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Visto turistico – Può essere rifiutato senza spiegazioni?

Si tratta di una questione che abbiamo già trattato più volte. Il visto d’ingresso per turismo – anche in base ad una recente modifica introdotta dalla legge Bossi Fini – può essere rifiutato senza che venga emesso un provvedimento motivato (art. 4, T.U. sull’Immigrazione). Il consolato italiano può infatti rifiutare il visto d’ingresso senza fornire nessuna spiegazione, sulla base della presunzione che la persona interessata possa trattenersi illegalmente in Italia allo scadere del termine.
Come per tutti i provvedimenti amministrativi, anche nella situazione di cui al quesito è possibile proporre ricorso al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale), in particolare, trattandosi di un provvedimento adottato da un consolato italiano all’estero, al TAR del Lazio.
Ma è giusto avvertire che in questo caso sarebbe ben difficile ottenere un provvedimento urgente di sospensione da parte del TAR e che, se anche questo potesse accadere, il provvedimento avrebbe difficilmente degli effetti pratici nel senso che (per dirla in parole povere) non potrebbe costringere il consolato italiano a rilasciare il visto d’ingresso che precedentemente aveva rifiutato all’interessata.
D’altra parte si deve considerare che un ricorso al TAR costa parecchi soldi, dura tanto tempo e che, molto probabilmente, nel momento in cui potrà essere adottata la decisione, il problema – in un modo o nell’altro – sarà già stato superato. Da ciò discende che non ce la sentiamo di consigliare all’interessata di fare ricorso.
Naturalmente non possiamo confortare l’interessato che comprensibilmente è preoccupato di questa lontananza – perdurante e non rimediabile – specialmente a fronte della imminente nascita del bambino.
L’unica cosa che possiamo dire è che nel momento in cui nascerà, il bambino sarà per legge, non solo cittadino filippino (in quanto la madre è filippina), ma – anche se nato all’estero e per il solo fatto che il padre sia italiano (e provveda al suo riconoscimento) – acquisterà automaticamente la cittadinanza italiana. Ciò in base all’art. 1 della legge 91/92 in materia di cittadinanza.
Il bambino che nascerà avrà quindi il diritto di venire in Italia, e anche la madre avrà uguale diritto (in quanto madre di cittadino italiano).
Addirittura si potrebbe discutere sulla necessità o meno di un visto d’ingresso da parte della madre che volesse accompagnarlo. Il visto non sarebbe necessario perché, anche in base ad una recente interpretazione della Corte di Giustizia delle Comunità europee, nel momento in cui vi è la chiara e documentata esistenza di un rapporto di padre-figlio o madre-figlio con un cittadino dell’Unione Europea vi è il pieno diritto di esercitare la libertà di circolazione all’interno dello spazio europeo, ma anche dall’esterno verso l’interno in qualsiasi Paese dell’U.E. quindi anche verso l’Italia.

Di conseguenza, se da un lato non possiamo consolare l’interessato perché dobbiamo dire con tutta franchezza che non c’è molto da fare rispetto al discrezionale rifiuto del visto d’ingresso per turismo, in questo caso specifico possiamo rassicurarlo sul pieno diritto esistente in capo alla madre e al bambino una volta che sia nato.
Per fare questo è necessario che il padre provveda al riconoscimento del figlio, atto che può avvenire anche a distanza presso la cancelleria del consolato delle Filippine in Italia. Una volta che il riconoscimento viene trasmesso direttamente nelle Filippine, l’atto di nascita indicante la maternità e la paternità potrà essere trascritto presso il consolato italiano nelle Filippine perché abbia effetto diretto anche in Italia. A quel punto ci troviamo di fronte ad un cittadino italiano che ha tutto il diritto di entrare in Italia assieme alla mamma extracomunitaria.