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da Il Corriere del Veneto del 14 aprile 2004

Regione Veneto – “Statuto, sul diritto di voto una scelta politica”

Intervista a Giovanni Palombarini, magistrato

Alla notizia che nella bozza (ormai in via di definizione, vicina a essere sottoposta alla consultazione per essere quindi portata in consiglio regionale prima dell’estate) di Statuto della Regione Veneto, non compaia alcun riferimento aperto al voto per gli immigrati che risiedono regolarmente nel nostro territorio, Giovanni Palombarini, magistrato di Cassazione e consulente del comune di Venezia per le modifiche statutarie, non si stupisce più di tanto. E replica alla presunta “incapacità ordinatoria” di uno Statuto (concetto sostenuto anche dal capogruppo regionale della Margherita, Achille Variati, su indicazione degli esperti giuristi che assistono la Commissione Statuto) di stabilire quali soggetti possano o meno votare.
Perché non è d’accordo?
“In linea di principio la cosa è giuridicamente possibile: la Costituzione repubblicana garantisce infatti a livello normativo il suffragio universale per gli italiani. E nulla impedisce che, senza toccare la Costituzione, questa norma possa essere estesa ad altri soggetti residenti in Italia”
Dunque non ci sarebbe alcun ostacolo giuridico?
“La stessa legge Turco Napoletano sull’immigrazione, in seguito non modificata dalla Bossi Fini, prevede la partecipazione al voto per gli stranieri regolari. Senza parlare della convenzione europea del 1992 sugli stranieri di cui anche l’Italia è destinataria. Qui va però detto – sottolinea Palombarini – che l’Italia ha ratificato tutta la convenzione, tranne il punto C, cioè proprio quello che riconosce il diritto di voto attivo e passivo a tutti i residenti, cittadini e no.”
Insomma, prevalgono il calcolo e le paure del fronte politico?
“Non parlerei di paura, anche perché il voto degli immigrati sarebbe comunque sparpagliato e non favorirebbe l’una o l’altra coalizione. Penso che tutto sia legato a una questione simbolica, al fatto che tante forze politiche non abbiano accettato l’arrivo di questi cittadini. Cambiare marcia sarebbe per loro una sorta di auto-sconfessione.”
Ma prima o poi si arriverà alla svolta?
“Per quanto riguarda lo scenario nazionale ritengo che questo sia possibile, ma attraverso un processo complicato e difficile. Intanto, a livello locale, alcune grandi città (governate dal centro sinistra) come Genova e Venezia, stanno modificando in questo senso le rispettive bozze di Statuto comunale. Altri casi si sono poi registrati in piccole amministrazioni, una in provincia di Caltanissetta e a Bassano Romano, nel viterbese. Insomma i segnali, seppure pochi, non mancano: in una realtà sempre più globalizzata si comincia a prendere atto di una diversa concezione dei diritti e della democrazia.”
Quale potrebbe essere, a questo punto, la scossa per accelerare i tempi?
“Potrei anche ipotizzare – prosegue Palombarini che è coordinatore del “Gruppo immigrazione” di Magistratura Democratica – che un giorno, uno di questi Comuni che aprono al diritto di voto, venga a essere contestato con dei ricorsi. Ebbene, si potrebbe arrivare davanti alla Corte Costituzionale: in quel caso una sentenza potrebbe creare un precedente”.
In tutto il Veneto, il Comune di Venezia è l’unico ente locale ad avere imboccato in modo deciso la strada del cambiamento. Cosa ci si deve attendere?
“La direzione impressa dall’amministrazione veneziana è ormai segnata. Restano da definire i tempi e le modalità, ma credo che la svolta potrebbe essere attuata fin dalle prossime elezioni, nel 2005”.