Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

da Il Manifesto del 20 maggio 2004

«Exils», controesodo in Algeria

Cannes – Tony Gatlif, in concorso con Exils, compie un percorso inverso a quello che ci sta raccontando molto cinema. Parte da un appartamento di Parigi dove i suoi due protagonisti Zano e Naima si amano intensamente ma non trovano sbocchi, per portarli attraverso la Spagna e il Marocco sino all’Algeria. Perché lì stanno le radici dei due. Lui è un pied noir, figlio di francesi che se ne sono andati dopo l’indipendenza, lei è figlia di immigrati algerini che non le hanno neppure insegnato l’arabo. Sulla loro strada trovano Rom, flamenco, e altri disperati che risalgono il continente da clandestini in cerca di lavoro. Sono incontri intensi fatti di umanità solidale, di bigliettini scambiati per trovare riferimenti a Parigi per quelli che puntano verso Nord e di lettere d’affetto e presentazione alla mamma per quando i due giungeranno ad Algeri. Città che è appena stata sconvolta dal terremoto. Immagini devastanti e prepotenti, con case intere che hanno assunto una collocazione inconsueta, inclinata rispetto la terra. Il paese che vogliono scoprire è un paese sottosopra, contraddittorio, con i giovani che vorrebbero pensare al futuro e gli anziani troppo ancorati al passato, pronti a insultare come bestemmiatrice Naima vestita come si addice al clima e non come ordinano gli integralisti.

Eppure in questo groviglio di ricordi e contraddizioni, c’è posto per trovare quelle radici strappate a forza, anche attraverso una transe musicale che riempie l’ultimo quarto d’ora del racconto con una dimensione che coniuga spiritualità e corporalità. Gatlif non è solo regista, è anche autore delle musiche che vanno dal flamenco gitano alla musica araba, perché la colonna sonora è portante nei paesaggi che cambiano, fotografati con schermo panoramico, nei volti e nelle lingue che mutano, nel clima che addolcisce procedendo verso Sud. Exils è anche il viaggio autobiografico di Gatlif, madre rom e padre algerino, tornato per la prima volta nel suo paese, consapevole dei codici comunicativi, quindi di nuovo a casa. Come si trova quando percepisce e coglie i frammenti di spirito comunitario che sopravvivono in un mondo che gira vorticoso centrifugando ogni alterità in nome dell’omologazione.

Dopo tanti racconti visivi sui Rom, che affiorano anche in questo film, emerge la parte araba del regista che non si sovrappone all’altra, la integra, perché in fondo essere rom in Algeria significa appartenere a quella realtà. Più che un film una sfida, un on the road mediterraneo, con la musica come bagaglio, una dirompente voglia di vivere e una consapevolezza della difficoltà del vivere contemporaneo per chi stenta nel trovare posto e collocazione. Protagonisti del controesodo sono Romain Duris e Lubna Azabal attualmente impegnata a girare Paradise Now a Nablus in Palestina, tra le mille difficoltà di una città assediata dall’esercito israeliano.