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MSF: il sistema dei Cpt è assolutamente fallimentare

Intervista ad Andrea Accardi, Medici Senza Frontiere

Domanda: La cronaca ci ha troppe volte parlato di pesanti violazioni dei diritti umani all’interno di queste strutture. Dalla Sicilia al Piemonte si sono verificati fatti molto gravi che in alcuni casi sono finiti sotto inchiesta. Che cosa ha riscontrato un lavoro sistematico come quello condotto da MSF rispetto alla quotidianità di questi luoghi?

Risposta: Partirei dagli aspetti che riguardano vitto e alloggio: abbiamo riscontrato generalmente una situazione abbastanza positiva, sebbene due visite per ogni struttura non consentano di lavorare per un lungo periodo nei centri, si tratta quindi di un giudizio figlio di questa esperienza. Eccettuati i centri di Trapani, Torino, Lamezia e Lampedusa, non abbiamo riscontrato enormi problemi rispetto a vitto alloggio.
I problemi sono stati riscontrati invece per quanto riguarda i diritti delle persone trattenute, abbiamo infatti verificato violazioni delle procedure di trattenimento e ingresso nei centri, violazione della procedura d’asilo, una scarsa qualità della mediazione linguistico-culturale che incide direttamente sui diritti dei trattenuti e calde ingerenze delle forze dell’ordine nella gestione dei centri. Quest’ultima non significa ingerenza fisica, ma calda ingerenza nella gestione giornaliera dei centri. Nel cpt bolognese, ad esempio, le forze dell’ordine decidono in prima persona se concedere o meno l’utilizzo delle strutture sportive ai trattenuti; nel cpt modenese l’ente gestore è in qualche modo legato alle decisioni delle Forze dell’ordine per compiere le singole attività quotidiane, lo stesso assistente sociale del centro ci ha riferito che può svolgere il proprio ruolo giornaliero solo dopo che le Forze dell’ordine hanno deciso se in quel giorno si può fare o meno.

D: Cosa avete osservato in merito alle violazioni della procedura d’asilo?

R: Facciamo un esempio molto chiaro che riguarda circa 80 pachistani che nel giugno del 2003 arrivano a Lampedusa, vengono portati nel centro di identificazione di Bari Palese dove sostengono l’audizione con la Commissione Centrale – e qui incontriamo la prima violazione in quanto l’audizione avviene di fronte alle autorità diplomatiche pachistane. In conseguenza di questo vengono divisi in due gruppi e portati rispettivamente al cpt di Ponte Galeria di Roma e di Via Corelli a Milano. MSF è presente a Ponte Galeria quel giorno con il proprio dipartimento legale per avere la delega alla difesa di queste persone. Scopriamo che il trattenimento all’interno di Ponte Galeria per queste persone è sprovvisto di una notifica del diniego dello status di rifugiato e del decreto di espulsione, di una convalida del fermo. Il risultato di tutto questo è che i 80 pachistani vengono rimpatriati e per setta affermazione dell’ente gestore la croce rossa non è in possesso di nessun documento identificativo ma solo una lista di nomi a cui non sa a chi corrisponde.
L’unico pachistano tra gli 80 che riesce a rimanere in Italia per motivi di salute gli verrà poi riconosciuto lo status di rifugiato.
Ci preme anche sottolineare il fatto che abbiamo riscontrato una totale assenza dell’Acnur in tutti i centri. Non visitano i centri quindi non valutano in prima persona quali sono le violazioni delle procedure del diritto di asilo.

D: Parliamo della gestione dei cpt. L’esempio dell’operato della Croce Rossa ha portato già all’apertura di ben due inchieste per pestaggi e abusi.

