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da Il Manifesto del 7 gennaio 2004

Sciopero della fame nell’inferno australiano di Massimiliano Civili

Trentacinque afghani non mangiano da quattro settimane. Chiedono diritto d'asilo. L'Australia: «Illusi»

Sydney – La pagina di storia che l’Australia sta scrivendo dall’avvento del governo Howard (novembre 2001) è un’altra di quelle che solo una nuova e profonda opera di revisionismo potrà far digerire alle generazioni future. L’Australia dei diritti dell’individuo, quella delle frontiere aperte e del multiculturalismo spinto, è ormai solo uno sbiadito ricordo. Non a caso oggi l’ottantadue per cento dei casi che si discutono davanti alla corte suprema riguarda gli immigrati e i loro appelli ai provvedimenti di espulsione ordinati dall’ufficio immigrazione. Tutti respinti gli immigrati «inutili», quelli del flusso post 11 settembre, anzi utili a giustificare la presenza dei centri di detenzione, una volta gestiti dall’americana Wackenhut (sotto le spoglie dell’Acm Australia), maestri nel costruire gabbie e venderle, carcerieri inclusi, e oggi affidati a un gruppo di «educatori» francese. Uno di questi centri, il più terribile, la casa di pena per profughi di Woomera, simbolo scomodo delle lotte dei sans-papier, è stata chiuso, perché troppo costoso da mantenere. Non ha chiuso invece il centro detentivo di Nauru, un grosso ciottolo in mezzo all’oceano Pacifico, nell’Oceania del nord. Il governo di Nauru, «indipendente», oggi sopravvive grazie alle sovvenzioni aussie: qualche milione di dollari in cambio di una fetida discarica al centro dell’isola e del permesso di costruirvi sopra dei casermoni circondati da recinti e filo spinato. A Nauru 35 uomini di nazionalità afgana (di etnia Hazara), stanno attuando da quattro settimane uno sciopero della fame affinché il governo conceda loro la possibilità di essere re-interrogati dall’ufficio immigrazione in presenza di un interprete imparziale. La prima volta erano stati assistiti da un interprete di etnia pashtun che non avrebbe tradotto correttamente le dichiarazioni degli afgani, ai quali infatti è stato negato lo status di rifugiati. Alcuni di loro si sono già cuciti le labbra e altri quattro minacciano di cucirsi anche le palpebre degli occhi se a breve il governo non prenderà una decisione a riguardo.

La nuova ministra dell’immigrazione Amanda Vanstone – il precedente, Philip Ruddock, si è guadagnato sul campo i galloni di guardasigilli – ha dichiarato che i richiedenti asilo sono degli illusi se pensano di ottenere il permesso di soggiorno automutilandosi o non nutrendosi. Otto uomini sono già finiti in ospedale disidratati. La Vanstone dice che l’acqua c’è, i detenuti devono solo berla.

Nel centro di Nauru sono reclusi da più due anni, praticamente da quando si insediò Howard, 284 richiedenti asilo (afgani, la maggioranza, e pakistani) e 93 bambini. Potrebbero finire in Nuova Zelanda che nel passato ha già accolto profughi da Nauru. Ma il ministro neozelandese per i servizi sociali Steve Maharey ha annunciato che il suo governo si muoverà solo se gli sarà richiesto da quello australiano. Che per ora tace.