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Parma: un esempio da seguire

Parlano gli operatori del Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione

Abbiamo cominciato nel 1993. La nostra associazione allora si chiamava Coordinamento contro la guerra nella ex Jugoslavia. Appoggiavamo la diserzione alla guerra e l’accoglienza dei disertori: dal ’93 al ’97 ne abbiamo accolti una ventina, autotassandoci, in uno stesso appartamento dove si sono avvicendati gli ospiti: di ogni regione ex jugoslava, di ogni etnia, di ogni religione. Non c’è mai stato alcun problema di convivenza. La nostra azione non era eversiva: c’era addirittura una legge che impegnava lo Stato italiano ad accogliere i disertori; in realtà i disertori da quella guerra che cercavano di venire m Italia non trovavano accoglienza, venivano espulsi, venivano respinti alla frontiera. Bisognava difenderli legalmente. Occorreva avere a disposizione avvocati preparati sul diritto degli stranieri in Italia. In collaborazione con l’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) abbiamo organizzato diversi seminari di formazione presso l’Università, rivolti agli avvocati.
L’accoglienza è sempre proseguita: dal ’98 abbiamo iniziato con i richiedenti asilo, prima i curdi poi quelli di ogni altra provenienza. Ora qui a Parma abbiamo un appartamento d’accoglienza e una canonica (l’abbiamo chiamata “Chiesa d’asilo”), due realtà per le quali non riceviamo finanziamenti esterni. Nel 2001 abbiamo fondato CIAC, Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione: è un’associazione, un ufficio, un centro-studi, è un luogo in cui gli stranieri possono rivendicare i propri diritti. Abbiamo con noi otto avvocati e ogni martedì pomeriggio c’è la consulenza legale gratuita per gli stranieri. Siamo stati inoltre partner del progetto “Rete italiana m supporto alle vittime di tortura”, coordinato da ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà), concluso lo scorso ottobre e ora riproposto al finanziamento da parie della Commissione per la Democrazia e i Diritti Umani dell’Unione Europea. Tre le finalità del progetto: formazione, soprattutto del personale sanitario; creazione di una rete di monitoraggio delle vittime di tortura; realizzazione di reti di accoglienza e riabilitazione. La rete di Parma ha contribuito, con Broscia e Trieste, oltre che alla formazione di operatori sanitari, alla realizzazione di una struttura di accoglienza e riabilitazione.

La collaborazione tra diversi enti, quali CIAC, Provincia di Parma, AUSL e Comune di Sala Baganza (capofila di sei Comuni) ha permesso di strutturare un programma di intervento a più livelli, mirato ad alcune delle complesse problematiche che i richiedenti asilo si trovano ad affrontare: da quella giuridica a quella abitativa, dalla riabilitazione sanitaria all’integrazione nel tessuto sociale.

Le persone che sono state seguite con continuità nel progetto hanno manifestato, nella maggioranza dei casi, una progressiva diminuzione di richieste di cure sanitarie, e un maggior impegno all’apprendimento di lingua e al lavoro. Disporre di una casa, un aiuto nei rapporti con la Questura,
avere accesso ai servizi sanitari anche con l’accompagnamento degli operatori sono fattori importanti, ma l’inserimento lavorativo attraverso borse lavoro, nel corso del 2003, è stato determinante nel controllo di ansia e di paure che spesso minano la vita delle vittime tortura.
Per i richiedenti asilo da noi ospitati il lavoro si è rivelato un importante momento di socializzazione e un modo per acquisire maggiore autonomia sul piano economico.
Ma soprattutto ha dato loro la possibilità di tornare a progettare il proprio futuro, un futuro al riparo dalla violenza. Inoltre, nell’impostazione del progetto si era voluto lanciare una scommessa: accogliere i richiedenti asilo nei piccoli centri, per creare un rapporto con la comunità locale, una dimensione umana, lontana da quella dei dormitori delle grandi città, e dalle prigioni proposte dalla Bossi-Fini.

Una scommessa vinta. Il Comune di Sala Baganza ha impegnato alcuni richiedenti asilo con la formula delle borse-lavoro e con ruoli che talvolta ricordano quelli degli obiettori di coscienza, il risultato: i richiedenti asilo ospitati sono stati ovunque bene accolti e molto amati dalla popolazione.
Bisogna continuare su questa strada.

Elisabetta Ferri e Emilio Rossi del CIAC Parma