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Quali sono le limitazioni adottate nei confronti dei neocomunitari?

In effetti le considerazioni che abbiamo già fatto possono essere utilizzate anche in questo caso. Abbiamo già dato conto dei provvedimenti restrittivi adottati dai vecchi paesi membri dell’Unione europea nei confronti dei nuovi membri. Tali provvedimenti hanno avuto l’effetto di limitare temporaneamente (2 anni, per il momento) – sulla base di quanto espressamente previsto dagli accordi di adesione – la circolazione dei cittadini neocomunitari per motivi di lavoro subordinato.
Queste sono le uniche limitazioni che sono state concretamente adottate nei confronti dei neocomunitari.
Relativamente alla situazione italiana si precisa che è stato emanato un dpcm del 20 aprile 2004 concernente la “Programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri della Unione europea nel territorio dello Stato, per l’anno 2004” (G.U. n. 102 del 3 maggio 2004). Tale decreto ha previsto (art. 3) quote particolari dedicate ai cittadini neocomunitari stabilendo che per l’anno 2004 gli stessi siano ammessi per motivi di lavoro subordinato nella quota massima di 20.000 unità.
Come si evince dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 14/2004 del 28 aprile 2004 recante disposizioni applicative relative al dpcm di cui sopra, tale quota è aggiuntiva per il 2004 rispetto a quelle già programmate, con riferimento alle medesime nazionalità, dai due precedenti dpcm del 19.12.2003 .
Si è quindi precisato che per motivi di lavoro subordinato, tutti i cittadini neocomunitari potranno entrare dal loro Paese solo all’interno di queste quote e che comunque non sarà necessario munirsi, da parte loro, di un visto d’ingresso, ma sarà sufficiente che arrivino in Italia nel momento in cui è già stata rilasciata al loro datore di lavoro l’autorizzazione all’assunzione. Muniti di autorizzazione possono presentarsi presso la competente questura per avere la carta di soggiorno.

E’ bene ricordare che le modalità attraverso cui l’Unione europea si è allargata a questi nuovi Paesi, sono differenti rispetto alla politica di allargamento che si è attuata nella storia dell’ l’UE; ciò perché nei casi di allargamento verificatisi nei decenni precedenti, si è arrivati ad un riconoscimento graduale dei diritti e delle prerogative tipiche del cittadino comunitario. Nel caso invece dei cittadini dei nuovi Paesi membri, si è stabilito un principio base, ovvero che gli stessi sono a tutti gli effetti cittadini comunitari a partire dal 1 maggio 2004, salvo quanto stabilito da provvedimenti limitativi.
Quindi la regola generale è l’uguaglianza totale e incondizionata rispetto ai cittadini comunitari, salvo l’eccezione alla regola che però deve essere espressamente contenuta in provvedimenti adottati dai Paesi ospitanti e che, si ripete, può riguardare limitazioni soltanto per la circolazione delle persone per motivi di lavoro subordinato.

Lavoro autonomo o studio
Giova precisare che il cittadino neocomunitario che volesse entrare in Italia per motivi di lavoro autonomo, come pure per motivi di studio, non incontrerebbe alcuna limitazione, ovvero non ha bisogno di chiedere alcun visto d’ingresso, alcuna autorizzazione e non deve sottostare ad alcuna quota o altra verifica, ma può rivolgersi direttamente alla questura chiedendo la carta di soggiorno.

Esempio pratico – Un cittadino neocomunitario che volesse svolgere in Italia l’attività di imbianchino, potrebbe partire dal suo Paese munito di passaporto in corso di validità, giungere in Italia e presentarsi presso la competente questura richiedendo la carta di soggiorno, dichiarando che svolge un’attività di lavoro autonomo (o meglio che svolgerà, previo perfezionamento dei relativi adempimenti amministrativi: iscrizione al registro ditte, partita IVA, ecc.) . Stesse modalità per quel che riguarda l’attività di studio.
In particolare, si sottolinea che la libertà di circolazione per motivi di studio per i comunitari non è condizionata dalla necessità di sostenere un certo numero minimo di esami nel corso dell’anno, come invece è stabilito per gli extracomunitari. Di conseguenza, l’interessata che ci sottopone il problema del rinnovo del permesso di soggiorno per studio – pur non avendo sostenuto un numero di esami sufficienti – troverà pacificamente la soluzione del suo problema. Forse questo spiega perché, presso la competente questura, si è atteso nel darle una risposta negativa; forse si atteso a definire il procedimento e si è voluto di fatto transitarla in un regime giuridico che dal 1 maggio non avrebbe più previsto condizioni particolari (come il sostenere un certo numero di esami) per soggiornare in Italia per motivi di studio.

L’interessata oggi ha diritto a tutti gli effetti di essere trattata come una cittadina comunitaria con tutte le conseguenze che ciò comporta; in particolare non è sottoposto a condizioni il rilascio della carta di soggiorno (non più del permesso di soggiorno), e la sua posizione di studentessa potrà comunque risultare indipendentemente dal fatto che svolga tanti o pochi esami. Anche per quanto riguarda l’intenzione di svolgere attività lavorativa, oggi non incontrerà più alcun limite.
D’altra parte, come prima accennato, non esiste una definizione di cittadino comunitario e cittadino neocomunitario in condizione di soggiorno irregolare perché sussiste la regola generale della libertà di circolazione delle persone.

Addirittura, nell’ipotesi in cui un cittadino neocomunitaro venisse in Italia e svolgesse un’attività di lavoro subordinato senza preoccuparsi di richiedere o far richiedere dal suo datore di lavoro l’autorizzazione in base alle quote di cui abbiamo parlato (se quindi fosse in una situazione irregolare anche accertata), ciò non sarebbe ancora sufficiente per consentire la sua espulsione dal territorio. L’espulsione di un cittadino comunitario (ed il principio è uguale per il neocomunitario) può essere disposta soltanto se egli rappresenta un concreto e specifico pericolo per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato, senza che sia consentito alcun automatismo. Solo a fronte di una specifica valutazione del suo comportamento e a fronte di una verifica in concreto di una pericolosità della persona interessata, potrebbe essere legittimamente disposta ed eseguita un’espulsione (si vedano: art. 39, comma 3 del Trattato Istitutivo della Comunità europea; direttiva 64/221 del 25 febbraio 1964, “per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (GUCE L 56 del 4.4. 1964).