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da La Gazzetta di Parma del 12 settembre 2003

I call-center verso la chiusura

Le nuove regole prevedono tre bagni nei negozi. I gestori: "!Impossible riuscirci"

Ahmed viene dal Pakistan, ha aperto il suo call-center in via XX Settembre quattro anni fa. C’è sempre gente nelle sei cabine telefoniche, chiamano in Marocco, in Tunisia, in Egitto, in Etiopia, in India e lui pratica tariffe convenienti. Da qui possono anche spedire denaro a casa, tramite la Western Union. In città ci sono 28 negozi come questo, e tutti lavorano, la richiesta è enorme.
“Ma adesso vogliono farci chiudere tutti – dice Ahmed, mostrando l’ordinanza di chiusura ricevuta da un altro centro – chi può rispettare le nuove regole che hanno fissato? Dove li metto qui dentro tré bagni? Il padrone di casa non è d’accordo nel costruirli. E poi, a cosa servono? La gente viene qui a telefonare, due minuti, non per andare in bagno. Se ne casa non è d’accordo nel costruirli. E poi, a cosa fosse prescritto uno, o due in quelli più grandi, ma tré è assurdo, è impossibile farli”.

Nei mesi scorsi i call-center, o le loro immediate vicinanze sono stati teatro di reati e risse, e molti cittadini hanno lamentato assembramenti di extracomunitari, chiasso nei quartieri dove sono ubicati questi esercizi, sporcizia.
E sono fioccate anche denunce per disturbo alla quiete pùbblica.
Il consiglio comunale all’unanimità ha deliberato, il 4 aprile 2003, un regolamento in cui fissa, nell’articolo 90bis, i requisiti igienici e di sicurezza dei locali per “attività di prestazione dei servizi di telecomunicazioni accessibili al pubblico.”

Illuminazione adeguata, aerazione, allacciamento fognano è tré; bagni: uno per il personale, uno per gli uomini e uno per le donne, di questi almeno uno accessibile alle persone disabili. La scadenza per ottemperare è il 4 ottobre. Ma tutti i gestori dicono di non poterlo fare.
“Anche molti bar hanno un solo bagno – continua Ahmed – non capiamo perché questa cosa debba colpire solo noi. Chiediamo all’amministrazione di ripensarci, noi forniamo un servizio a tanti extracomunitari e paghiamo le tasse. I borghi sono anche nostri, viviamo e lavoriamo qui e non diamo fastidio a nessuno”.
Said, egiziano, gestisce da sei anni un call-center in via Bixio. “Lavoriamo onestamente – dice – allora perché non chiudono anche le cabine della Teleconi? Se quelle le lasciano ci automatizziamo anche noi, e la sera ripassiamo a prendere i soldi”.
c. ben.