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Quando è legittimo togliere la carta di soggiorno?

Non mi risulta che in nessun’ altra Questura d’Italia sia avvenuto qualcosa di simile e mi auguro che la prassi della Questura di Pordenone venga immediatamente revocata perché si tratta di un’ invenzione che non posso non definire arbitraria.

La carta di soggiorno (v. art. art.9 T.U.), peraltro non modificato dalla legge Bossi Fini se non prevedendo che il periodo di regolare soggiorno nel territorio dello stato, requisito essenziale per il rilascio della stessa, venga allungato da 5 a 6 anni) nella pratica si può considerare come un pds a tempo indeterminato, particolarmente “resistente”. Sempre l’art. 9, al quinto comma, precisa che il titolare della carta di soggiorno non può mai essere espulso a meno che non sia da ritenere socialmente pericoloso o ricorrano gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale. Inoltre, nel caso in cui la persona in possesso della carta di soggiorno dovesse essere condannata per determinati delitti, ciò comporterebbe semplicemente il ritiro della carta e la consegna di un normale permesso di soggiorno (art. 9, comma 3). E’ evidente che in questi casi si prevede soltanto un “indebolimento” della posizione di soggiorno, ma non il venir meno del diritto a soggiornare in Italia. Il titolare della carta stessa non è assoggettato alla procedura (che ancora deve essere ben definita) del “contratto di soggiorno” ( art. 5 bis T.U.), così come non si applica nei suoi confronti quanto previsto all’art. 22 comma 11 del T.U. (laddove si prevede che, decorsi sei mesi dall’inizio del periodo di disoccupazione e in mancanza di un nuovo rapporto di lavoro, il p.d.s. non può più essere rinnovato e si è di conseguenza candidati all’espulsione), perché tale norma è riferita solo a chi possiede il normale permesso di soggiorno.

Esempio pratico: al titolare della carta di soggiorno la Questura non deve chiedere più nulla e per un periodo di 10 anni (se non è socialmente pericoloso) può circolare liberamente senza doversi costantemente giustificare; infatti, con il rilascio della carta di soggiorno acquisisce una sorta di “diritto a stare tranquillo”; questa impostazione è stata confermata anche dalla legge Bossi Fini ma ora viene messa in discussione dalla Questura di Pordenone.

Il consiglio che diamo è di fornire assistenza agli interessati e, a nostra volta, garantiamo la nostra assistenza all’associazione al fine di poter concludere nel migliore dei modi questa vicenda, che vogliamo considerare frutto di un fraintendimento e non di una scelta a ragion veduta, perché di ragioni –nel senso giuridico del termine– non ce ne sono.