Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Sezione distaccata di Cittadella N. 80266/03 N.C.

Tribunale Ordinario di Padova

Ordinanza sui ricongiungimenti familiari del 28 luglio 2003

Il Giudice,
sciogliendo la riserva assunta;
esaminati gli atti del procedimento n. 80266/03;
preso atto della mancata costituzione della P.A. convenuta e della mancanza di controdeduzioni;

premesso:
– che il ricorrente SAHIR MOUNIR, nato a Casablanca (Marocco) il 29.1.1978, titolare di permesso di soggiorno n° F 203834 rilasciatogli dalla Questura di Padova il 22.07.2002, ha chiesto ed ottenuto dalla Questura di Padova, in data 23.9.2002, nulla osta al ricongiungimento familiare in favore della propria moglie FANIDA SIHAM, nata a Casablanca il 12.5.1983, e della propria madre GOURAM NAIMA, nata a ben Slimane il 5.11.1957;

– che il prescritto nulla osta è stato trasmesso al Consolato Generale d’Italia a Casablanca, competente al rilascio del visto di ingresso;

– che il Consolato, ricevuti i documenti, rimaneva inerte nonostante i solleciti del legale del SAHIR ( al quale rispondeva unicamente, con missiva 28.10.2002, che l’Ufficio Visti era temporaneamente chiuso al pubblico e che erano, allo stato, in corso di trattazione le domande corredate dei nulla osta delle Questure competenti rilasciati nel 2001) e delle due donne interessate ad ottenere il visto di ingresso (per quanto desumibile dal timbro apposto sulla ricevuta di ritorno della raccomandata da loro inviata al Consolato, ricevuta datata 19.2.2003);

– che successivamente il Consolato Generale d’Italia in Casablanca faceva affiggere un “avviso”, prodotto in copia dal ricorrente, non datato né intestato né sottoscritto in alcun modo, trilingue, nel quale comunque si comunicava che “per disposizione dei competenti servizi del ministero degli Affari Esteri e del ministero degli interni italiani, a decorrere dal 9.5.2003 non saranno più presi in considerazione i Nulla Osta per ricongiungimento familiare rilasciati dalle Questure italiane da oltre 6 mesi, in quanto è possibile che siano venute meno le condizioni che ne hanno determinato il rilascio”;

– che con ricorso depositato il 24.6.2003 il signor SAHIR MOUNIR, nato a Casablanca (Marocco) il 29.1.1978, ha chiesto a questa A.G., ai sensi dell’art. 30, comma 6°, D.Lgs. 266/98, il rilascio del visto d’ingresso per ricongiungimento familiare a favore di FANIDA SIHAM e GOURAM NAIMA, rispettivamente moglie e madre del ricorrente;

Osserva.

1) Il comportamento omissivo della P.A. – Consolato Generale Italiano di Casablanca – che, dopola valutazione positiva dei requisiti oggettivi e soggettivi per l’ottenimento del ricongiungimento fatta dalla Questura di padova prima di concedere il Nulla Osta, non rilascia e non nega il visto d’ingresso alle due congiunte del ricorrente, non è un atto amministrativo (ossia un provvedimento scritto e motivato[1] della P.A., da comunicarsi allo straniero anche se negativo: art. 4, 2° comma, D. L.vo 286/98), né è assimilabile alla fattispecie del silenzio – rifiuto, in assenza di una specifica disposizione di legge che lo preveda.

2) Pur se la legge (art. 6, u.c., D.P.R. 394/99, regolamento attuativo del T.U. sull’immigrazione) non prevede esplicitamente un termine entro il quale le autorità consolari debbano decidere sulla richiesta del visto, nondimeno l’inutile decorso del tempo per provvedere ha specifica rilevanza ex legge 241/90: ne consegue che il visto deve essere concesso o respinto entro trenta giorni dalla richiesta.

3) L’applicabilità alla fattispecie dei visti di ingresso per ricongiungimento familiare del termine ordinario di trenta giorni ha trovato, recentemente, implicita conferma nella previsione del comma 3 quinquies dell’art. 5 D.Lvo 286/98, comma aggiunto con legge 30.7.2002 n .189, art. 5, comma 1, lettera E), che prevede la comunicazione dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana che rilascia il visato d’ingresso per ricongiungimento al Ministero dell’Interno entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione necessaria.

4) Decorso inutilmente (ed abbondantemente) tale termine[2], si verifica una lesione del diritto soggettivo all’unità familiare dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in italia, che è diritto di rango sia costituzionale (art. 29) sia comunitario, suscettibile di comprensione solo in presenza di preminenti esigenze di ordine pubblico o di sicurezza dello stato (artt. 1,2,3, 52 cost.) che nella fattispecie non sono state invocate nemmeno dalla Questura che ha invece rilasciato il nulla osta.

5) Sussiste, dunque, nella fattispecie il potere dell’AGO di ordinare il rilascio del visto, sostituendosi così di fatto alla P.A. rimasta ingiustificatamente inerte; ciò ai sensi degli artt. 30, comma 6°, L. 286/98 e 6, comma 20°, D.P.R. 394/99.

