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Inserimento figlio minore nel pds – La questura può denunciare il genitore per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina?

Il caso della Questura di Vicenza

Effettivamente l’art. 12, comma 1, del T.U. sull’Immigrazione prevede espressamente quanto segue: “Salvo che il fatto costituisca il più grave reato, chiunque in violazione delle disposizioni del presente testo unico, compia atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero, ovvero atti diretti a procurare l’ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione fino a 3 anni e con la multa pari a 15.000 euro per ogni persona”.

In linea teorica questa norma – che in buona sostanza prevede la sanzione penale per ogni persona che con qualsiasi tipo di comportamento favorisce l’ingresso illegale di una persona in Italia o addirittura in altri Paesi di cui non sia cittadina -potrebbe essere applicata anche al favoreggiamento nei confronti dei propri figli minori.

Esiste una norma nel Codice Penale (art.384 c.p.) che esclude il reato di favoreggiamento personale (art. 378 c.p.) nel caso in cui sia compiuto dai genitori o dai prossimi congiunti conviventi, che però non può applicarsi al nostro caso.

Il caso esaminato infatti è regolato da una norma speciale del Testo unico sull’Immigrazione, per l’appunto quella sopra indicata, che prevede la condotta del favoreggiamento e ne sancisce sempre e comunque la punizione, senza prevedere casi in cui la stessa non può essere applicata in ragione di vincoli di carattere famigliare. In altre parole, la non punibilità di cui all’art.384 c.p. si applica solo al favoreggiamento previsto dall’art.378 c.p. e non al favoreggiamento “speciale” previsto dall’art.12 T.U.. Di conseguenza, non potendo escludere che vi sia una fondata denuncia per questo tipo di reato, l’unica cosa che possiamo considerare e che in effetti va considerata è che, trattandosi di minori, il comportamento dei genitori potrebbe trovare piena giustificazione e quindi essere considerato non punibile solo a fronte della evidente necessità di tutelare gli stessi; pensiamo a situazioni in cui i minori siano soli nel proprio paese, sprovvisti di adeguato sostegno morale e materiale (l’art.54 del codice penale sancisce che “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”).

D’altra parte l’art. 12 del T.U. sull’Immigrazione al comma 2 si affretta a prevedere che non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizione di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato. Ecco che se la finalità del soccorso è considerata una causa di non punibilità di un eventuale favoreggiamento della presenza illegale nel territorio italiano, a maggior ragione dovrebbe essere considerata tale un’attività quale quella di aiutare i propri figli, perché gli stessi si aspettano il soccorso del genitore che è già residente legalmente in Italia, vi lavora e produce reddito.

In altre parole credo che da un punto di vista giudiziario varrà la pena quanto meno di sperimentare questa linea difensiva e che in base all’art. 54 del Codice Penale (non punibilità dei comportamenti delittuosi commessi in stato di necessità, come appunto nel caso in cui vi sia la necessità di proteggere l’incolumità, la vita di un figlio minore), possa essere accertata la finalità di evidente soccorso nei confronti dei figli minori, quando essi raggiungono illegalmente i genitori che hanno un regolare soggiorno in Italia.
Certo non si vuole in tal senso suggerire di alimentare un ingresso illegale, specie quando vi sono le possibilità di ottenere l’autorizzazione all’ingresso legale per ricongiunzione famigliare, né si vuole fornire una ricetta contro ogni possibile accusa, si tratta semplicemente di considerazioni tipiche di una impostazione difensiva, che però non è detto possa poi garantire la assoluzione in tutti i casi.

D’altra parte è bene anche ricordare che comunque l’onere della prova spetta all’accusa ed è tutto da dimostrare che il genitore abbia, con propri atti o comportamenti, procurato o favorito l’ingresso illegale del figlio. Si pensi infatti che è possibile che i figli minori – magari i più grandicelli – si siano determinati autonomamente a lasciare il proprio paese per recarsi spontaneamente dove vive il genitore; se questa scelta è stata operata dagli stessi autonomamente, non si vede come potrebbe essere accusato il genitore di avere favorito con i propri atti e comportamenti il loro ingresso illegale nel territorio dello Stato italiano.