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Il diritto di asilo e le omissioni di Mantovano

Interviste a Gianfranco Schiavone (ICS) e Christopher Hein (CIR)

Mercoledì 4 febbraio, nel corso di un’audizione al Senato sullo stato dei lavori in tema di diritto di asilo, il sottosegretario all’Interno Mantovano ha fornito i dati relativi alle richieste di asilo presentate ed esaminate dalla Commissione centrale nel 2003.

Quello che ne esce è un quadro allarmante. Solo il 5% delle domande ha avuto esito positivo.

Nel corso del 2003 sono state accolte solamente 555 domande di asilo su un totale di 11.319, quelle respinte sono 3.358 (per 828 casi è stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari). Secondo i dati sarebbero 7.348 i richiedenti che si sono resi “irreperibili” al momento della convocazione da parte della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato; 44 domande sono ancora “sospese” in attesa per un supplemento di istruttoria, in 14 casi i richiedenti asilo hanno formalmente rinunciato prima di essere convocati.

Questi dati ci forniscono elementi molto utili sul pessimo stato di salute del diritto di asilo nel nostro paese.

Il primo dato che balza agli occhi é che la quasi totalità delle domande riceve parere negativo.
Un altro ostacolo è rappresentato dal periodo lunghissimo di attesa per la convocazione presso la Commissione che può durare oltre un anno.
Cosa succede durante il tempo di attesa al richiedente asilo che non trova alloggio, né può lavorare legalmente e riceve un sussidio in denaro per solo 45 giorni?
Cosa significa che “molte persone si rendono irreperibili”?
L’irreperibilità è data da condizioni oggettive, per la totale mancanza di strutture di accoglienza, che soddisfano solo il 10% delle necessità, per un sistema complessivo di “non protezione” dei richidenti asilo, che sono costretti a spostarsi da una provincia all’altra.

Il ragionamento preoccupante che Mantovano ripropone è che molte domande presentate siano false. Il compito del governo è quindi quello di “saper discernere tra chi ha diritto allo status di rifugiato e chi viene nel nostro Paese per motivi economici o per altre ragioni”.

Vogliamo confutare le tesi di Mantovano attraverso il prezioso aiuto di due persone che lavorano da tempo su questa questione.
La prima intervista è con Gianfranco Schiavone del Consorzio Italiano di Solidarietà – ufficio di Trieste.

La seconda con Christofer Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati.

Domanda: Gianfranco, come commenti le parole di Mantovano dette durante l’audizione?

Risposta: Ciò che emerge chiaramente dalle sue parole sono delle straordinarie contraddizioni nelle quali il sottosegretario cade.
In primo luogo la questione del numero delle domande di asilo. Finalmente vengono forniti alcuni dati (difficilmente reperibili) da cui possiamo notare come le domande siano straordinariamente poche. E questo non viene spiegato, cosa che invece dovrebbe essere fatta.
Poi, all’interno di questo numero già basso, vediamo un fenomeno sconcertante cioè “l’abbandono della domanda” che sostanzialmente corrisponde all’80% del totale. Come mai tutte queste persone fanno domanda di asilo e poi spariscono? Mantovano lo spiega con la frase “Non si può non immaginare un uso strumentale della richiesta d’asilo”.
È evidente che si tratta di una risposta di carattere demagogico perché questo fenomeno non avviene in altri paesi europei. Quindi, o per qualche strano e curioso motivo tutti i richiedenti asilo “falsi” si concentrano in Italia, oppure è chiaro che il motivo è un altro.
Noi abbiamo un fenomeno di dispersione incredibile di domande, di persone che sono a tutti gli effetti richiedenti asilo mentre in Italia continua a mancare un sistema nazionale di accoglienza e tutela di queste persone.
In pratica la persona quando arriva chiede asilo e non trovando assolutamente nulla (anzi spesso trova un muro burocratico alla presentazione delle domande stesse e al rinnovo del pds) finisce o per lasciare comunque il nostro Paese oppure a lasciare cadere la domanda di asilo ma non certo perché non si è asilanti o rifugiati ma magari perché viene offerta una soluzione di “ripiego” – per esempio la sanatoria. Oppure, ancora, si cade nella clandestinità proprio per la mancanza di quel sistema nazionale di tutela.

D: Non è la prima volta che Mantovano propone il ragionamento dei richiedenti asilo “furbi”, che ne approfittano…

R: Si, lo fa continuamente. È legittimo da parte sua farlo ma non è altrettanto legittimo cercare di imbrogliare le carte, di non tentare nemmeno di dare una spiegazione ragionevole al fenomeno. Chiunque legge le cifre vede che l’Italia accoglie 555 domande di asilo – più o meno come il Lussemburgo – e dovrebbe o scoppiare a ridere o rimanere sconcertato da questo dato che ovviamente è la prima cosa a non essere spiegata.
Ma vi sono tantissime altre cose che non vengono dette.
Per esempio Mantovano osserva, giustamente, come la maggior parte degli arrivi continuino a riguardare curdi provenienti dall’Iraq e Turchia. Di nuovo non si comprende come mai l’atteggiamento politico italiano, ormai dichiarato, di fronte alla politica della Turchia verso i curdi, tenda a dire esattamente l’opposto cioè “Il problema non c’è…è in via di soluzione”. Non è un caso che la maggior parte delle domande presentate da curdi abbia una percentuale di accoglimento molto basso. Anche su questo Mantovano non dà nessuna spiegazione, ne sul dato ne sul comportamento delle istituzioni.

