Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

L’approccio interculturale nell’organizzazione dei servizi per le donne e i bambini immigrati

Intervista alla Dott.ssa M. Giovanna Caccialupi

Domanda: Da quali necessità e bisogni è nato nel 1991 questo servizio?

Risposta: Più che da bisogni letti allora dal Servizio Materno Infantile della Usl 28, il servizio è nato da una sensibilità verso la diversità che avevamo avuto nel percorso professionale e nella partecipazione alla costituzione di situazioni di accessibilità ai servizi da parte dei più deboli. La destituzionalizzazione dei minori e dei ragazzi nei manicomi infantili o nei manicomi stessi, degli adulti istituzionalizzati era esperienza del servizio che io dirigevo. Era mia pratica professionale la destituzionalizzazione dei brefotrofi; quindi favorire una risposta ai bisogni individualizzata e non istituzionalizzata costituiva una sensibilità diffusa in tutto il servizio. Tale percorso venne allora addirittura definito ghettizzante, creare un centro per la salute della donna immigrata e dei suoi bambini da alcuni è stato percepito come una risposta separata dalle risposte ricchissime che già erano presenti in città, ossia le realtà dei consultori familiari.
Il bisogno vero era invece che non potevamo agganciare queste donne se non attraverso la predisposizione di una nuova organizzazione del SSN, e la nuova organizzazione, allora come adesso, è stata quella di pensare che il non conoscere la lingua della donna e della famiglia che arrivava costituisse il primo intoppo. Non potevamo eseguire nessun atto clinico senza conoscere la lingua.

D: Come si presenta all’utente questa nuova organizzazione del servizio?

R: La donna che arriva non si presenta direttamente al pediatra o all’ostetrica, ma viene ricevuta in una stanza – chiamata Accoglienza – con una tavolo rotondo dove trova un’addetta all’accoglienza e la mediatrice culturale. Qui la persona comincia ad esprimere quello che è il suo bisogno. Il bisogno non è squisitamente clinico, ma è un bisogno di informazione, ad esempio per i servizi educativi del Comune. La mediatrice prende in carico la domanda complessiva di salute al cui interno ci sono interrogativi quali “dove andare a portare i bambini a scuola, dove andare per problemi con il lavoro”, eccetera.
La spinta da cui nasce il Centro fu quella di stabilire un incontro tra le culture, attraverso i diversi momenti clou della vita femminile.
In quegli anni avevamo incominciato a mettere in discussione le modalità estremamente medicalizzate della nascita, dell’allevamento del bambino. L’incontro con le culture altre ha dato linfa al processo in atto sia nei movimenti femminili, sia nelle organizzazioni sanitarie.

D: Lei ha giustamente accennato a bisogni non esclusivamente clinici. La “domanda” delle utenti rispetto a questi bisogni viene esplicitata o resta sotto la superficie? Quali sono le difficoltà dell’intervenire su aspetti della vita su cui agiscono necessariamente numerosissimi fattori?

R: Ci sono problemi legati ad aspetti primari, quali casa, lavoro, conoscenza del territorio, sradicamento dalle relazioni precedenti. Nella fase dell’intervento ambulatoriale questi problemi possono quasi sempre essere intravisti da noi. Esiste però una doppia complessità: da un lato le persone non esprimono il bisogno in prima istanza, per via di un pudore che ogni persona avverte; dall’altro lato, una volta “raccolto” e fatto emergere il bisogno, noi possiamo attivare un collegamento con le altre agenzie sociali di tipo esclusivamente informativo, non decisionale. Questo rende a volte problematico affrontare l’allevamento del bambino nei primi mesi di vita, specialmente quando vi sono situazioni talvolta drammatiche, come ad esempio la convivenza con numerose altre persone.
Solo attraverso una partecipazione a doppio senso a queste tematiche è possibile individuare di volta in volta quell’insieme di bisogni primari a cui si risponde ancora parzialmente.

D: In questi 13 anni di attività insieme alla popolazione femminile immigrata, che trasformazioni e fasi riscontrate, anche alla luce dei dati a vostra disposizione?

