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Rimini – Fuori campo di donne migranti

Intervista a Laila, Gloria e Nara

Domanda: Da quanti anni siete in Italia e perché avete scelto questo territorio?

Laila: Sono in Italia dal settembre del 1998 e sono venuta qui perché studiavo presso il Centro Culturale Italiano a Rabat. Grazie al mio curriculum scolastico mi sono iscritta all’Università di Bologna – sede di Rimini.

Gloria: Sono venuta in Italia nel 1989. Prima abitavo in Venezuela ed ero sposata con un italiano. In Venezuela sono iniziati tanti conflitti, allora io e mio marito abbiamo parlato con mia suocera e lei ha detto che ci avrebbe accolti qui a Rimini.

Nara: Io sono armena e vivo in Italia dal 1990, per motivi d’amore e di famiglia.

D: Durante il vostro percorso e il vostro arrivo qui in Italia, avete avuto particolari difficoltà per i documenti, per ottenere il permesso di soggiorno?

Laila: Per me ottenere i documenti non è stato molto difficile perché avevo già l’iscrizione e l’autorizzazione dell’Ambasciata Italiana in Marocco. Praticamente quando sono arrivata, nel limite degli otto giorni sono andata alla Questura e mi hanno rilasciato subito il permesso di soggiorno per motivi di studio.

Gloria: Anch’io non ho avuto grosse difficoltà perché ero sposata con un italiano e quindi dopo due anni hanno rilasciato la cittadinanza a me e ai miei tre figli.

Nara: Io, invece ho incontrato grandissime difficoltà per poter ottenere i documenti necessari al matrimonio, prima nel mio paese, l’Armenia e poi successivamente anche in Italia. In Armenia non c’erano uffici preposti per rilasciare documenti particolari o certificati che attestassero il mio stato civile di nubile, non sapevo a chi rivolgermi, ero smarrita. Poi le difficoltà più grandi le ho incontrate in Italia, sono andata alla Questura di Roma per ben dieci volte, solo per sistemare i documenti richiesti o perché mancava una “virgola” o una parola era semplicemente scritta male.

D: Quali sono i problemi e le difficoltà che incontrate quotidianamente come donne e soprattutto come donne immigrante?

Laila: Il problema principale per una donna immigrata è soprattutto, in base alla mia esperienza, la ricerca di un alloggio e l’affitto. È stato difficilissimo come studentessa trovare un posto letto, le persone erano diffidenti, non si fidavano perché ero una studentessa immigrata e senza lavoro. Nelle loro mentalità l’immigrato si configura come una persona povera, incapace di mantenersi ecc. Invece, per quanto riguarda il lavoro, i problemi non sono stati tantissimi, infatti, in questa città turistica, con la stagione estiva c’è una gran ricerca di personale, quindi mi sono adattata da subito a fare tanti lavori soprattutto manuali. Per quanto riguarda i problemi quotidiani devo ammettere che ancora incontro tantissimi italiani stupiti perché sono una donna araba che non indossa il velo o l’abbigliamento tradizionale che nella loro mente associano ai musulmani oppure perché parlo correttamente l’italiano ed uso certe espressioni. È doloroso ammetterlo ma incontro ed ho incontrato tantissime persone diffidenti e poco tolleranti soprattutto quando si accorgono che sei straniera o quando si parla di immigrati.

Gloria: Anche per me il problema principale è stato l’affitto. Siamo arrivati a Rimini e non riuscivamo a trovare un alloggio, inizialmente siamo stati in un Residence poi quando arrivava l’estate dovevamo lasciare l’appartamento ai turisti e così siamo andati avanti per un po’. Attualmente e per nostra grande fortuna, dopo tanti anni precari, abbiamo trovato un appartamento tutto nostro. Inoltre anche la ricerca di un’occupazione è stata problematica, il mio handicap principale è sempre stata la lingua italiana, quando non riesci ad esprimerti bene, difficilmente trovi qualcuno che ti sappia accettare lo stesso.

Nara: Il mio problema più grande attualmente è trovare un lavoro, un lavoro permanente e stabile. Ho 50 anni e vorrei una vita serena, purtroppo, anche se è brutto ammetterlo, senza lavoro e con il costo attuale della vita, non c’è futuro e tanto meno serenità. Inoltre il lavoro mi darebbe la possibilità di valorizzarmi, di essere apprezzata dalle persone che mi circondano, in sostanza di rendermi utile. Ritengo che questa difficoltà nel trovare un’occupazione stabile sia determinata da diversi fattori, l’età, l’essere immigrata e la sfortuna. Credo e lo dico sorridendo di non essere molto fortunata a trovare un lavoro fisso.

Domanda: Attualmente svolgete qualche attività lavorativa in particolare?
Laila: Io sono molto contenta di parlare del mio lavoro. Il lavoro di mediatrice culturale è un lavoro molto bello, perché favorisce l’incontro di un immigrato, che ha una sua cultura, con la vostra società portatrice, a sua volta, di un’altra cultura. Arriviamo così a comunicare, soprattutto cercando di essere al servizio delle persone che come noi provengono da lontano e ancora non si sono inserite o hanno grandi difficoltà. In questo modo le informazioni che noi non abbiamo ricevuto al nostro arrivo, ora le diamo ad un’altre persone che si trovano in condizioni difficili. Il bello della mediazione culturale è proprio questo, sostenere, aiutare ma anche far incontrare, mettere in relazione gli immigrati con i cittadini italiani.
Gloria: Anch’io lavoro nell’ambito della mediazione culturale. Abbiamo un’associazione di solo donne colombiane, ci riuniamo settimanalmente, organizziamo feste, cene con pietanze del nostro paese, incontri ecc. Mi appassiona ogni giorno di più aiutare le persone in difficoltà, spesso incontro per strada o in pullman qualcuno che ha bisogno di informazioni od è naturalmente spaesato; in più capisco immediatamente che una persona è dell’America Latina semplicemente guardandola nel viso.
Nara: Un giorno mio marito mi ha detto “sai che per le donne immigrate organizzano un corso di mediazione culturale? Perché non provi a partecipare anche tu?” . Ho accettato questa proposta ed ho incontrato tante donne immigrate come me, appartenenti a culture diverse dalla mia che prima per me non significavano nulla. Terminato il corso ho trovato anche un piccolo lavoro, come diceva Laila, sono una mediatrice culturale, cioè un ponte tra la società accogliente e i più svantaggiati, che non hanno informazioni, non conoscono le leggi ecc. Sono molto orgogliosa del mio ruolo e della mia utilità perché sentirsi ed essere stranieri è molto complesso, può capirlo solo chi ha vissuto simili esperienze. Dando le informazioni necessarie, il sostegno umano e la solidarietà, sai che l’immigrato “arriverà prima” alle soluzioni dei propri problemi e certamente si sentirà meno solo.