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da Swissinfo del 5 aprile 2004

Nuove critiche per la politica d’immigrazione Usa

Il mese di settembre sembra essere diventato di cruciale importanza per gli Stati uniti. Dopo gli attacchi alle torri gemelle del 2001, sono state prese diverse misure per aumentare il grado di sicurezza interna degli Usa.

Una di queste misure prevede di archiviare le impronte digitali ed una fotografia di tutti gli stranieri che entrano negli Stati uniti con un visto. Da settembre, questo programma verrà esteso a tutti gli stranieri indipendentemente dal fatto che abbiano bisogno o meno di un visto. Uniche eccezioni: i diplomatici, i cittadini canadesi e i transfrontalieri messicani.

Impronte digitali in attesa dei dati biometrici

La nuova procedura d’entrata negli Stati uniti riguarda 27 paesi, fra cui la Svizzera e alcuni dei più stretti alleati degli Stati Uniti che finora facevano parte del «Visa Waiwer Program». Se il soggiorno era inferiore ai 90 giorni, i cittadini di questi paesi potevano recarsi per turismo o per lavoro negli Usa senza bisogno di un visto.

La decisione degli Stati uniti di prendere le impronte digitali di buona parte delle persone che entrano sul loro territorio scaturisce dalle difficoltà tecniche riscontrate da diversi paesi, tra cui gli stessi Usa, in merito all’introduzione dei nuovi passaporti “biometrici”.

Inizialmente prevista per il 26 ottobre del 2004, l’introduzione dell’obbligo di presentare dei passaporti con un microchip sul quale sono registrati dei dati biometrici, come le misure dei tratti del volto o le impronte digitali, è stata fatta slittare di due anni dal Congresso americano.

In attesa dei nuovi passaporti, i cittadini del «Visa Waiwer Program» saranno obbligati a farsi fotografare e a farsi prendere le impronte digitali – in uno dei 115 aeroporti internazionali o dei 14 porti americani – anche per dei soggiorni inferiori ai 90 giorni e dunque esenti da visto.

Reazioni critiche dalla Svizzera

Stando a Guido Balmer, portavoce dell’Ufficio federale di polizia (Ufp), «la Confederazione non è ancora stata informata ufficialmente» in merito alle nuove misure. Una volta in possesso di tutte le informazioni, l’Ufp «esaminerà se ci sono delle conseguenze per il passaporto svizzero».

Ma indipendentemente dal tipo di passaporto in tasca ai viaggiatori rossocraciati, «forse in futuro tutti dovranno fornire le impronte digitali».

Se la reazione dell’Ufp è abbastanza distaccata, alla commissione per la protezione dei dati sono più critici. «Tutti i dati raccolti elettronicamente confluiranno per forza di cose in una banca dati e non ci sono garanzie che lì siano al sicuro», dichiara a swissinfo Kosmas Tsiraktsopulos, portavoce della commissione.

Per Tsiraktsopulos, le misure introdotte dagli Usa non sono propriamente un esempio di fair play. Fotografare delle persone e esigere le loro impronte digitali equivale a paragonarle a dei criminali, ma «la maggior parte di queste persone non ha mai fatto niente di male».

Tuttavia, fino a quando non saranno introdotti i passaporti biometrici, non ci sarà la possibilità di verificare in modo indipendente l’identità di una persona. «Solo il passaporto biometrico permette alle guardie di frontiera di verificare se i dati contenuti nel documento corrispondono a quelli della persona che hanno di fronte senza dover ricorrere ad una banca dati esterna».

Un colpo in più per il turismo

Le nuove misure di sicurezza interessano 13 milioni di viaggiatori l’anno. Per un settore, quello del turismo americano, che comincia appena a riprendersi dalla crisi seguita all’undici settembre 2001, potrebbero rappresentare un duro colpo.

Le autorità americane, per contro, non pensano che le nuove procedure scoraggeranno i turisti. A loro dire i controlli dovrebbero durare in media 23 secondi per persona. Non si prevedono code e non è stato dunque assunto ulteriore personale da destinare al controllo delle persone in arrivo negli Usa.

Per Dominik Werner, portavoce di Swiss, «quest’ultima decisione non dovrebbe avere conseguenze per la nostra compagnia aerea». Ammette però che «negli ultimi anni si è costatato un calo dei passeggeri diretti negli Stati uniti. Non si può però dire se le restrizioni imposte ai viaggiatori abbiano esercitato un influsso su questo dato».

Gli Usa sembrano non lasciarsi intimorire dal fatto che probabilmente molti turisti saranno scoraggiati dalle nuove procedure. Non così la Svizzera che sembra non prendere in considerazione l’ipotesi di applicare ai turisti americani le stesse procedure imposte a quelli svizzeri. Niente “occhio per occhio” alla brasiliana, dunque.

Per Eugen David, consigliere nazionale del Partito popolare democratico, l’utilità di un tale atteggiamento, non è commisurata agli svantaggi che ne deriverebbero per gli ambienti del turismo e dell’economia.

swissinfo e agenzie