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da Il Corriere della Sera del 15 luglio 2004

Pisanu: asilo, domande irricevibili. Scontri al centro di Mario Porqueddu

Agrigento – Accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in cella ripensano a lunedì pomeriggio, quando li hanno arrestati. «Ci siamo sentiti traditi, ingannati dalle autorità italiane. In porto, quando polizia e carabinieri sono saliti sulla nave ci hanno detto che la nostra sarebbe stata una chiacchierata informale. Ma era solo per convincerci a mettere piede a terra. Poi ci hanno arrestato».

Si sfogano Elias Bierdel, armatore della Cap Anamur, e il comandante Stefan Schmidt, da due giorni nel carcere Petrusa di Agrigento assieme al primo ufficiale di bordo, il russo Vladimir Dhchkevitch. In prigione i tre sono stati separati. Ognuno di loro divide la cella con altri due detenuti. Radio carcere dice che i compagni di Bierdel sono dentro per furto e omicidio. E che lui è prostrato: si lamenta delle condizioni igieniche, del fatto che non può bere latte e mangiare carne. Oggi lui e i suoi compagni riceveranno accappatoi e biancheria: regalo dei Verdi. Ieri hanno parlato per oltre due ore con Gerd Johannes, dell’ambasciata tedesca di Roma.
«Sono qui per fornire assistenza consolare. La mia non è una missione diplomatica – ha detto all’uscita dal carcere -. Bierdel e Schmidt mi hanno raccontato la loro versione dei fatti: la navigazione in Mediterraneo, l’incontro con il gommone dei 37 immigrati, i soccorsi, l’ingresso nelle acque italiane. La nazionalità dei naufraghi? Pensavano fossero sudanesi ma per loro non contava: la sola cosa alla quale hanno pensato era aiutarli».

Johannes tornerà a fargli visita oggi. Alla vigilia dell’udienza di convalida degli arresti davanti al gip Walter Carlini e nel giorno in cui potrebbe decidersi il futuro dei 37 immigrati africani salvati in mare e sbarcati in Europa dalla Cap Anamur.
I membri della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato sono in Sicilia e stanno esaminando le richieste dei naufraghi raccolti dalla nave tedesca. Ma sull’approvazione delle richieste d’asilo pesano le parole del ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu: «Malgrado le domande siano sostanzialmente irricevibili, preferisco che vengano esaminate dalla commissione. Dimostrerà lo scrupolo del nostro Paese nel trattare questa storia ambigua». Le richieste presentate dai 37 africani sono incomplete. Sui formulari che hanno restituito alla questura di Agrigento c’è scritto solo nome, Paese d’origine, uno scarabocchio al posto della firma. L’alto commissariato Onu per i rifugiati le ha ricevute così dall’assistente legale della Misericordia, che gestisce il Cpt di Agrigento, e le ha inoltrate perché ha ritenuto che fosse chiara la volontà di ricevere protezione internazionale. «Nel Cpt gli immigrati potrebbero non avere ricevuto l’assistenza legale necessaria a compilare correttamente le richieste» dicono all’Unhcr. L’ufficio dell’Onu aveva chiesto di entrare nel Cpt, ma non è stato autorizzato per motivi di sicurezza. Stessa sorte di alcuni avvocati.

Ieri i profughi sono stati trasferiti nel centro di accoglienza di Pian del Lago di Caltanissetta. Ad Agrigento decine di attivisti di Rifondazione e del Centro sociale Zetalab di Palermo, al grido di «Freedom, uria, libertà», si sono seduti per terra cercando di impedire l’uscita del pullman sul quale erano stati caricati i profughi. Spintoni, parapiglia e qualche botta con le forze dell’ordine, poi gli immigrati sono partiti. «Li ho visti dai finestrini, li ho salutati» dice Brigitte, l’infermiera della Cap Anamur.