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Quesito sul rimborso dei contributi versati durante il lavoro in Italia

Va ricordato che la legge Turco Napolitano – L.n. 40/1998 successivamente trasfusa nel Testo Unico n. 286/1998 – prevedeva all’art 22, comma 11, il diritto dei lavoratori immigrati che avevano cessato l’attività lavorativa in Italia e che rientravano definitivamente nel loro paese, di richiedere ed ottenere il rimborso dei contribuiti versati, quale forma sostitutiva di prestazione previdenziale. Con l’art. 18 della nuova legge sull’immigrazione Bossi – Fini (L. 30 luglio 2002, n.189) viene introdotta la modifica (riportata nel quesito) di cui all’art. 22, comma 13 del Testo Unico, ove si prevede che “in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età”.

Con il messaggio n. 16 del 7 febbraio 2003 sopra menzionato, l’Inps ha precisamente comunicato che “a seguito dell’entrata in vigore della legge Bossi Fini, le domande di rimborso dei contributi presentate dopo il 9 settembre 2002, sia pure in presenza di tutti i requisiti richiesti fino a tale data dalla vecchia legge, saranno respinte”, specificando, quindi, che le domande formalizzate anteriormente a quella data non possono assolutamente essere trattate come se fossero state presentate successivamente alla stessa. Se bastasse tenerle in stand by per poi trattarle in base alla nuova normativa, non ci troveremmo più in un paese che alcuni considerano ancora la patria del diritto.

Oltretutto, in base al noto principio per cui il procedimento amministrativo deve essere definito in base alle norme in vigore al momento del suo svolgimento, è pacifico che la domanda volta ad ottenere il rimborso dei contributi versati doveva trovare accoglimento e riscontro sotto la vigenza della vecchia legge e, di conseguenza, l’argomentazione addotta dall’Inps a giustificazione del proprio rifiuto a provvedere al rimborso stesso, deve considerarsi palesemente illegittima. L’interessato avrebbe, a questo punto, tutto il diritto di opporsi al provvedimento negativo dell’Inps facendo ricorso al Giudice del Lavoro competente, in questo caso quello di Torino, ovvero il giudice del luogo ove si trova la sede Inps che doveva disporre la liquidazione.

Come promuovere un ricorso dall’estero?

Naturalmente, ci rendiamo conto della difficoltà che l’interessato (che si trova in Costa d’Avorio e non ha più il diritto di entrare in Italia) deve affrontare nel promuovere un ricorso volto all’accertamento del suo diritto. Dobbiamo precisare che, per poter conferire un valido incarico ad un avvocato in Italia affinchè si occupi della causa, risulta indispensabile formalizzare una procura che costituisca valido mandato per agire in giudizio per suo conto. E’ possibile fare ciò anche all’estero, rivolgendosi alla cancelleria del Consolato Italiano della Costa d’Avorio, indicando specificamente gli estremi della domanda di rimborso presentata all’Inps e del relativo provvedimento di rifiuto (numero protocollo, data) e dichiarando la volontà di conferire l’incarico ad un avvocato (di cui bisogna indicare nome, cognome e domicilio legale) per far accertare l’illegittimità del rifiuto ed il correlativo diritto ad ottenere la liquidazione richiesta.
Non è una cosa complicata perché la procura viene rilasciata direttamente dal cancelliere del Consolato in lingua italiana e , una volta autenticata, può essere inviata all’avvocato prescelto in Italia.