D: Mantovano parla anche dello scenario europeo.

R: Per lo scenario europeo fa un elenco di quella che è la situazione e di nuovo entra in un circolo vizioso. In particolar modo ricorda che è entrata in vigore la direttiva sulle misure minime per l’accoglienza dei richiedenti asilo e omette gentilmente di ricordare che viene stabilito che tutti gli Stati si devono dotare di un sistema nazionale pubblico di accoglienza che garantisca a tutti i richiedenti forme adeguate di protezione e tutela.
L’Italia, in questo momento, ha un sistema per così dire di posti letto che va poco oltre la sperimentazione del Programma Nazionale Asilo (PNA). Si tratta di 2.500 posti a fronte delle 11.319 domande presentate che, come abbiamo già detto, sono incredibilmente poche e destinate ad aumentare.
Quindi il sottosegretario non dice come l’Italia, nell’arco di un anno, intende superare questo enorme divario cioè fra quello che impone la direttiva e quello che sostanzialmente c’è ovvero nulla.
Poi Mantovano parla di un aspetto aleatorio che riguarda la direttiva sui principi minimi di protezione, ricordando il principio del ricorso ad un effettivo rimedio ovvero di fronte ad un giudizio negativo della domanda, il ricorso ad una effettiva tutela giurisdizionale.
Su questo punto non viene spiegata la contraddizione che si apre tra la prospettiva europea (garantire comunque un effettivo rimedio) e la legge Bossi Fini, che invece prevede che al momento del rifiuto della domande il richiedente asilo può essere allontanato immediatamente. Eventualmente i ricorso può essere presentato anche dall’estero… Quindi una condizione che beffa il diritto di asilo e viola in maniera palese l’art. 33 della Convenzione di Ginevra. È chiaro che Mantovano non spiega coma mai l’Italia si è mossa in una direzione esattamente opposta a questa materia rispetto alle linee europee.

D: Si tratta perciò di una relazione fatta di alcune bugie e tante omissioni. Per esempio quando dice che la Commissione esamina il caso del richiedente asilo attraverso una “accurata intervista” non è vero. Le audizioni, come media, sono di dieci minuti circa.

R: Esattamente. E va ricordato che l’audizione si volge in assenza di qualunque osservatore esterno e nell’impossibilità per il richiedente asilo di farsi assistere da un avvocato o da una persona di fiducia. Si tratta di un colloquio privo di garanzie minime di tutela che chiunque (anche per ragioni meno importanti) si dovrebbe aspettare.

D: In questi giorni a Roma ci sono state proteste dei richiedenti asilo di Caserta e ora lo sciopero della fame di rifugiati curdi. Sembra che i conti non tornano e che il futuro sia sempre più incerto per diritto di asilo.

R: Secondo il Governo questi problemi (così come prospettato attraverso i nuovi regolamenti di attuazione della Bossi Fini) potranno essere risolti dalla “procedura accelerata” attraverso il trattenimento del richiedente asilo nei centri di identificazione (CDI).
Mantovano, su questo punto. ricorda che si tratta di un trattenimento che non potrebbe essere fatto proprio perché, all’origine, non c’è alcuna sanzione ne penale ne amministrativa e nessuna convalida. E qui, il sottosegretario, si arrampica sugli specchi dicendo che si tratta di un trattenimento che non è un trattenimento. A parte la simpatica bizzarria linguistica (le parole hanno un significato preciso) non si capisce ancora come dovrebbe essere effettuato questo trattenimento e non si comprende quale relazione ci può essere fra questo tipo di sistema presso i futuri CDI e invece quello diffuso preso gli enti locali, cioè il PNA.
Piano Nazionale Asilo che la legge Bossi Fini ha riconosciuto minimamente, attraverso un finanziamento che per i 2004 è di soli 5.6 milioni di euro (sostanzialmente un obolo) a fronte di centinai di milioni di euro che sono stati stanziati per la costruzione dei centri di detenzione.
Quindi l’unico sistema che l’Italia in qualche modo fornisce come parziale risposta in termini di accoglienza e protezione viene riconosciuto ma non messo nelle condizioni di non essere potenziato. Viceversa si investe sui centri di detenzione o identificazione quando in realtà non si potrebbe parlare di trattenimento e ovviamente qui il ragionamento si incastra.
Non si può non vedere che si intende comunque perseguire una linea politica che punta al trattenimento di fatto.