E. Attualmente ha il valore di rappresentare una politica comune a livello europeo per la protezione umanitaria e le valutazioni di opportunità sulla concessione della protezione temporanea agli sfollati nei casi che di volta in volta si verificano.

Il recepimento da parte dell’Italia della direttiva non c’entra nulla con la facoltà completamente autonoma del Governo italiano di adottare (a prescindere da una decisione europea) misure di accoglienza degli sfollati per eventi eccezionali. L’art. 20 del T.U. (Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali) prevede che il Governo ha la discrezionalità di adottare misure straordinarie di accoglienza a fronte di eventi eccezionali che comportano rilevanti esigenze umanitarie in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolari gravità verificatisi in paesi non appartenenti all’Unione Europea.
Quindi la possibilità di aprire le frontiere agli sfollati e di concedere loro un permesso di soggiorno straordinario per motivi di protezione temporanea esiste già in base alla legge italiana. A questa si può aggiungere una decisione del Consiglio dell’Unione europea che vincola direttamente e contemporaneamente tutti i paesi europei interessati.
Una estensione delle decisioni in materia di protezione umanitaria è senz’altro auspicabile. È degno di nota il fatto che la direttiva 2001/55 che ora viene resa esecutiva anche in Italia in seguito al suo recepimento, prende in considerazione alcuni aspetti che sono interessanti.
Ad esempio la garanzia della ricongiunzione familiare per i beneficiari di protezione umanitaria (art. 15), il diritto di svolgere qualsiasi attività lavorativa (art. 12 – ricordiamo che in passato in occasione di provvedimenti analoghi in Italia c’era poca chiarezza sulla possibilità di svolgere attività lavorativa).

Viene poi garantito (art. 14) il diritto di accesso al sistema scolastico non solo per minori, ma anche per adulti (formazione professionale, tirocinio lavorativo, ecc).

Tutti questi provvedimenti in materia di protezione umanitaria non possono pregiudicare in nessun modo l’esercizio del vero e proprio diritto al riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra (art.3). Questa precisazione contenuta nella direttiva europea è estremamente importante in quanto in Italia si sono avuti diversi casi di sfollati che chiedevano il pds umanitario e si sentivano rispondere “se lo richiedi devi rinunciare alla status di rifugiato”. Quindi ben vengano queste garanzie minime anche se è chiaro che non spostano i termini della questione considerato che si tratta pur sempre di scelte politiche. Quelle a livello nazionale consentirebbero al Governo di aprire le frontiere, quelle a livello comunitario potrebbero vincolarlo anche nel caso in cui fosse contrario ad accogliere gli sfollati.
Di sicuro al momento non c’è nulla di operativo o esecutivo per quanto riguarda gli eventuali sfollati provenienti dall’Iraq ed un cittadino iracheno che cerchi rifugio in Italia, alla frontiera italiana verrebbe trattato come un semplice “clandestino”.