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Carcere, immigrazione e legge Bossi-Fini

Intervista al Prof. Emilio Santoro, docente di Diritto all’Università di Firenze e direttore de L'altro diritto

Il numero dei migranti nelle carceri italiane è in rapido aumento, nelle carceri delle grandi città si arriva a percentuali che superano spesso il 50% dei detenuti. Questo aumento avviene a dispetto di tutti i tentativi di espellere i migranti soggetti a pena. L’andamento non è sorprendente, dato che la legge Bossi-Fini, sanzionando penalmente la violazione dell’ordine ad allontanarsi dal territorio e prevedendo l’arresto in flagranza per violazione di tale ordine configura il carcere come un evento normale per coloro che dalla stessa legge sono costretti a vivere da clandestini.

Domanda: Dalla ricerca emerge che il numero dei migranti nelle carceri italiane è in aumento. Come commenta questo dato di fatto?

Risposta: La legge Bossi-Fini aumenta il numero dei migranti nelle carceri. Innanzitutto perché prevede un aumento dei reati per i quali un migrante va in carcere in quanto crea una precarietà per cui diventa facile per un migrante trovarsi in una situazione di illegalità: basta che perda il lavoro e non riesca a trovarne un altro nei sei mesi successivi – sempre che abbia la fortuna di mantenere il permesso per ricerca di lavoro – diventa automaticamente un delinquente.
La legge inoltre spinge a commettere reati di falso per avere i documenti per poter restare in Italia. Di fatto considera come reato il rifiuto ad allontanarsi dal territorio italiano quando non si ha più il permesso di soggiorno e di recente, con una sentenza di cassazione, stare su un territorio senza documenti è considerato reato. Le modalità con cui un migrante finisce in carcere sono numerose.
L’altro dato è che il migrante viene escluso dalla possibilità di usufruire delle misure alternative perché la permanenza in carcere, anche se era regolare, lo rende di fatto irregolare, per cui soggetto da espellere. Di conseguenza gli rende particolarmente difficile trovare una casa ed un lavoro che sono il presupposto per accedere a misure alternative. Conseguentemente non avrà altra scelta che stare in carcere.

D: Si potrebbe sostenere che a dispetto della Costituzione italiana e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo il carcere si stia configurando sempre di più come un centro di permanenza temporanea?

R: La Bossi-Fini ha definitivamente trasformato le carceri in centri di permanenza temporanea. La norma più evidente è che si dà l’espulsione come pena alternativa, ovvero se un immigrato può essere condannato ad una pena fino a due anni può essere condannato all’espulsione anziché al carcere. In attesa che venga effettuata l’espulsione questa persona non sta in un Cpt, come a quel punto dovrebbe essere corretto, ma in carcere. E’ dunque evidente l’equiparazione tra il Cpt e il carcere.

Nella ricerca Il carcere non è un centro di permanenza temporanea si legge:
“La Bossi-Fini mira infatti a rendere praticamente impossibile che un migrante passato dal carcere possa riprendere la sua vita normale sul territorio italiano, possa reinserirsi socialmente. La previsione che debba essere espulso infatti chiunque sia entrato in carcere per uno dei delitti previsti dall’art. 380, comma primo e secondo, Codice di procedura penale nonché per qualsiasi reato attinente la droga esclude in partenza la possibilità che un migrante possa riprendere la sua vita sul territorio italiano da regolare, anche se ha rubato una mela (cosa per cui si va in carcere non solo nei film e nelle storielle ma anche nella civile Italia, dove il furto non aggravato non esiste più, … naturalmente solo se si è migranti!).”

D: Potremmo dunque dire che una legge intollerante come la Bossi-Fini non facilita l’integrazione del migrante che arriva in Italia e al contempo non facilita l’inserimento del migrante che esce dal carcere?

R: Bisogna precisare innanzitutto che l’inserimento del migrante che esce dal carcere è impossibile, in quanto la legge Bossi-Fini lo esclude. Rispetto al migrante che giunge in Italia, di certo non consente integrazione, già difficile con la Turco-Napolitano.
Lo scopo della Bossi-Fini non è di inserire il migrante nella nostra società, ma di farlo lavorare qui, come semplice forza lavoro.

A tal proposito citiamo ancora il documento a cura del prof. Emilio Santoro:
“La sistematica prospettiva di essere espulso impedisce sicuramente alla pena di aver qualsiasi effetto “rieducativo-reinseritivo” e crea una intollerabile disparità di trattamento tra migranti e cittadini italiani (…)”

D: Cosa pensa della tendenza europea rispetto al governo delle migrazioni?

R: Il quadro europeo sulle migrazioni è dato dal trattato di Schengen, che affronta la migrazione come problema di polizia. La presenza dei Cpt in Italia è dovuta al fatto che l’Europa ci ha costretto ad istituirli. Schengen è attualmente un accordo intergovernativo, dovrebbe diventare materia comunitaria d’immigrazione. Per i migranti si sta profilando una condizione di europei non europei.