R: Riferendoci all’ultimo episodio del cpt di Bologna non abbiamo riscontrato l’uso deliberato di psicofarmaci come si evince dagli ultimi episodi, l’abbiamo invece riscontrato in altri centri come Trapani e Lamezia Terme.
Quello che ci preme in particolar modo sottolineare per quanto riguarda l’ente gestore di Bologna e anche per tutti gli altri, è che esiste una totale ignoranza rispetto alle procedure di asilo. Non solo, c’è anche una scarsissima conoscenza in generale di tutte le procedure e capita a volte che le linee guida ministeriali di gestione dei centri siano disattese. Abbiamo inoltre riscontrato la mancanza di procedure uniformi nell’assunzione e gestione del personale.
Altra cosa da sottolineare è che l’ente gestore dei centri dovrebbe fungere in qualche modo da interfaccia tra la questura (che provvede ai documenti per il rimpatrio) e la gestione giornaliera. In realtà ciò non succede, spesso e volentieri esiste una imparzialità. Facciamo l’esempio del centro di Torino: gli operatori della Croce Rossa sono in tenuta militare all’interno del centro, lo stesso a Ponte Galeria. Di conseguenza c’è un ovvia difficoltà di comprensione da parte del trattenuto rispetto a quelle che sono le funzioni del personale.
L’ingerenza delle forze dell’ordine all’interno dei centri è totale e non fa altro che incrementare questa confusione.
A Torino ad esempio i pasti vengono somministrati da un operatore in tuta mimetica con a fianco un operatore della pubblica sicurezza.
I militari in realtà dovrebbero rimanere all’interno del centro ma al di fuori dell’area di trattenimento, dove potrebbero entrare solo per problemi di ordine pubblico e non per gestire le singole operazioni quotidiane.

Se il sistema dei cpt ha una finalità di identificazione del soggetto irregolare ai fini del rimpatrio, quello che abbiamo in realtà riscontrato è un elevatissimo numero di ex detenuti e permanenze multiple del singolo detenuto. In altre parole, l’elevato numero di ex detenuti è un’aperta violazione della Bossi Fini che prevede l’espulsione come pena sostitutiva alla detenzione al carcere, per pene fino a due anni o residue fino a due anni. Quindi la persona può essere espulsa come sostituzione alla detenzione ma l’art. 15 comma 6 della BF dice chiaramente che lo stato di detenzione della persona permane fino al momento del rimpatrio. Non si può tradurre un cittadino straniero da un carcere a un cpt solo per l’identificazione e il conseguente rimpatrio. Deve aspettare all’interno della struttura carceraria.
Lo stesso fatto di presenze reiterate all’interno del centro, come più volte abbiamo verificato – a Ponte Galeria abbiamo incontrato persone che hanno fatto sette, otto, nove trattenimenti all’interno di un cpt– ci fanno concludere in maniera legittima che c’è una modifica del filo iniziale della legge sul trattenimento, in senso assolutamente punitivo. In buona sostanza i cpt sono diventati un’estensione del carcere giudiziario.

D: Veniamo a quelli che vengono definiti “centri ibridi”. Quali sono le caratteristiche di queste strutture?

R: Ci riferiamo sostanzialmente ai centri di Bari Palese, Borgo Mezzanone (Fo), Don Tonino Bello di Otranto, Crotone e Lampedusa – che burocraticamente è definito centro di detenzione. Anche qui riscontriamo molte modalità simili ai veri cpt. Esistono limiti strutturali, a Borgo Mezzanone c’è un uso massiccio di roulotte, semplicemente appoggiate sulla pista di ex aeroporti. Esiste una forte chiusura ad enti esterni che possano entrare per assistenza. Le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato non sono omogenee, l’orientamento legale è delegato agli operatori locali della questura e anche l’assistenza sanitaria ha gli stessi limiti dei cpt.
C’è quindi una totale assenza di tutte le strutture pubbliche di assistenza sanitaria, come Asl, Sert e Dipartimenti di Salute Mentale. In sostanza tutti i centri (ibridi e non) sono diventati delle isole, staccate una dall’altra e dal centro cioè il Ministero dell’Interno. Non si può parlare di un sistema di detenzione amministrativa ma di un agglomerato di strutture simili ma assolutamente disomogenee nel funzionamento.
Crediamo che il sistema dei cpt vada considerato assolutamente fallimentare. Sia perché all’ingresso nei centri non sempre si rispettano le procedure dei diritti del trattenuto e perché durante il loro trattenimento non hanno accesso a servizi e strutture accettabili.
Il passo ulteriore che si può fare è considerare questo sistema come fallimentare quindi avere una visione biunivoca, ossia del periodo immediato e più lungo periodo.
Nel breve periodo quello che MSF auspica è un apertura dei centri alla società civile e un sostanziale miglioramento delle strutture. Nel rapporto chiediamo l’immediata chiusura dei centri di Torino, Lamezia Terme, Trapani e Lampedusa, sebbene vada sottolineato il fatto che anche nelle strutture migliori si riscontrano pratiche identiche ai quattro appena nominati, come ad esempio atti di autolesionismo, proteste per rivendicazioni e una impossibilità del trattenuto di capire la propria situazione legale.