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A cura di Alessandro Ghigi, Servizio immigrazione e promozione dei diritti di cittadinanza (Venezia)

La regolarizzazione dei cittadini extracomunitari in Provincia di Venezia

Proprio in questi giorni, un anno fa, cominciava la trafila delle famiglie, delle imprese o delle industrie italiane per regolarizzare i propri lavoratori stranieri fino a quel momento occupati in maniera irregolare.
A distanza di un anno, è ancora esiguo il numero delle Prefetture che hanno portato a termine l’iter delle domande di regolarizzazione. Non fa eccezione la Prefettura di Venezia che si trova con ancora un migliaio di pratiche da concludere, ma che vanta un numero dei contratti stipulati più consistente rispetto ad altre realtà regionali.

Vediamo però quali sono i punti in sospeso che impediscono di portare a termine questa regolarizzazione nella nostra provincia (anche se credo il ragionamento possa essere esteso al contesto nazionale).

In primo luogo, vi è ancora un alto numero di convocazioni mancate. Durante il periodo estivo, infatti, una elevata quota di contratti non è stata stipulata poiché alle convocazioni previste i datori di lavoro e i lavoratori non si sono presentati. La ragione di questo ritardo è dovuta anche al fatto che questi si trovavano in vacanza. La conseguenza, spiacevole, è che i contraenti devono attendere una nuova convocazione.
A ciò si aggiungano altri due aspetti non poco rilevanti: ovvero il fatto che durante tutta la fase della regolarizzazione una parte delle lettere di convocazione inviate attraverso le Poste Italiane dalle Prefetture tardavano a raggiungere le destinazioni previste o non sono mai arrivate.
Dall’altro lato, che con il passare dei mesi, i rapporti di lavoro denunciati tra settembre e novembre dello scorso anno, sono mutati (a causa del decesso del datore di lavoro, del licenziamento del datore o delle dimissioni del lavoratore), pertanto questa mobilità ha ingenerato dei seri problemi di reperibilità degli interessati.
A questo proposito tengo a lanciare un appello a tutti coloro che per una ragione o per l’altra non hanno più saputo nulla della sorte della loro pratica di regolarizzazione: se non siete ancora stati convocati, o se non avete segnalato le eventuali variazioni di domicilio, o se nel frattempo il rapporto di lavoro è terminato, o per qualsiasi altra ragione, Vi consiglio di mettervi in contatto con uno dei tanti Punti Informativi che nella Provincia di Venezia continuano, sulla base dell’accordo con la Prefettura, a dare informazioni all’utenza sullo stato delle pratiche di regolarizzazione.

In secondo luogo, con l’assottigliarsi del numero delle pratiche si fa più evidente la presenza della casistica cosiddetta “complessa”. Vale a dire tutte quelle persone che non possono, sulla base dell’art. 33 della legge 189/2002 e della legge 222/2002, portare a termine la procedura di regolarizzazione (persone straniere espulse con accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica, soggetti sottoposti a procedimenti penali per delitti non colposi, ovvero denunciati per reati di cui agli artt. 380 e 381 del codice di procedura penale, cittadini stranieri segnalati in base ad accordi internazionali per la non ammissione nel territorio statale).

In proposito però è importante fare una precisazione. Poiché, a quanto sembra, le informazioni che le Questure ricevono dal Centro dati nazionale della Polizia di Stato in merito alle pratiche controverse – e che quindi non potrebbero beneficiare della regolarizzazione – non sembrano essere molto dettagliate, sarà bene che chiunque si trovi in questa delicata situazione si cerchi un legale che possa, attraverso l’accesso agli atti relativi alla pratica, verificare la causa dell’impedimento alla regolarizzazione. In alcuni casi, ad esempio, ci si è trovati di fronte a situazioni in cui, mentre da un lato la Polizia sosteneva che il cittadino straniero fosse stato espulso con un accompagnamento alla frontiera, dall’altro il diretto interessato contestava questa tesi mostrando, documenti di viaggio alla mano, di aver lasciato il paese autonomamente.
Un estremo tentativo, che peraltro non sospende l’esecuzione dell’espulsione, è quello di avviare un ricorso sempre per mezzo di un avvocato contestando la legittimità costituzionale degli articoli di legge che impediscono la regolarizzazione (ad esempio a chi ha solamente ricevuto una denuncia per aver rubato una mela).

Infine, segnalo un ulteriore problema che si sta presentando, ovvero quello che vede le pratiche di un numero consistente di lavoratori stranieri bloccate poiché dall’esame della Questura il datore di lavoro risulta avere avuto dei problemi di ordine penale tali da impedirgli di portare a buon fine la domanda di regolarizzazione. Si tratta di una situazione molto delicata, sulla quale speriamo prevalga un interesse che dovremmo definire collettivo e di equità: vale a dire consentire a questi lavoratori – oramai inseriti nel contesto sociale e lavorativo– di ottenere un permesso di soggiorno (anche per attesa occupazione). Una decisione contraria, la non regolarizzazione, sarebbe infatti una beffa troppo evidente per chi, oltre ad aver atteso invano per tutti questi mesi l’elargizione da parte dello Stato di un documento di soggiorno, si troverebbe a pagare per il semplice fatto di esser stato impiegato da un datore, per cosi dire, “sbagliato”.