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da Internazionale del 5 aprile 2004

La verità sull’immigrazione di Camilla Desideri

La politica britannica sull'immigrazione è sotto accusa.

Le dimissioni di Beverley Hughes, sottosegretario all’interno e responsabile dell’immigrazione, hanno gettato nel caos il governo di Tony Blair. Nei giorni scorsi Hughes era stata accusata dall’opposizione di incompetenza e di atteggiamenti poco trasparenti.

Secondo i tory, infatti, il sottosegretario avrebbe nascosto di essere a conoscenza di racket sui permessi di soggiorno, che da più di un anno consentiva ai cittadini dell’Europa dell’est di entrare nel paese con visti falsi. Le sue dimissioni hanno messo in difficoltà anche il ministro dell’interno David Blunkett, già al centro di forti polemiche per il controverso disegno di legge sul diritto d’asilo.

“La politica folle di questo governo è venuta alla luce”, scrive l’Independent in una lunga analisi. La colpa più grave dell’esecutivo di Blair, nonché la ragione principale dei suoi attuali problemi, è la mancanza di chiarezza.

“Il premier si trova in un campo minato perché non è riuscito a sostenere la tesi dei vantaggi economici derivanti dall’arrivo di manodopera straniera e ha avuto paura della reazione della stampa xenofoba di destra. Forse – sostiene il quotidiano – Blair sperava che le dimissioni di Hughes mettessero fine a questo flagello, ma sembra che la soluzione sia tutt’altro che vicina”.

Secondo il Daily Telegraph tutta la politica sull’immigrazione dei laburisti si basava su un grande inganno: “La situazione non è mai stata così preoccupante. Il governo è stato accusato di aver commesso un ampio e calcolato raggiro: questa volta non si tratta di una bugia isolata, come quella che ha portato il sottosegretario Hughes a rassegnare le dimissioni, ma di una cospirazione portata avanti con il chiaro obiettivo di confondere e di fuorviare”.

Dalle informazioni emerse finora si può trarre una sola conclusione: “Il governo ha deciso di far entrare in modo illegale centinaia di migliaia di immigrati, non rispettando le regole che lui stesso aveva introdotto”.

Il Times ribadisce l’importanza della manodopera straniera per il buon funzionamento dell’economia: “Questo quotidiano ha sempre sostenuto che l’immigrazione fosse una risorsa indispensabile. Grazie al prezioso contributo dei lavoratori stranieri, infatti, la Gran Bretagna è diventata una nazione più ricca e più efficiente”.

Ma per far sì che una politica liberale funzioni con successo, occorre rispettare tre condizioni: “Una legge deve stabilire chi può entrare nel paese e chi invece non ha i requisiti per farlo; la legge dovrebbe poi regolare il flusso di immigrati in modo che ognuno abbia la possibilità di integrarsi nel tessuto della società; è necessario, infine, che l’opinione pubblica sostenga questo tipo di politica”.

Il Guardian denuncia la mancanza di consenso che c’è intorno alla questione: “Per alcuni il problema è l’esistenza del fenomeno immigrazione in sé; per altri è l’aumento del numero di persone che si muovono nel mondo; per altri ancora è il modo in cui il sistema di controllo opera in paesi come la Romania. Ma senza un maggiore consenso perfino le società benestanti come la nostra hanno difficoltà ad affrontare la situazione con un dibattito sereno”.