Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 27 novembre 2003

Porte chiuse ai rifugiati di Cinzia Gubbini

Tira una brutta aria, oggi, sull’ultimo consiglio europeo dei ministri della giustizia e degli affari interni (Ugai) guidato dalla presidenza italiana a Bruxelles. L’incontro, infatti, è stato preceduto da comunicati durissimi inviati dagli organismi che si occupano dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Oggi il consiglio potrebbe decidere di approvare la direttiva sulle procedure per la richiesta dell’asilo politico in Europa, passo essenziale nel processo di armonizzazione delle politiche sull’immigrazione che dovrebbe concludersi il 1 maggio 2004. Anzi, dal vertice di Siviglia uscì addirittura la richiesta di chiudere tutto per il 31 dicembre. Ma non andrà così. Si tratta della direttiva più importante tra quelle che dovranno ridisegnare il volto dell’Europa nei confronti dei richiedenti asilo. Da questa si comprenderà se l’Europa unita intende mantenere il diritto d’asilo tra i suoi principi cardine oppure no. E sembra di no. Così, a quattro anni dall’avvio del cosiddetto «spirito di Tampere» dove nel `99 vennero dettate le linee guida dell’armonizzazione europea in materia di immigrazione – dichiarando solennemente che sarebbe stata rispettata la Convenzione di Ginevra – ci ritroviamo in una situazione in cui ci si augura che il processo si fermi «in attesa di un momento più propizio».

E’ questo il succo di una lettera che l’alto commissario delle nazioni unite per i rifugiati, Luud Lubbers, ha inviato a Silvio Berlusconi, in veste del presidente di turno dell’Unione europea. «La direttiva dovrebbe mirare a standard elevati di protezione dei rifugiati – scrive Lubbers – ma temo che questa direttiva sarà ridotta a un catalogo di clausole facoltative che comprenderanno scostamenti significativi dal diritto internazionale del rifugiato, dai diritti umani riconosciuti e dai principi stabiliti nel corso di più di cinquant’anni».

Se l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur) si esprime in questi termini, vuol dire che ci troviamo di fronte a una direttiva davvero pericolosa. Come è noto, infatti, l’Acnur riveste un ruolo soprattutto di mediazione, e evita di prendere posizioni troppo definitive. Questa volta l’ha fatto, e mette anche in fila quali sono i punti della direttiva da cambiare. Prima di tutto la famosa nozione di «paese terzo sicuro». L’Ue, cioè, potrebbe stilare una lista di paesi considerati non a rischio, verso cui «espellere» i richiedenti asilo durante il riesame della domanda (tra il 30 e il 60% dei rifugiati viene riconosciuto solo in sede di riesame). Un bel modo per scaricare sulle spalle di altri paesi l’«onere» di occuparsi dei richiedenti asilo, senza contare che nella lista dei paesi sicuri potrebbero rientrare paesi che sicuri non sono affatto. La nozione di «paese sicuro» si potrebbe estendere, inoltre, anche ai paesi di provenienza. Quindi, per esempio, si potrebbe decidere che la Turchia è un paese democratico e quindi impedire a un kurdo o a un turco di chiedere asilo in Europa. Secondo la direttiva, una persona proveniente da un paese «presumibilmente» sicuro potrebbe esssere bloccato direttamente alla frontiera. A deciderlo sarebbe la polizia, visto che non è prevista la composizione di un’autorità competente. Inoltre, in molto casi non è prevista la possibilità di avere un ricorso con effetto sospensivo dell’espulsione. Contro l’impostazione della direttiva si è schierato anche il Consiglio europeo dei rifugiati (Ecre), sostenendo che se la direttiva verrà approvata così com’è l’associazione chiederà alla Commissione europea di ritirare la sua proposta (sarebbe la prima volta).

Per fortuna, secondo le previsioni degli osservatori, oggi il consiglio non risucirà a trovare un accordo. Anche sulla questione dell’immigrazione e dell’asilo, infatti, l’Europa è spaccata in una pluralità di posizioni che danno la precedenza alle esigenze nazionali rispetto alla necessità di arrivare a una politica comune. Gran Bretagna e Germania, per esempio, sono fortemente sospettate di aver voluto introdurre tali e tante precisazioni (si tratta, in effetti, di una direttiva dettagliatissima) proprio per far slittare l’approvazione, in attesa che giungano in porto le rispettive riforme nazionali sulla legislazione sull’asilo.

Sconfortante il dato politico: dopo anni passati ad ammonire i rispettivi stati nazionali sui «principi inviolabili» riconosciuti dall’Unione europea, il quadro è cpompletamente cambiato. E adesso bisogna difendersi dall’Unione.