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da La Gazzetta di Parma del 22 marzo 2004

«Come difendere i diritti dei più poveri» di Anna Cattelani

Parma – La magnetica e coinvolgente loquacità di Alessandro Dal Lago, docente di Sociologia all’Università di Genova, ha catturato l’attenzione di molti studenti delle superiori e di esperti della materia, durante una conferenza sulle identità culturali e i diritti universali nel tempo della globalizzazione.
«Purtroppo la globalizzazione ha diffuso ingiustizie. Lo sfruttamento della forza lavoro nei Paesi del Terzo Mondo ad opera dei Paesi ricchi non fa che aumentare i disagi e le disuguaglianze nei territori dell’Est europeo, Oriente, Africa e Sud America», ha premesso Dal Lago. La manodopera in queste parti del mondo costa circa venti volte meno di quella occidentale, quindi il costo finale della fabbricazione ha una spesa inferiore, per questo motivo molti prodotti manifatturieri e non solo vengono prodotti all’estero.
Ha poi continuato il sociologo: «In Paesi in cui il lavoro è un privilegio di pochi, chi ha la fortuna di guadagnare un centinaio di euro al mese è benestante. Questa improvvisa ricchezza ha creato una crisi dell’identità dal punto di vista sociale e un grande divario fra chi si può permettere di vivere degnamente con uno stipendio e chi invece vive nella povertà assoluta. Non a caso, essendosi rotti gli equilibri sociali, nel Terzo Mondo sono aumentati gli omicidi e gli uxoricidi». In particolare, nei territori islamici, si è formata una grande identità religiosa come rifugio dai dolori e dagli stenti della vita quotidiana e, spiega ancora Dal Lago «non dobbiamo, dunque, stupirci se i popoli di religione musulmana sono così attaccati alle loro credenze».
La conferenza è poi passata al tema dell’immigrazione: il sociologo ha sottolineato come la discriminazione in Italia sia molto forte.
«Extracomunitari sono anche gli svizzeri o gli americani, eppure con questo aggettivo siamo soliti intendere solo coloro che provengono dai Paesi poveri. Si parla molto in questo periodo di riconoscimento culturale per gli immigrati, ma prima di un’identità culturale essi hanno bisogno di opportunità lavorative», ha precisato.

Di identità, Dal Lago, ha parlato molto anche dal punto di vista sportivo, argomento studiato e approfondito anni fa: «Riconoscersi in una squadra di calcio significa usare i colori della maglia dei giocatori per crearsi un’identità ed appartenente ad un gruppo. Tuttavia ritengo non ci sia nulla di sbagliato nel tifo, anche perché questa è un’identità di sogno, è solo un immedesimarsi in qualcosa di irreale e non vissuto personalmente».