Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Tratto dal sito noborder.org

Mappatura dei centri di detenzione per cittadini migranti in Europa

**Traduzione per Meltingpot a cura di Gloria Bertasi

Migreurop, una rete di attivisti francesi, italiani e belgi, ha recentemente pubblicato la seconda inchiesta di monitoraggio sui centri di detenzione per cittadini migranti in Europa.

Per quanto i centri di detenzione presentino numerose diversità a seconda degli stati europei, essi tuttavia mostrano di avere un certo numero di caratteristiche comuni.
La prima sta nei ‘detenuti’: sono tutti cittadini provenienti da paesi extra-europei e non hanno commesso alcun crimine tranne aver oltrepassato frontiere privi di documenti di soggiorno.
La seconda caratteristica è che i migranti così detti ‘clandestini’ sono considerati come gruppo etnico invece di essere trattati come individui con una propria storia personale.

La terza è che è praticamente impossibile che i diritti fondamentali vengano rispettati in questi luoghi. Non c’è, ad esempio, libertà di movimento, né diritto di asilo, vita privata e familiare, né vengono tutelati i diritti dei minori mentre all’interno dei cpt il trattamento è spesso sistematicamente disumano e degradante.

Il senso dell’internamento degli stranieri in Europa non è principalmente quello di punirli bensì quello di mostrare alla popolazione autoctona che i migranti, che devono essere controllati, lo sono in maniera efficiente. E’ una sorta di tacito accordo tra stato e società, che permette allo stato di garantire pubblica sicurezza. Questa la legittimazione dei centri di detenzione. La detenzione fa parte di una serie di misure che vengono definite “politiche di gestione dei flussi migratori e delle richieste di asilo”, la cui volontà sta nello spostare il controllo degli ingressi verso l’Unione Europea nei paesi situati ai confini dell’Unione.

I controlli alle frontiera e la lotta contro l’immigrazione clandestina sono oggi giorno centrali nelle politiche europee sull’immigrazione.
Prima dell’11 settembre 2001, la questione dell’immigrazione veniva trattata alla stregua della criminalità e del traffico di droga. Oggi è chiaramente associata al terrorismo. Sempre di più gli immigrati diventano il nemico, e il vocabolario di guerra viene spesso usato per descrivere la situazione e per combatterla: equipaggiamento militare per il controllo del mare, alta tecnologia, muri e barriere, centri di detenzioni ed espulsioni collettive. In questo clima, che è costantemente alimentato, la detenzione di stranieri diventa una risposta logica che viene anche applicata ai richiedenti asilo.

Con queste politiche l’Unione Europea sceglie di proteggersi dai richiedenti asilo invece di dare loro protezione. Quindi, i nuovi standard europei, che si basano sul concetto che per lo più i richiedenti asilo sarebbero ‘finti’, rendono l’accesso alle procedure di asilo sempre più difficili e contribuiscono a diminuire il livello di protezione. La detenzione dei richiedenti asilo sembra essere una risposta adeguata di fronte alla “minaccia” di un numero sempre più crescente di arrivi. Le proposte europee di risolvere questa “minaccia” fanno sempre di più riferimento alla possibilità di detenere i richiedenti asilo fuori dal territorio europeo. Questa “esternalizzazione” si applica sia ai richiedenti asilo che ai confini geografici. Lo scopo è quello di renderli sempre di più impenetrabili. L’ “esternalizzazione” del problema comporta la relazione dei paesi dell’Unione con paesi extra-europei, obbligandoli a cooperare nella lotta all’immigrazione clandestina. Il Marocco è un ottimo esempio di questo sistema: l’Unione Europea finanzia il controllo dei confini di questo paese per combattere l’immigrazione clandestina verso l’Europa. Questo trasforma lo stato terzo in una sorta di “cane da guardia dei confini europei”.

Qualsiasi siano le funzioni dei centri di detenzione – contenere i flussi migratori, organizzare le deportazioni dei clandestini, detenere i richiedenti asilo – questi sono parte del meccanismo di esclusione di quanti l’EU designa come un “rischio” o come un “nemico”.
Sono la materializzazione di un approccio securitario all’immigrazione, di un deterioramento del diritto fondamentale alla libera circolazione dei cittadini.

Per visualizzare l’inchiesta si veda:

la mappa dei campi di detenzione in Europa

l’articolo completo in versione originale inglese