6) Si tratta, infatti, di atto dovuto, in presenza dei presupposti che quella P.A.avrebbe dovuto verificare (ossia l’esistenza dei rapporti di parentela/coniugio e convivenza, nonché l’esibizione di un valido passaporto e di un valido titolo di viaggio[3]), tanto più che il nulla osta (rilasciato in data 23.9.2002) è stato utilizzato ai fini del rilascio del visto consolare entro sei mesi[4] dal suo rilascio (art. 15, ultimo cpv., D.M. 12.7.2000).

7) A tale proposito, va ricordato che con ordinanza interpretativa di rigetto in data 17/5/2001, n. 140, la Corte Costituzionale, pronunciandosi su identica fattispecie prevista dalla normativa previgente in tema di immigrazione (art. 28, comma6°, L. 6.3.1998, n. 40), ha affermato la legittimità dell’attribuzione al giudice ordinario del potere di ordinare alla P.A. il rilascio del visto, sul rilievo che “non esiste un principio costituzionale che escluda la possibilità per il legislatore ordinario, in determinati casi (rimessi alla scelta discrezionale del legislatore), in sede di affidamento della tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi nei confronti della pubblica amministrazione, di attribuire al giudice ordinario anche un potere di annullamento e speciali effetti talora sostitutivi dell’azione amministrativa, inadempiente rispetto a diritti che lo stesso legislatore considera prioritari, anche se ciò può comportare la necessità da parte del giudice di valutazioni ed apprezzamenti non del tutto vincolanti, ma sempre riguardanti situazioni regolate da una serie di previsioni legislative, che prevedano espressamente l’esercizio di tali poteri; che anzi la norma in discussione può inquadrarsi…come esempio, ormai non del tutto isolato, applicativo della specifica previsione dell’art. 113, 3° comma, della Costituzione, soprattutto nella tendenza di rafforzare l’effettività della tutela giurisdizionale….”

8) Deve, da ultimo, precisarsi che la madre del ricorrente, pur non possedendo attualmente tutti i requisiti previsti dall’art. 29, 1° comma, lettera c) del D.Lgs. 286/98, dopo la modifica restrittiva apportata dall’art. 23, comma 1, lettera a), n. 2, della L. 30.7.2002 n. 189, era in regola con la disciplina vigente all’inizio del procedimento amministrativo azionato per il suo ingresso in Italia, ossia al momento della domanda del nulla osta presentata dall’odierno ricorrente alla Questura di Padova il 22.7.2002.

9) A quella data deve farsi riferimento per stabilire qual è lo statuto applicabile alla richiesta di ricongiungimento con il congiunto in oggetto: una significativa conferma è offerta dal provvedimento di nulla osta del Questore, emesso il 23.9.2002 senza riferimento alcuno alla mutata disciplina, la cui applicazione avrebbe impedito il rilascio del nulla osta.

10) Per tutte le ragioni che precedono il ricorso va accolto integralmente

P.Q.M.

Visti gli artt. 737 c.p.c.; 30, comma 6°, L. 286/98 e 6, comma 20°, D.P.R. 394/99,

accogliendo il ricorso proposto da SAHIR MOUNIR, nato a Casablanca (Marocco) il 29.01.1978, titolare di permesso di soggiorno n° F 203834 rilasciatogli dalla Questura di Padova il 22.07.2002, ordina al Consolato Generale d’Italia a Casablanca di rilasciare il visto d’ingresso in Italia per ricongiungimento familiare in favore di FANIDA SIHAM, nata a Casablanca il 12.5.1983, e GOURAM NAIMA, nata a Ben Slimane il 5.11.1957, la prima moglie e la seconda madre del ricorrente, previa esibizione del passaporto e della documentazione di viaggio;

. sussistendo conclamati motivi di urgenza, dichiara il presente provvedimento immediatamente esecutivo;

. ordina a tutti i pubblici ufficiali appartenenti alle Amministrazioni Pubbliche interessate di prestare la propria collaborazione per la immediata esecuzione del presente provvedimento;

. pone le spese del giudizio a carico di controparte ai sensi dell’art. 93 c.p.c..

Cittadella, 28.07.2003

Il Giudice
Dott.ssa Paola Cameran

[1] Salvi i casi in cui la legge, in deroga alla disciplina generale dettata dalla L. 241/90, espressamente esclude un obbligo di motivazione del diniego del visto di ingresso dovuto a motivi di sicurezza o di ordine pubblico: art. 4, 2° comma, ultima parte, D.L.vo 286/98

[2] Fatto del quale danno implicitamente atto – ex adverso – sia la missiva spedita al legale del ricorrente sia l’”avviso” affisso presso il consolato di Casablanca

[3] Nel silenzio di quella Autorità Consolare, questo Giudice deve attenersi al dettato normativo del T.U. sull’Immigrazione e del regolamento di Attuazione, e non può stabilire se sia necessario il verificarsi di ulteriori condizioni o l’adempimento di più approfonditi controlli, che dovrebbero essere previsti e documentati ex art. 3, 2° comma, L. 241/90

[4] Prova ne sia il fatto che la prima “comunicazione” sul punto, sollecitata dal legale del SAHIR, è la missiva consolare 28.10.2002, attestante che l’Ufficio Visti era temporaneamente chiuso al pubblico e che erano, allo stato, in corso di trattazione le domande corredate dei nulla osta delle Questure competenti rilasciati nel 2001 !