Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Friuli V.G. – No alla realizzazione di CPT per migranti. Né a Gradisca né in Regione

Appello

In questi ultimi anni sul territorio italiano, ma non solo, sono stati realizzati i cosiddetti Centri di Permanenza Temporanea, veri e propri centri di detenzione per migranti a vario titolo non regolari o in attesa di regolarizzazione, persone giunte in Italia con documenti giudicati non validi, persone che hanno fatto domanda d’asilo per motivi umanitari o di persecuzione politica.

I CPT sparsi sul territorio italiano si sono dimostrati dei “non luoghi”: non si tratta di “centri di accoglienza” ma formalmente non possono nemmeno essere carceri – chi vi viene rinchiuso generalmente non ha commesso reati – e quindi, come sottolineato da molti giuristi e denunciato da svariate organizzazioni della società civile, sono luoghi di sospensione del diritto dove, ad esempio, viene negato il diritto all’assistenza legale a e alla difesa. In questi “non luoghi” vengono applicate varie forme di repressione e controllo tra cui l’utilizzo di procedure manicomiali (come la somministrazione di psicofarmaci senza controllo medico) che hanno portato spesso ad atti estremi come il suicidio.
Ma la negazione dei diritti è ulteriormente dimostrata anche dallo stravolgimento di qualsiasi normativa con cui vengono scelti i siti destinati ad ospitare i CPT: nessuna amministrazione locale viene preventivamente consultata, anzi le richieste di chiarimenti e le espressioni di contrarietà provenienti dagli enti locali vengono respinti sostenendo che vige per i CPT una condizione di extraterritorialità per la quale non valgono né regole, né le opinioni delle comunità interessate.

Negli ultimi mesi il territorio dell’isontino è fatto oggetto di una decisione ministeriale che vorrebbe la costruzione del 17° CPT italiano nell’ex caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo e che dovrebbe servire tutto il territorio del nordest: il Consiglio Comunale di questa città si era già pronunciato in maniera chiara e univoca contro la realizzazione di tale struttura sul proprio territorio e anche la Regione Friuli Venezia Giulia ha espresso la sua contrarietà. Malgrado ciò i lavori di riatto dell’ex caserma – che il Comune intende utilizzare come sede di un polo universitario – sono già iniziati, anche in contrasto alle rassicurazioni del ministro Pisanu sul loro “congelamento”.
La nostra terra, da sempre multietnica e multilinguistica, è sempre stata zona di transito e permanenza di centinaia di migliaia di persone
che per motivi di lavoro, di asilo e umanitari hanno dovuto lasciare, con notevoli sofferenze e drammi, i loro luoghi d’origine per cercare altrove quanto lì era negato.
Verso queste persone le nostre comunità hanno saputo spesso costruire percorsi di accoglienza e soccorso, prima e al di là di una normativa nazionale sempre più tesa a trattarle come mano d’opera da sfruttare, “merce” da regolarizzare con quote fisse e rigide, negando i diritti d’asilo previsti dalla Costituzione e dal Diritto Internazionale, stivandole in centri di raccolta e smistamento verso l’espulsione.
E dall’entrata in vigore della cosiddetta legge “Bossi-Fini”, questa situazione è ulteriormente peggiorata inasprendo le modalità delle espulsioni, sempre più simili a vere e proprie deportazioni senza possibilità di appello: ne è un tragico esempio l’episodio di due cittadini del Bangladeshrimpatriati a forza da Gorizia nell’agosto del 2003, episodio balzato agli onori della cronaca per la convinta mobilitazione di centinaia di cittadini e cittadine
che a quelle espulsioni tentarono di opporsi.

Noi, cittadini e cittadine, amministratori, associazioni, organizzazioni, partiti, sindacati, movimenti e gruppi della società civile locale, lanciamo un appello per l’apertura di un dibattito e di una mobilitazione che abbiano come obiettivi qualificanti:

– la revoca della decisione di utilizzare l’ex caserma Polonio di Gradisca d’Isonzo come sede per un CPT.

– la scelta della Regione Friuli Venezia Giulia, della sua Giunta e del suo Consiglio, di dichiarare ufficialmente e far valere in tutte le sedi la non realizzabilità di Centri di Permanenza Temporanea per migranti sul proprio territorio.

– il diritto delle comunità di questa regione di scegliere e determinare, in base alle proprie esigenze, i criteri e le finalità di riutilizzo delle aree dismesse e in particolare delle ex servitù militari, presupposto senza il quale nessun dibattito su federalismo e municipalismo può avere senso.

– la valorizzazione e la moltiplicazione di quelle iniziative di accoglienza diffusa e di inclusione che si sono sviluppate in questi anni e che hanno permesso di integrare in Regione oltre 50.000 immigrati, ai quali andrebbero da subito riconosciuti tutti i diritti di cittadinanza e residenza. Facciamo appello a tutta la nostra comunità, alle istituzioni, alle forze sociali e politiche, alle associazioni, ai movimenti, affinchè non solo si esprima contrarietà alla realizzazione di un CPT nella provincia di Gorizia e in regione, ma si realizzi una mobilitazione che sappia essere efficace e vincente per portare il Governo a rivedere tale decisione, destinando piuttosto le ingenti risorse destinate alla realizzazione del CPT per iniziative di vera accoglienza che vadano nel senso di dare piena dignità alle persone migranti e alle popolazioni di questa terra.

Sulla base di questo appello viene convocato un primo incontro pubblico per il giorno mercoledì 3 marzo, a Gradisca presso la Sala “Bergamas” alle ore 20.00. Il dibattito, aperto dal sindaco di Gradisca Gianni Fabris, verrà introdotto da alcuni brevi video a cura di Global Project e dagli interventi di:

– Dott. Loris De Filippi, dell’associazione Medici Senza Frontiere
– Avv. Marco Paggi, dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione
– Milena Zappon, Progetto Melting Pot