R: La popolazione femminile immigrata era 10 anni fa il 20% della popolazione immigrata totale, ora è il 50%. Allora si parlava di donne invisibili, oggi le donne straniere sono al contrario visibili nella città quanto nelle sedi di lavoro.
I cambiamenti che noi rileviamo dal 1997 attraverso un sistema informativo regionale sulla popolazione femminile e infantile che accede al servizio segnala innanzitutto la diversità di provenienza: se per i primi 5/6 anni erano due le nazionalità di riferimento maggioritarie – quella cinese e quella marocchina – da 5 anni ad oggi le prime nazioni di provenienza sono la Moldavia, l’ex Unione Sovietica, l’Ucraina e a seguire Cina e Marocco.
Della popolazione femminile proveniente dall’Est seguiamo in numero maggiore le interruzioni volontarie di gravidanza e non le gravidanze, poiché le donne provenienti dall’Est hanno un progetto immigratorio individuale – a meno che non si tratti di un’unione mista con un italiano – avendo lasciato la propria famiglia nel paese di provenienza. Da questa popolazione femminile viene una richiesta maggiore di counselling, non solo perché conosce questo strumento che nei servizi di provenienza era presente e diffuso nelle articolazioni del servizio sanitario pubblico, ma anche perché essendo sole si presentano con una sofferenza del vivere, con depressioni o patologie più gravi. Si registra in tal senso una richiesta maggiore di psicologia.
Al contrario seguiamo molte gravidanze nella popolazione magrebina, perché giunge in Italia per ricongiungimento familiare, con un progetto di famiglia.

D: Rispetto all’introduzione dell’attuale legge sull’Immigrazione, quali effetti riscontrate dal vostro punto di osservazione?

R: Vediamo un aumento della popolazione clandestina che accede al servizio, che accede alle cure attraverso il rilascio del tesserino STP presso di noi.
In precedenza della nuova legge avevamo un tesserino di Pronto Soccorso Ospedaliero che assicurava ugualmente tutte le cure, quindi l’introduzione del tesserino STP non ha per noi modificato la situazione di presa in carico; l’ha uniformata a livello nazionale e di questo se ne vedono gli aspetto positivi.
I dati di afflusso al Centro sono complessivamente in aumento, e occorre considerare che si tratta di un servizio alle donne nella prima fase di immigrazione, quindi l’introduzione della nuova legge non ha comportato una diminuzione di questo tipo di presenza.

D: Come influiscono su questo Centro i tagli alle spese pubbliche, l’erosione dei servizi sociali e delle politiche di welfare?

R: Questo Centro ha senz’altro un suo consolidamento all’interno dell’organizzazione consultoriale della città, è ora un servizio dell’Azienda Usl Bologna, prima dell’Azienda Usl Città di Bologna e prima ancora del Servizio Materno Infantile della Usl 28. Non ho avuto nessuna indicazione in questi termini, se non quella generale di nuova razionalizzazione a cui si devono attenere tutti i servizi dell’Azienda Usl.

Centro per la salute delle donne straniere ed i loro bambini
Via Zanolini, 2 – 40126 Bologna
Tel 051/4211511

Orari di apertura al pubblico:

Le prestazioni sono erogate a tutte le donne e bambini stranieri indipendentemente dalla loro condizione e posizione in Italia

Lunedì: ore 12 –18 Accoglienza interculturale, attività clinica ostetrica-ginecologica, medicina di base e psicologia

Martedì ore 8,30 – 12,30 Accoglienza interculturale, attività clinica ostetrica-ginecologica, e psicologia
ore 15 – 19 Accoglienza interculturale, attività clinicapediatrica e psicologica

Giovedì: ore 12 – 19 Accoglienza interculturale, attività clinica ostetrica-ginecologica, e psicologia

Venerdì: ore 10 – 14 Accoglienza interculturale, attività clinica ostetrica-ginecologica, e psicologia

Gli scopi del Centro per la salute delle donne straniere e dei loro bambini:

– Accoglienza interculturale di donne e bambini stranieri nella prima fase di immigrazione
– Avviamento all’utilizzo del del Servizio Sanitario Nazionale
– Predisposizione di collegamenti istituzionali per favorire l’accesso
– Acquisire una miglior pratica professionale nell’accoglienza e assistenza di donne e bambini stranieri

Le attività del Centro per la salute delle donne straniere e dei loro bambini.

– Accoglienza di donne e bambini per problemi socio-sanitari
– Facilitazione allìaccesso ai Servizi per le donne straniere
– Mediazione culturale (Arabo, Cinese, Russo, Spagnolo)
– Visite pediatriche (bilanci di salute, vaccinazioni)
– Visite ostetrico-dinecologiche (gravidanze, I.V.G., contraccezione, prevenzione oncologica, M.T.S)
– Visite psicologiche
– Visite di medicina generale
– Raccordo fra i Programmi
– Predisposizione di strumenti informativi e modulistica in lingua
– Attivazione di percorsi assistenziali integrati
– Formazioni per operatori con in carico pazienti stranieri
– Partecipazione a progetti di ricerca – gruppi di lavoro interistituzionali