Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Liberazione del 29 luglio 2003

Quando l’unico diritto è quello di fuga di Stefano Galieni

Denunciati, per violazione di zona militare, gli antirazzisti che hanno invaso la struttura di Bari Palese mentre evadevano 15 "ospiti". Ma quel centro di identificazione è illegale

La cosiddetta struttura di accoglienza per migranti e richiedenti asilo di Bari Palese ha molte particolarità.

E’ vero che al Sud l’ospitalità è molto sentita ma qui si esagera, diventa asfissiante, al punto che chi prova ad uscire viene trattenuto con ogni mezzo dalla volontà di accudimento delle forze dell’ordine. Non sono ancora entrati in vigore i decreti attuativi che regoleranno la vita di queste nuove galere etniche ma questo agli occhi delle istituzioni è solo un particolare superfluo. Fatto sta che su Bari da tempo convergono coloro che riescono a sbarcare sulle coste italiane in cerca di rifugio: il caso dei 174 pakistani che, nonostante avessero fatto domanda d’asilo, sono stati smistati nei vari cpt e poi, in parte, rimpatriati, è la norma.

Una struttura illegale che illegalmente agisce: botte a chi tenta di fuggire, identificazione da parte del console dei governi da cui scappano, per gli altri, deportazioni di massa per tutti o quasi, come minaccia incombente. Per tutto questo, sabato pomeriggio si sono incontrati a Bari militanti provenienti dal No border camp di Frassanito e dal campeggio dei disobbedienti di Campobasso. 14 di loro si sono intrufolati nel centro mentre gli altri volantinavano in strada tra gli automobilisti: erano disobbedienti, giovani comunisti, esponenti del Tavolo migranti e delle realtà territoriali di movimento. Per tutti gli “intrusi” si profila una denuncia per violazione di area militare protetta. Racconta Maurizio Ricciardi del Tavolo: «La situazione sembrava surreale: siamo entrati a parlare con i reclusi e abbiamo trovato tre carabinieri che non sapevano cosa fare. Abbiamo raccolto e filmato denunce di maltrattamenti subiti. Poi ci hanno portato in un container per l’identificazione e lì si è scatenato un balletto derivante da un vizio giuridico. Eravamo entrati in area militare, ma in un posto che in quanto area militare non poteva funzionare come centro per richiedenti asilo».

Dentro, dopo il timore iniziale, i circa cento migranti presenti, provenienti soprattutto dai paesi dell’Africa subsahariana, hanno solidarizzato con gli “intrusi” dichiarando lo sciopero della fame. Approfittando del caos, 15 “ospiti” sono riusciti a far perdere le proprie tracce. Solo alle 23.30, dopo l’intervento di un deputato ds, i manifestanti sono stati rilasciati. A quel punto subentrava però il problema delle riprese effettuate nel centro: le forze dell’ordine hanno preteso la confisca delle videocassette ma uno dei filmati è comunque uscito dal centro.

Comune il giudizio delle diverse sensibilità dei partecipanti: si è finalmente riusciti a coniugare, in maniera non solo simbolica, la voglia di contrastare la Bossi-Fini con la necessità di praticare tale dichiarazione di intenti. I migranti fuggiti, o l’ipotesi tutt’altro che peregrina che il centro di Bari venga presto chiuso, sono il risultato più evidente di tale intervento. I migranti che sono riusciti a darsi alla macchia hanno praticato l’unico diritto loro consentito nelle maglie della fortezza Europa: il diritto alla fuga.