Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Diritto di asilo e “non accoglienza”

Intervista a Christopher Hein (CIR) sui dati forniti dal Ministero dell'Interno in materia di diritto di asilo

Domanda: Come commenta i dati forniti da Mantovano nel corso dell’audizione di mercoledì scorso al Senato in tema di diritto di asilo?

Risposta: Devo dire che sono rimasto sorpreso innanzittutto sui dati dei richiedenti asilo del 2002 perchè questi dati, forniti anche dall’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati (Achnur), e dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di Rifugiato erano molto, molto, più bassi. Si parlava di non più di 9.000 richieste nel 2002 invece Mantovano parla di 17.193.
Su questo do ragione a Mantovano perchè è la cifra che anche noi del CIR abbiamo, già un anno fa, diffuso, e che ci sembrava molto più realistico sulla base del nostro osservatorio alle frontiere.
Per quanto riguarda le cifre del 2003, dove Mantovano parla di 11.319 domande, la nostra stima era intorno a 14.000 per il 2003, quindi qualcosa di più. Però Mantovano parla di domande di asilo presentate e esaminate dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di Rifugiato, quindi non necessariamente tutte le domande sono già arrivate alla Commissione. Io so per esempio che pochi giorni fa la Questura di Crotone ha mandato ben 8.000 verbali di richiedenti asilo qui a Roma alla Commissione centrale.
Comunque quello che possiamo constatare e che rende le cifre fornite da Mantovano molto interessanti è il grandissimo numero di persone che non vengono mai sentite dalla Commissione centrale, che non hanno mai avuto l’opportunità di spiegare il motivo della loro richiesta di asilo. Quelle persone che vengono definite “irreperibili” prima di essere convocati dalla Commissione. Ma noi sappiamo che non si sono resi “irreperibili”, ma semplicemente per forza di cose, per mancanza di strutture di accoglienza, sono passate da una provincia all’altra. Per esempio, quasi tutti sono passati da Crotone, ci sono circa un migliaio di richiedenti asilo solo a Caserta, altri a Foggia ecc…
Quando la Commissione finalmente invita al colloquio le persone non sono più reperibili, non è perchè sono sparite, ma semplicemente perchè il sistema italiano di “non accoglienza” fa si che poi le persone si disperdano nel territorio.

D: Il CIR, in convenzione con le Prefetture, gestisce degli sportelli in alcuni aeroporti e porti per i passaggi di frontiera. Qual è il bilancio del vostro lavoro alla luce delle cifre fornite da Mantovano?

R: Bisogna dire che oggi, e già da alcuni anni, la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo non arriva ai valichi di frontiera, tipo l’aeroporto di Malpensa o Fiumicino o ai porti di Venezia, di Brindisi, di bari, di Trapani, di Ancona, dove siamo presenti con questi servizi.
La maggiorparte delle persone sbarcano a Lampedusa o altre isole a sud della costa siciliana.
Noi siamo contenti, ed è anche un modello per tutta Europa, che la legge del ’98 abbia istituito questi centri di informazione e richiedenti asilo ai valichi di frontiera.
Però dobbiamo constatare che complessivamente le persone che si rivolgono a questi servizi ai valichi sono nemmeno il 15% della totalità dei richiedenti asilo che durante l’anno vengono accolti in Italia.
Quindi è importante avere servizi nelle zone di arrivo, parlo innanzittutto della Sicilia e delle isole siciliane, che sono il primo impatto degli arrivi delle persone.

D: Quando un richiedente asilo riesce ad arrivare in Italia, trova una protezione adeguata?

R: Buona domanda…io direi certamente no.
Protezione innanzittutto vuol dire avere la certezza di non essere rinviato nel paese di origine dal quale si fugge.

Già questo non è garantito in tutti i casi, anche sulla base degli accordi di riammissione che permettono di respingere le persone verso un terzo paese senza avere una piena garanzia che da quel paese la persona non venga nuovamente respinta verso la propria patria.
Se per protezione parliamo anche di protezione sociale, che vuol dire un minimo di accoglienza, come sappiamo, siamo messi male. La totalità dei posti letti disponibili nel Programma Nazionale Asilo, in tutta Italia, non superano le 1.300 unità.

Con le cifre di Mantovano alla mano vediamo che questo è un po’ più del 10% delle domande presentate nel 2003 e decisamente sotto un 10% delle domande presentate nel 2002. Quindi la totalità dei posti non arriva a più del 10% nella media, delle necessità.
Tutti gli altri non trovano protezione sociale, non trovano accoglienza.
Un terzo elemento è il periodo di attesa lunghissimo per essere ascoltati dalla Commissione centrale e quindi di avere una certezza sullo status di rifugiato. Le persone aspettano anche più di un anno, nel frattempo non trovano alloggio, non possono lavorare legalmente e hanno un sussidio in denaro per solo 45 giorni.
Quindi una situazione complessiva di non protezione.

D: Parliamo di Europa. Com’è la situazione italiana rispetto ad altri paesi europei?

R: Non è facile il paragone con gli altri paesi europei. Dipende se il paragone viene fatto ad esempio con un paese come la Germania o con l’Olanda, la Grecia, la Spagna o la Svezia.

C’è una diversità di situazioni ancora molto, molto grande in Europa. Facendo un confronto ad esempio con i paesi più grandi come la Germania, la Francia e la Gran Bretagna si può dire che una “non accoglienza” fino al grado così estremo come in Italia non la troviamo negli atri paesi europei ad eccezione della Grecia. “Non accoglienza” nel senso che spiegavo prima, cioè che il 90% dei richiedenti asilo non trovano alcun posto dove dormire e dove mangiare.
Per quanto riguarda la protezione dal punto di vista più giuridico, quindi le percentuali di quelli che vengono riconosciuti rifugiati in Italia, non siamo messo peggio che in altri paesi, anzi per alcuni aspetti meglio.

Una volta che uno straniero, un richiedente asilo, un rifugiato è ammesso in Italia poi difficilmente viene mandato via con la forza.

C’è un grande dibattito in Germania sui rifugiati bosniaci che sono ancora nel paese e il governo vorrebbe mandarli tutti a casa, una cosa che in Italia non è mai successa.
Una volta che sono qui, che hanno un lavoro e sono inseriti, rimangono qua.
Quindi rispetto a questo aspetto abbiamo un grado più alto di tolleranza e quindi forse anche una protezione maggiore.
Certamente siamo messi malissimo per quanto riguarda l’assistenza materiale, l’accoglienza materiale e l’integrazione per i rifugiati. Quindi su tutto ciò che costa soldi.

Direi che tra i 15 stati membri direi che siamo al numero due dal basso subito dopo la Grecia.

Per quanto riguarda gli aspetti legali, quindi la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno anche per motivi umanitari, non siamo messi peggio che in altri paesi.