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L’isterismo sicuritario tradotto nei CPT

Visita al CPT di Lamezia Terme

“Nella struttura non c’erano sedie, tavoli, niente che potesse far pensare ad un servizio di mensa perchè, come ci hanno raccontato le persone trattenute, mangiano sui letti. Nessuna forma di comunicazione con l’esterno: c’era una sola cabina telefonica in una struttura che può detenere fino a 110 migranti, ma ci hanno riferito che non ricevono schede telefoniche…”

Il 26 settembre una delegazione organizzata dal Tavolo migranti e dal PRC, è entrata insieme a Russo Spena ed alle realtà locali, nel Cpt di Lamezia Terme, eufemisticamente denominato, da una serie di cartelli recenti lungo il percorso, “centro di accoglienza”. La delegazione si è trovata di fronte ad una situazione che va ben oltre l’immaginazione, che rende concreta quello che da tempo viene chiamato “stato di eccezione come forma legale di ciò che non può avere forma legale”. In una struttura in evidente corso di “ammodernamento”, con una grata di metallo alta diversi metri supportata da una seconda grata di metallo, abbiamo trovato rinchiusi una settantina di migranti in condizioni disumane che ci hanno ricordato le primi immagini diffuse dei manicomi. Le stanze non avevano porte, non c’erano vetri alle finestre, nessuna forma di riscaldamento in una struttura funzionante sempre, materassi buttati per terra, pochi servizi igienici in una condizione igienico-sanitaria assolutamente precaria, invece che rubinetti c’erano pompe di gomma da cui arriva solo acqua fredda, nessun ricambio di biancheria, letti persino nel cortile esterno. Nella struttura non c’erano sedie, tavoli, niente che potesse far pensare ad un servizio di mensa perchè, come ci hanno raccontato le persone trattenute, mangiano sui letti. Nessuna forma di comunicazione con l’esterno: c’era una sola cabina telefonica in una struttura che può detenere fino a 110 migranti, ma ci hanno riferito che non ricevono schede telefoniche. L’uso limitato e discrezionale, nonostante sia un diritto fondamentale, di poter esercitare il diritto di difesa è affidato alla presenza di un avvocato ovviamente in convenzione con la gestione del lager. E così abbiamo incontrato persone di diversa nazionalità: alcuni entrati in Italia per turismo che, dopo pochissimi giorni di permanenza in Italia, le forze dell’ordine durante un’incursione notturna avevano trasferito nel Cpt senza che gli fosse spiegato in una lingua a loro comprensibile cosa gli stesse accadendo; persone in procinto di rientrare nel proprio paese in possesso persino di un biglietto aereo, trattenute senza alcuna informazione; persino chi sposato con una donna italiana ed un figlio senza possibilità di comunicare con la propria famiglia; tantissime persone con in mano le pratiche di regolarizzazione; un richiedente asilo, vittima di tortura nel proprio paese, che ha ingoiato due lamette ed al quale è stato rifiutata la visita di un medico con le parole “muori come un cane”. Abbiamo incontrato tantissimi migranti in “regime di doppia pena”, considerato che hanno già scontato una pena in carcere; tossicodipendenti in cura a cui viene negata la somministrazione di farmaci e che pertanto ci chiedevano più dosi di valium; ragazzi in stato depressivo tale da non riuscire da venti giorni ad alzarsi dal proprio letto e neanche a mangiare; persone in uno stato evidente di confusione psichica che qualunque medico ne accerterebbe immediatamente l’incompatibilità con lo stato di detenzione. La Bossi-Fini, come la prosecuzione estremizzata ma assolutamente coerente della Turco-Napolitano del 1998, chiude ulteriormente le frontiere ed apre a logiche di isterismo securitario, inasprendo quelle politiche repressive nei confronti dei migranti, paradigma delle quali sono i Cpt e le altre strutture chiuse i cui vari eufemismi non servono a mascherarne la effettiva destinazione. Questi mostri dello stato penale globale non sono “emendabili”, perché oltre ad ogni valutazione puramente giuridica, rendono “legge dello stato” l’intolleranza, il disconoscimento e la violazione dei diritti fondamentali della persona e di cittadinanza, in nome del controllo sociale e della militarizzazione degli spazi di espressione. Le politiche rivolte ai migranti sono il laboratorio politico di sperimentazione dello stato di eccezione permanente e della sospensione del diritto, a partire da Schengen e Dublino. La denuncia ancora più grave che la delegazione entrata a Lamezia Terme sottopone agli occhi di tutti, è che la gestione di questo posto è affidata alla cooperativa sociale “Malgrado tutto”: questo privato sociale, così come certa chiesa, invece di premere ai confini del diritto per abbatterli, per allargare e moltiplicare diritti e spazi di esistenza, ha assunto in pieno quel mandato infamante di “normalizzazione”, divenendo puro business umanitario funzionale alle pratiche di controllo e di esclusione sociale. La retta giornaliera che la cooperativa percepisce per ogni migrante detenuto è di circa 45 euro. Ma nonostante tutte le denunce, nuovi luoghi di reclusione come questo si stanno costruendo in ogni regione, in Puglia come in Liguria, come in Campania. Il senso dei monitoraggi, delle nostre proteste, delle nostre denunce mira a costruire un grido assordante per una dichiarazione di incompatibilità radicale con questi luoghi anche se fossero alberghi di lusso: per svergognarli, toglierli aria e finanziamenti, per stringerli d’assedio, per liberarli. Se questa è, come riteniamo, una delle maglie del reticolato globale, nessuna denuncia resterà muta e, per dirla con A.Roy, “nessun obiettivo è modesto, nessuna vittoria insignificante”.

Erminia Rizzi Forum dei diritti – Bari