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Trapani – Libro bianco aggiornato sul CPT “Serraino Vulpitta”

A cura del Coordinamento per la pace di Trapani

Il centro di permanenza temporanea Serraino Vulpitta chiude il 17 dicembre del 2002 per alcuni lavori di ristrutturazione.
Riapre il 22 febbraio del 2003.
Nel mese di Settembre una commissione dell’ASL di Trapani effettua una ispezione al centro rilevando numerose carenze igieniche.
Il Vulpitta chiude di nuovo il 22 novembre, ancora per dei lavori di ristrutturazione.
In quella data sono presenti circa trenta trattenuti.
Nei giorni precedenti sedici erano stati rimpatriati con un volo charter in Tunisia e otto erano usciti al compimento del periodo di trattenimento.
Gli immigrati vengono condotti con mezzi di polizia a Palermo e lì lasciati liberi con il foglio di via.

Marzo – Novembre 2003

In questo nuovo dossier vi raccontiamo gli ultimi nove mesi del Vulpitta, dalla riapertura nel febbraio 2003 alla nuova chiusura in novembre per l’ennesima ristrutturazione.
Questi mesi sono trascorsi seguendo i ritmi di sempre: gli arrivi, i rimpatri, le rivolte, i tentativi di fuga, gli episodi di autolesionismo.
Come un tragico rituale che si ripete sempre uguale.
Vi raccontiamo di altri uomini, non la storia delle loro vite, perché la “vita” è propria degli uomini liberi, ma frammenti della loro esistenza, legati alla condizione di clandestini trattenuti in un centro di permanenza temporanea.
Non abbiamo voluto “imbellettare” nessun aspetto, nessun particolare per rendere questi uomini più idonei al ruolo di vittime, più degni di compassione.
Abbiamo usato un linguaggio scarno, a volte monotono.
Abbiamo parlato di violenze, le violenze commesse nei loro confronti, commesse da loro verso gli altri e verso sé stessi, perché per noi l’orrore di un centro di permanenza temporanea sta tutto nelle storie di quelli che abbiamo incontrato.

Ragazzi giovanissimi, come Kaled per esempio, che la prima volta che li vedi sono allegri, sempre un po’ spacconi, ti dicono che loro al paese non ci tornano, magari sposano un’italiana per avere il permesso di soggiorno, poi li rivedi la volta dopo e ti accorgi di quanto la paura e la “terapia” li abbiano già segnati profondamente e per sempre.
L’orrore sta nelle parole di quelli che si tagliano per sfogare la rabbia, perché ti verrebbe voglia di spaccare tutto ma poi ci stanno le manganellate e il carcere, quindi meglio tagliarsi, anche solo per fare passare il tempo, che là dentro non passa mai..
Questo dossier è dedicato a Dino Frisullo, perché ogni volta che abbiamo pensato che fosse tutto inutile, che le denunce non sarebbero servite a cambiare le cose, ogni volta che ci siamo creduti troppo fragili per affrontare il dolore e la disperazione di altri uomini e ci è venuta voglia di tirarcene fuori, abbiamo ricordato quelle parole che concludono il suo racconto sul rogo del Vulpitta:
“Ho conosciuto molti Ahmet nella mia vita. Spero di ritrovarne qualcuno vivo prima o poi, e di poterlo salutare senza vergognarmi, di me e di noi, come ora mi vergogno” (da “IL GIURAMENTO”).
Anche noi vorremmo un giorno poterci vergognare un po’ meno di oggi.