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da Casertasette on-line dell'1 marzo 2004

Neroenonsolo e Magistratura Democratica si preoccupano dei carcerati stranieri

Caserta – Magistratura democratica (sezione napoletana) ha aderito ad un incontro che si è tenuto a Caserta sui problemi dei detenuti: ma solo quelli rigorosamente extracomunitari. L’occasione è data da un meeting organizzato da “Neroenonsolo”. A raccogliere l’invito dell’associazione, anche un altro magistrato, Enzo Albano.
“Il sistema sociale attuale – si legge in un comunicato – non favorisce l’inserimento degli emarginati che esso stesso produce, alimentando le insicurezze. La guerra agli esclusi non rimuove le vere cause dell’incertezza, delle paure, dal momento che sviluppa il circuito perverso del business del “sicuritarismo”: sempre più paura, sempre più risposte forti”.
Partendo da queste riflessioni e focalizzando l’attenzione su un aspetto specifico della questione, Neroenonsolo! ed Antigone ( con l’adesione della sezione napoletana di Magistratura democratica, hanno promosso l’incontro, curato da Sergio Carozza, sul tema “Fenomeno immigrazione e sistema carcere”. L’appuntamento si è tenuto sabato 28 febbraio alle ore 15, presso la sede di Neroenonsolo a Caserta. L’idea degli organizzatori è stata quella di creare un momento d’informazione e riflessione su un problema cancellato dalla censura dei media. All’incontro hanno partecipato Enzo Albano, magistrato da anni impegnato sui temi della riforma del sistema penale, Salvatore Verde, sociologo che opera nel carcere di Poggioreale e autore del libro “Massima sicurezza”, e Nello Zerillo, il quale è tra i fondatori di Neroenonsolo e vanta una lunga esperienza d’attività d’assistenza agli immigrati.
I dati del problema sono allarmanti. Su una popolazione totale di circa 55 mila detenuti nelle carceri italiane, gli immigrati sono 17 mila, ovvero un terzo del totale. Le principali nazionalità dei detenuti stranieri sono albanesi, jugoslavi, rumeni (Balcani), marocchini, algerini e tunisini (Magreb), nigeriani e colombiani. I tassi di coinvolgimento degli stranieri in atti delittuosi sono il risultato di due insiemi di cause. Il primo comprende il proibizionismo delle immigrazioni che impedisce la possibilità di un percorso migratorio regolare. L’introduzione delle varie leggi sull’immigrazione è stato un moltiplicatore della popolazione carceraria totale.
L’attuale legge Bossi-Fini è indicativa della crisi degenerativa del processo legislativo, soprattutto nel campo penale, dove l’uso propagandistico della legge fa il paio con la inadeguatezza a perseguire i fini dichiarati. Il prezzo della propaganda lo pagano gli immigrati, i quali finiscono nel circuito del carcere per il solo fatto di essere illegalmente sul territorio nazionale. Il secondo insieme contiene le cause riguardanti più strettamente l’humus sociale. La domanda di manodopera “clandestina” cancella i diritti degli immigrati, spesso sotto il giogo dei padroni delle economie sommerse.
Un ambiente ostile che produce pratiche discriminatorie aumenta il degrado umano e sociale e diffonde violenza. Nei ranghi inferiori della criminalità gli ultimi, i più marginali, sostituiscono continuamente i “locali”. La criminalizzazione del diverso e talvolta la sua stessa auto-criminalizzazione crea zone grigie dove le norme di convivenza perdono efficacia. Il recupero e il reinserimento regolare della maggioranza dei denunciati, degli arrestati e dei detenuti sarebbe, quindi, oltre che un dovere civile, anche un obiettivo socialmente utile. Uno stato civile deve evitare l’emarginazione degli immigrati, la diffusione di pregiudizi, ostilità e comportamenti razzisti.
Il governo di una società e l’amministrazione della giustizia non devono consistere solo nella repressione, ma innanzitutto nella inclusione e nella tutela di tutti.